Abstract 
    La filosofia corrente in merito ai rischi dimpatto considera
    trascurabile il pericolo posto dai piccoli asteroidi. Tuttavia alcuni fatti indicano che
    tale filosofia debba essere rivista. In questo documento si esamineranno alcuni di questi
    fatti. E bene notare che, mentre sembra che la frequenza dimpatto di oggetti
    tipo-Tunguska sia più elevata di quanto stimato finora, la frammentazione atmosferica sia
    più efficiente di quanto comunemente si ritiene. Ed effettivamente i dati provenienti
    dalle registrazioni di airbusts indicano che i piccoli asteroidi si frammentano a
    pressioni dinamiche inferiori alla loro resistenza meccanica. Questo significa che i
    modelli teorici non sono in linea con le osservazioni e pertanto è necessaria la
    formulazione di nuovi modelli e la raccolta di altri dati per giungere alla comprensione
    del fenomeno. 
      
    1. Introduzione 
    Linteresse in merito allimpatto di oggetti interplanetari
    con i pianeti, in particolar modo con la Terra, è cresciuto in modo significativo negli
    ultimi anni a seguito di molti eventi quale, ad esempio, la caduta nellatmosfera di
    Giove della cometa D/Shoemaker-Levy 9. 
    Particolare attenzione è stata riservata allindividuazione di oggetti con
    dimensioni chilometriche, in grado di mettere la Terra in grave pericolo. In anni recenti
    ciò è stato evidenziato da molti autori con differenti punti di vista (ad es. Aduskhin e
    Nemtchinov 1994, Chapman e Morrison 1994, Toon e altri 1997). La ragione è molto
    semplice, come ha scritto Clark Chapman (1996): limpatto di un oggetto di questo
    tipo ha una probabilità non nulla di originare nel corso della nostra vita una catastrofe
    ecologica globale. 
    Gli oggetti più grandi (decine di chilometri) possono causare un evento in grado di
    provocare una estinzione. Il conseguente "inverno asteroidale", derivante dalla
    pesante immissione di polvere nellatmosfera, è molto simile, escludendo le
    conseguenze radioattive, allinverno nucleare. Potrebbe causare il sorgere di
    condizioni ambientali le cui caratteristiche principali sono riconducibili a lunghissimi
    periodi di oscurità e di riduzione della temperatura, qualcosa di simile allinverno
    polare su scala mondiale (Cockell e Stokes 1999). 
    Anche se comprendo e rispetto tali opinioni, io penso che non possiamo trascurare
    completamente i piccoli corpi. Ci sono due motivi principali: primo, la frammentazione di
    un asteroide nellatmosfera terrestre non è ben conosciuta. Osservazioni di piccoli
    asteroidi (fino a decine di metri) mostra che la frammentazione si verifica quando la
    pressione dinamica è inferiore alla resistenza meccanica, e non vi è alcun motivo per
    pensare che i corpi più grandi si debbano comportare in modo differente. Pertanto, gli
    airburst possono darci dati per testare le teorie per la frammentazione, che sono valide
    anche per i corpi più grandi. 
    Il secondo motivo è che, sebbene il danno causato da oggetti tipo-Tunguska possa essere
    definito "locale", non è comunque trascurabile. A tal proposito ci sono
    numerosi studiosi, ad esempio J. Lewis, M. Paine, S.P. Worden e B.J. Peiser (si vedano i
    dibattiti in Cambridge Conference Net), che ritengono che i piccoli asteroidi possano
    anche essere più pericolosi dei corpi più grandi. 
    Inoltre, David Jewitt (2000), dopo il lavoro di Rabinowitz e altri (2000) nel quale gli
    autori hanno ridotto drasticamente il numero dei NEO più grandi di 1 km, suggerisce che
    è giunto il momento di intraprendere una più ambiziosa ricerca di NEO, comprendendo i
    piccoli oggetti. 
    Il presente lavoro non intende presentare nessuna nuova teoria o osservazione, ma
    analizzare alcuni punti non presenti in precedenti studi e analisi. La finalità di questo
    lavoro è rafforzare gli studi dei piccoli oggetti, dal momento che le nostre conoscenze a
    tal proposito sono molto limitate. 
    Il lavoro è diviso in due parti: nella Sezione 2 aggiungo
    alcune note al dibattito sul pericolo proveniente dai piccoli asteroidi. Nelle Sezioni 3 e
    4 presento levidenza che la frammentazione di piccoli asteroidi nellatmosfera
    della Terra è ancora un problema aperto. 
      
