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I robot sono di destra, i batteri di sinistra.

All'inizio degli anni Ottanta, insieme agli altri scrittori "cyberpunk", Bruce Sterling ha seminato idee nuove nella mente di una generazione con un movimento no-logo, no-global e "altromondista" che ha sovvertito le convenzioni della fantascienza. Mancavano dieci anni al Web, ma aveva già visto il potenziale di una comunicazione istantanea e gli interstizi nei quali nascondersi per sfruttarlo. È stato un rivoluzionario, insomma, e ci si aspetta che resti giovane come allora, sarebbe insopportabile che mettesse su pancia.
Era al primo incontro internazionale sulla Robo-etica, in mezzo agli esperti di robotica e di intelligenza artificiale Venuti (dall'America, dal Giappone e dal resto dell'Europa a Sanremo, il 30 e il 31 gennaio, invitati da Gianmarco Veruggio del Robotlab di Genova e da Fiorella aperto, della Scuola di robotica a riflettere sulle applicazioni sociali delle proprie ricerche. La pancia non ce l'ha. Se non scrive più racconti come La matrice spezzata (Nord), Isole nella rete (Fanucci) o Cronache dal basso futuro (Urania), continua a militare contro molte cose, a cominciare dall'attuale governo americano. Lo fa da futurologo, con articoli e saggi come Tomorrow now, che esce ora da Mondadori. A Sanremo conclude il suo intervento dicendo: «Avremo i robot che ci meritiamo». Dal tono, è chiaro che non li prevede né premurosi né assistenziali Come vent'anni fa, diffida delle tecnologie e soprattutto da quelli che ce le vendono.
In Tomorrow now, un libro su quello che ci riserva il resto del secolo, non ci sono né robot umanoidi, né macchine intelligenti. Si salvano soltanto gli "agenti" per la manutenzione della rete che si aggirano per Internet come vigili urbani, cercando di sciogliere gli ingorghi. Spiega Sterling: «Tutti useremo la rete, e ci metteremo il meglio e il peggio di noi. Ma non credo nei robot, sono una tecnologia degli anni Sessanta che non ha mantenuto le promesse, proprio come l'intelligenza artificiale, il programma spaziale, la bolla dell'economia telematica. Ignoriamo quasi tutto della nostra intelligenza, della nostra mente e del nostro cervello, ma da arroganti usiamo le parole senza sapere che cosa rappresentino sul piano tecnico Ci sembra difficile giocare a scacchi, costruiamo una macchina che gioca a scacchi e ne deduciamo che ci vuol niente a costruirne una che cammina. Ci sembra che camminare sia facile come se non ci avessimo messo due anni a impararlo, quando bastano due settimane per imparare le regole degli scacchi. Ha notato che in questa conferenza la parola chiave è "autonomia"? Nessuno dice di costruire "robot", ma solo "sistemi autonomi". Possono essere qualunque cosa, aspirapolvere, lavatrici, registratori. C'è mercato per quei sistemi, non per macchine umanoidi che sono pupazzi da varietà televisivi, esche buttate in pasto al pubblico dalle pubbliche relazioni dell’azienda, create per motivi culturali, e non commerciali o pratici. I sistemi autonomi mi interessano enormemente, ma non credo che saranno mai autonomi davvero. Meglio così: la loro autonomia solleva obiezioni morali, potenti e giuste.
Saranno agli ordini di chi? Se dovranno accudire un paziente, chi difenderà la sua, di autonomia? ».

D'altronde, perché costruirne, quando si possono telecomandare animali intelligenti come fossero robot? John Chapin e i suoi colleghi l'hanno fatto l'anno scorso con un ratto...
Altra ricerca senza futuro. È moralmente inaccettabile, e non lo dico da difensore dei diritti degli animali, non è il mio genere. È offensiva perché non produce conoscenza, vuoi solo fare colpo sull'opinione pubblica. Chapin ha trovato un nome accattivante, "il roborat", esattamente come l'artista che vuole épater le bourgeois per farsi propaganda.