    2. Eventi tipo-Tunguska 
    Piccoli oggetti, dellordine delle decine o centinaia di metri,
    sono in grado di causare danni locali anche gravi. Il più conosciuto tra gli eventi di
    questo tipo è quello di Tunguska del 30 giugno 1908, che ha prodotto la devastazione di
    unarea di 2150± 25 km2 e la distruzione di
    più di 60 milioni di alberi (per una rivista, vedi Vasilyev 1998). Tuttoggi è
    ancora aperto un ampio dibattito sulla natura delloggetto cosmico responsabile del
    disastro. Il Luglio scorso una spedizione scientifica italiana, Tunguska99, si è recata
    in Siberia per raccogliere dati e reperti (Longo e altri 1999). 
    Chapman e Morrison (1994) avevano considerato gli eventi tipo-Tunguska un rischio
    trascurabile. Potrebbero anche aver ragione, considerando le sostanziali incertezze in
    questi studi, ma hanno sottostimato alcuni valori. Benché abbiano proposto i dati con
    ampi margini derrore, la domanda è: dove possiamo collocare il centro di questi
    margini? 
    Analizziamo le ipotesi di Chapman e Morrison: anzitutto essi considerano che larea
    distrutta in Tunguska (vale a dire larea entro la quale londa durto era
    sufficiente ad abbattere gli alberi) fosse di circa 1000 km2. Tale valore è
    comunque maggiore dellarea nella quale la sovrapressione raggiunge il picco di 4 psi
    (27560 Pa), sufficienti a distruggere comuni abitazioni (in accordo con la formula citata
    da Chapman e Morrison larea di 4 psi è circa 740 km2, considerando un
    valore di 20 Mton). 
    Si possono avanzare due principali obiezioni a questa ipotesi: anzitutto il valore misurato
    dellarea con gli alberi caduti è più del doppio (vedi sopra; Vasilyev 1998). In
    aggiunta a questo, è necessario notare che una sovrapressione di 2 psi produce venti di
    30 m/sec, il che basta a provocare seri danni alle strutture in legno. In ulteriore
    aggiunta i detriti scagliati in volo a tale velocità sono un rischio per la vita (Toon e
    altri 1997). 
    Pertanto un valore ragionevole del rischio di morte per gli esseri umani durante un evento
    tipo-Tunguska è 104, invece di 7x103 come indicato da Chapman e
    Morrison. Il suddetto valore è stato calcolato utilizzando la formula in Adushkin e
    Nemtchinov (1994) e assumendo unenergia dellesplosione di 12.5 Mton
    (Ben-Menahem 1975). 
    Chapman e Morrison (1994) fanno correttamente presente che vi sia una ben maggiore
    probabilità che un evento di questo tipo possa verificarsi in una zona disabitata del
    pianeta. Daltra parte, nella sfortunata ipotesi che si verifichi in una città
    densamente popolata, potrebbe causare un grande disastro. Per esempio in Roma, che ha una
    densità di popolazione di circa 2000 persone per chilometro quadrato, il numero di vite
    umane in pericolo potrebbe essere più di 2 milioni. 
    E altresì necessario valutare la frequenza degli eventi tipo-Tunguska. Chapman e
    Morrison considerano un intervallo di tempo di 250 anni, ma molti altri studi ed episodi
    suggeriscono un valore più basso. Farinella e Menichella (1998) hanno studiato attraverso
    modelli numerici il comportamento dinamico di oggetti interplanetari delle dimensioni del
    responsabile di Tunguska ed hanno trovato una frequenza di impatto di un evento ogni 100
    anni. Tuttavia in tale studio gli autori non prendono in considerazione leffetto
    Yarkovsky (vedi Farinella e Vokrouhlick?, 1999, e bibliografia in merito), che può
    leggermente aumentare il numero dei NEO (Near Earth Objects) sospinti verso la Terra. 
    Ci sono anche osservazioni da terra e dallo spazio che avvalorano queste conclusioni,
    anche se lintervallo di frequenza può variare in modo significativo. Per esplosioni
    di 1 Mton la frequenza di impatto può essere di un evento ogni 17 (ReVelle 1997) o 40
    anni (Nemtchinov e altri 1997b), e questo implica che un evento Tunguska (12.5 Mton) possa
    verificarsi una volta ogni 100 o 366 anni. Se consideriamo unenergia di 10 Mton,
    secondo quanto calcolato da Hunt e altri (1960), otteniamo un valore della frequenza
    dimpatto rispettivamente di 88 o 302 anni. In aggiunta a questo, Steel (1995)
    segnala altri due eventi tipo-Tunguska in Sud America nel 1930 e 1935: ciò rafforza il
    valore della frequenza di impatto di un evento ogni 100 anni (o meno). 
    Se noi, ora, consideriamo come tipico per un impatto tipo-Tunguska un intervallo temporale
    di 100 anni e 104 decessi per ogni evento, otteniamo 100 morti per anno
    sullintera popolazione mondiale; questo valore non è più trascurabile nella scala
    di Chapman e Morrison (1994). 
    Daltra parte dobbiamo sottolineare la grande incertezza di
    tali valori, principalmente dovuta allimpiego di relazioni empiriche con dati
    insufficienti. Siamo consapevoli che la minaccia costituta da oggetti di dimensioni
    chilometriche e multichilometriche sia più rischiosa e perciò si debbano studiare tali
    oggetti ed i metodi per evitare una catastrofe globale. Tuttavia, i pochi punti segnalati
    in questo lavoro suggeriscono che noi dobbiamo studiare anche gli eventi
    tipo-Tunguska. In aggiunta a questo vale la pena di notare che gli studi in merito al
    rischio dimpatto sono spesso basati sui modelli di frammentazione dei corpi celesti
    nellatmosfera terrestre. Questi modelli assumono che la frammentazione inizi quando
    la pressione dinamica nel punto di stagnazione sia equivalente alla resistenza meccanica
    del corpo. Tuttavia, come vedremo, questo non avviene. 
      
    3. Il fallimento delle teorie correnti 
    I calcoli relativi al rischio dimpatto sono strettamente
    collegati ai modelli numerici della frammentazione di asteroidi/comete nellatmosfera
    terrestre attualmente disponibili. Tali modelli ipotizzano che la frammentazione cominci
    quando la pressione dinamica davanti al corpo cosmico sia uguale alla resistenza meccanica
    del materiale. Tuttavia, le osservazioni di bolidi molto brillanti prova che grossi
    meteoroidi o piccoli asteroidi si frammentano a pressioni dinamiche inferiori alla loro
    resistenza meccanica. A tuttoggi non cè ancora alcuna spiegazione per questo
    enigma. 
    Questo fatto è di capitale importanza, dato che ci consente di sapere se un asteroide
    possa o meno raggiungere la superficie della Terra. In aggiunta a questo, la frantumazione
    atmosferica influenza anche il processo di craterizzazione (Passey e Melosh 1980) o
    larea devastata dallesplosione e relativa onda durto. E dunque
    necessario stabilire un criterio attendibile per valutare il rischio dimpatto. Tutti
    gli studi mostrati finora sono basati su modelli nei quali la frammentazione comincia
    quando la pressione dinamica è uguale alla resistenza meccanica dellasteroide. Ma,
    come vedremo, le osservazioni indicano che questo non è vero. 
    Linterazione di un oggetto cosmico con latmosfera terrestre può essere divisa
    in due parti, secondo le dimensioni dell'oggetto. Per corpi di dimensioni da millimetriche
    fino al metro (meteoroidi) il modello teorico più utilizzato è quello della
    frammentazione grossolana sviluppato da Ceplecha e altri (1993) e Ceplecha (1999). In
    questo modello si considerano due fenomeni base: la frammentazione continua, che è
    il processo principale nell'ablazione del meteoroide e la frammentazione improvvisa
    o frammentazione discreta in un dato punto. 
    Per piccoli asteroidi viene utilizzato un altro modello, in cui l'ablazione è compresa
    sotto forma di frammentazione esplosiva, mentre la si considera trascurabile in alta
    quota. Sono stati sviluppati diversi modelli: Baldwin e Shaeffer (1971), Grigoryan (1979)
    Chyba e altri (1993), Hills e Goda (1993), Lyne e altri (1996). Uno studio comparativo dei
    modelli presentati da Grigoryan, Hills e Goda, e Chyba-Thomas-Zahnle è stato compiuto da
    Bronshten (1995). In tale studio si rileva che il modello proposto da Chyba e altri non
    tiene conto della frammentazione: per tale motivo le altezze di distruzione sono
    sovrastimate (circa 10-12 km). Bronshten conclude inoltre che i modelli di Grigoryan e
    Hills-Goda sono equivalenti. 
    Vi è inoltre una classe di modelli numerici, chiamati "hydrocodes" (ad esempio
    CTH, SPH), che sono stati impiegati in modo particolare per il recente impatto della
    Shoemaker-Levy 9 su Giove. Più specificatamente, Crawford (1997) utilizza CTH per
    simulare l'impatto, mentre M. Warren, J. Salomon, M. Davies e P. Goda usano SPH.
    Quest'ultimo è stato pubblicato in Internet, ma attualmente non è più disponibile. 
    Malgrado le particolari caratteristiche di ciascun modello, sempre si considera l'inizio
    della frammentazione allorchè la pressione dinamica po anteriormente al
    meteoroide (punto di stagnazione) supera la resistenza meccanica S del corpo. 
    Benchè non sia disponibile alcuna osservazione di impatto asteroidale, è possibile fare
    una comparazione tra questi modelli e le osservazioni di corpi con dimensioni di alcuni
    metri o decine di metri. Certamente, in questo intervallo, il modello di totale
    frammentazione si sovrappone al modello di frammentazione esplosiva. Come più volte
    sottolineato da Ceplecha (1994, 1995, 1996b), le osservazioni indicano chiaramente che i
    meteoroidi si frantumano a pressioni dinamiche inferiori (10 volte e più) alla loro
    resistenza meccanica. Tali dati sono stati ottenuti da osservazioni fotografiche e
    dall'applicazione del modello di totale frammentazione, che può essere molto preciso. In
    accordo con Ceplecha e altri (1993) è possibile distinguere cinque categorie di
    resistenza con una corrispondente pressione di frammentazione media (Tabella 1). 
    Tabella 1: Categorie di resistenza dei meteoroidi. (da Ceplecha e
    altri, 1993) 
    