Ma è l'altra faccia di ricerche come quelle sulle "brain machines" di Miguel Nicolelis, che fa controllare un braccio robotico direttamente dal cervello di piccole scimmie.
Conosco bene quel lavoro, e questo sì che ha un futuro. Trovo giusto sperimentarlo sugli animali. Non è una crudeltà inutile, come far crescere un orecchio sulla schiena di un topo. Nicolelis ci rimanda all'immagine di Steven Hawking, uno scienziato geniale -il gioiello della nostra civiltà- paralizzato ma ancora attivo grazie alle macchine. Quelle che assistono Hawking sono l'argomento da opporre ai luddisti di oggi. E da avanzare per ottenere finanziamenti regolari, senza essere considerati una sorta di demonio. Chapin se l'è cavata perché i ratti hanno una brutta fama, ma se ci avesse provato con un cane o un gatto, gli animalisti l'avrebbero perseguitato, proprio come la destra religiosa fa coi medici che praticano aborti. Gli usi della tecnologia sono decisi da moti politici perché non esistono istituzioni in cui deciderne democraticamente, mentre esistono gruppi di pressione molto efficaci nello scatenare l'odio e la rissa. D'altronde in un Paese aggressivo e violento come gli Usa, perché sorprendersi?

Lei esclude dal futuro i robot umanoidi e gli animali robotici, perché ci farebbero orrore. Invece punta sull'addomesticamento dei batteri. Non pensa che sembreranno ripugnanti?
Ma è una ripugnanza recente, risale a 150 anni fa. Finché Pasteur non ci ha detto che il nostro cibo era pieno di microrganismi, non sapevamo nemmeno che esistessero. È vero che il loro è un mondo misterioso nel quale non riusciamo a entrare con i nostri sensi. Ma una volta che ci sarà svelato, ci diventerà familiare. Mettiamo che lo spazzolino da denti ci dica "hai in bocca migliaia di batteri di tipo diverso, un dieci per cento di questo. un otto per cento di quello... i buoni sono quelli, ti conviene averne di più, i cattivi sono quegli altri, meglio eliminarli". Se ce lo dice tutti i giorni, alla fine ci affezioneremo ai batteri buoni. Conviene. Si parla tanto di nanotecnologie, siamo orgogliosi di saper fare oggetti invisibili, ma possiamo farne a meno. I nostri batteri sono altrettanto minuscoli e i rapporti sono tra noi più o meno cordiali, ma sta di fatto che ce li dobbiamo tenere. Senza di loro, staremmo malissimo. Non è una questione di valori morali, di libero arbitrio, non c'è da discutere come sulla decisione di impiantare o meno gli elettrodi nel cervello del ratto Non possiamo respirare o espirare senza assorbire batteri o riversarne in giro, baciare la fidanzata o il fidanzato ser1za scambiarsene a milioni. All'inizio un po' di ripugnanza ci sarà. L'aveva provata anche Pasteur, dicono che dopo la sua scoperta guardasse con sospetto quello che mangiava. Forse gli anziani reagiranno come lui. Ma se una bambina dal primo spazzolino della sua vita sente il nome dei suoi batteri e il consiglio "oggi bevi quel certo yogurt o ti vengono le carie e addio bei dentini". fa presto ad abituarsi. Io trovo ancora che un computer sia un oggetto impressionante, una meraviglia della "tecnologia", per mia figlia è un elettrodomestico.

Però i computer non sono geneticamente modificabili, gli organismi sì. Gli europei sono ostili agli ogm e, stando al suo libro, anche certi americani. Altra tecnologia condannata?
Come no! È un tipico caso di prodotto "ingegnerocentrico", pensato con la mentalità degli ingegneri e senza tenere in alcun conto le reazioni della gente. M'immagino la scena. Un po' di uomini, nessuna donna, ovvio, nella sala riunione della Monsanto.
- Che tecnologia stupenda, ragazzi, che ne facciamo?
- Fammi pensare... i nostri principali prodotti sono sementi e pesticidi... Potremmo combinarli.
- Geniale! Così li vendiamo sullo stesso scaffale.
E invece è un'idea demenziale. Si vuol convincere i consumatori a provare un nuovo tipo di alimento, e si comincia col metterci del veleno. Si incorpora il Bacillus thurigiensis nel mais. Eh no, non nel mio popcorn! Si prende il brevetto e agli agricoltori si fa pagare il prodotto combinato più caro dei due prodotti singoli. Se avessero avuto un grammo di buon senso, avrebbero giocato tutto Sul riso dorato e il suo maggior contenuto in vitamina A. Con tanti begli spot pubblicitari. Bambina cinese, prima e dopo la cura. Prima cieca, rachitica. Dopo, una bambolina. Voce fuori campo: "Da quando mangia riso dorato, la sua vita è cambiata". Lei punta il ditino sulla confezione e dice "questa scatola mi ha fatto uscire dal buio della povertà, oggi vado a scuola e da grande farò la top model". A quel punto sarebbe stata dura per Greenpeace e gli altri verdi parlare di "frankenfood". Ma le multinazionali hanno voluto farci ingoiare la loro tecnologia a forza, usando come leve il Wto e certi capi di governo. Hanno lanciato il fiammifero acceso nella prateria secca! Visto che sono così stupide, meritano di fallire.

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I NOSTRI PROSSIMI 50 ANNI
Avverte il lettore a chiare lettere, Bruce Sterling, all'inizio di Tomorrow Now (Mondadori, in libreria dal 24 febbraio, 14 euro): Questo non è un libro di fantascienza ma di serissima futurologia. Il che non vuol dire che della science fiction non conservi il gusto del paradosso, perché la coerenza con le convinzioni espresse nei romanzi dal suo autore è assoluta. I fan dello Sterling narratore vi ritroveranno anzi le premesse "realistiche" di molte sue pagine fantastiche, dalla evoluzione delle tecniche della guerra (nel capitolo "Soldati", che vede nel mercenario il protagonista del futuro bellico del pianeta) a quella dell’attivismo radicale, verso "un sofisticato, elegante network globa1e in grado di far soldi - la versione Disney World di Al Qaeda".

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DALLA MATRICE ALL'ANGOLO ZENITH
Bruce Sterling, considerato insieme a William Gibson il fondatore del genere cyberpunk, è nato nel 1954 a Bronxville, Texas. Dopo la laurea in giornalismo a Austin, ha esordito come scrittore di racconti nel 1976 e come romanziere l'anno dopo con Involution Ocean, una riscrittura in chiave fantascientifica del Gordon Pym di. Edgar Allan Poe. Nel 1985 pubblica il primo romanzo importante, Schizomatrix (in italiano La matrice spezzata, Nord), seguito tra gli altri da La macchina della realtà (con Wllliam Gibson, Mondadori 1995), Fuoco sacro (Fanucci, 1997), Caos Usa, Lo spirito dei tempi, Isola nella rete (tutti editi da Fanucci). Accanto all'attività di narratore, è diventato uno dei più brillanti storici della tecnologia informatica (da Short history of the Internet, del 1993 all'ampio progetto di ricerca "The Dead media project", ampiamente consultabile su1 web nel sito www.deadmedia.org/, sulle tecnologie di comunicazione obsolete, affascinanti rami secchi nell'evoluzione della civiltà della comunicazione) e autore di articoli di futurologia per Newsweek, Fortune, Harper's, Details, Wired. Ecologista impegnato, nel 2000 ha lanciato una sua radicale e controversa proposta d'azione con The Viridian Manifesto: una nuova avanguardia artistica che sappia trasformare l'impegno ecologista in uno status symbol dal fascino irresistibile. Alla fine di aprile è annunciata negli Stati Uniti l'uscita del suo prossimo romanzo, The Zenith angle.

Testo scritto da Sylvie Coyaud per la rivista Donna


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