      
        Categoria  | 
        Intervallo di pfr
        [MPa]  | 
        Media pfr
        [MPa]  | 
       
      
        a  | 
        p < 0.14  | 
        0.08  | 
       
      
        b  | 
        0.14 < p < 0.39  | 
        0.25  | 
       
      
        c  | 
        0.39 < p < 0.67  | 
        0.53  | 
       
      
        d  | 
        0.67 < p < 0.97  | 
        0.80  | 
       
      
        e  | 
        0.97 < p < 1.2  | 
        1.10  | 
       
     
    Per una frammentazione continua i risultati ottenuti
    indicano anche che il massimo della pressione dinamica è inferiore a 1.2 MPa, ma sono
    state trovate cinque eccezioni: 4 bolidi che hanno raggiunto 1.5 MPa ed uno che è
    sopravvissuto a più di 5 MPa (Ceplecha ed altri 1993). 
    E' altresì molto importante correlare il coefficiente di ablazione s
    alla pressione di frammentazione pfr, così da poter trovare una
    relazione tra la composizione del meteoroide e la sua resistenza al flusso dell'aria. Per
    quanto ne sappiamo, non esiste una dettagliata analisi statistica in materia, ma in un
    lavoro di Ceplecha e altri (1993) possiamo trovare un grafico realizzato considerando i
    dati di 30 bolidi (ci riferiamo alla fig. 12 di tale lavoro). Possiamo notare che i corpi
    pietrosi (tipo I) presentino un ampio intervallo di valori per pfr. Nel
    caso di oggetti poco resistenti, possiamo vedere che vi sia solamente un bolide cometario
    (tipo IIIA), ma ciò è dovuto a due fattori: prima di tutto, i corpi cometari sono
    sottoposti a frammentazione continua, piuttosto che ad una frammentazione discreta in
    certi punti. Pertanto, non è corretto utilizzare il termine di pressione di
    frammentazione; dovremmo usare il concetto di massima pressione tollerabile. La seconda
    ragione è che nei dati vi è un effetto di selezione. Infatti, da studi statistici,
    Ceplecha e altri (1997) hanno trovato che una grande parte di oggetti con dimensioni
    comprese tra 2 e 15 metri sono corpi cometari poco resistenti. 
    Tuttavia, un recente studio ha mostrato che le statistiche provenienti da proprietà
    fisiche possono condurre a risultati differenti se paragonate con statistiche provenienti
    dalla evoluzione orbitale (Foschini e altri 2000). Per essere più precisi, i parametri
    fisici provano che, come indicato in precedenza, una grande parte dei piccoli oggetti nei
    paraggi della Terra sono corpi cometari poco resistenti, mentre l'analisi dell'evoluzione
    orbitale indica una marcata componente asteroidale. 
    Il motivo della presenza di corpi cosmici con pressione di frammentazione molto bassa può
    essere ricercato ipotizzando che ulteriori fenditure e crepe siano state create da
    collisioni nello spazio, anche senza giungere alla completa distruzione dell'oggetto
    cosmico (Baldwin e Shaeffer 1971). Altre spiegazioni potrebbero essere che l'asteroide non
    sia omogeneo (vedere i commenti del relatore in Ceplecha e altri 1996) o presenti al suo
    interno degli spazi vuoti (Foschini 1998). 
    Queste sono ipotesi, interessanti ipotesi, ma ugualmente nessuna di esse è decisiva. 
      
    4. Casi particolari 
    Oltre ai dati pubblicati nello studio di Ceplecha e altri (1993) e
    Ceplecha (1994) intendiamo considerare alcuni casi specifici di bolidi luminosi. In questa
    sede si darà una breve descrizione rimandando per i dettagli agli studi citati. 
    Il meteorite di Lost City (3 gennaio 1970), una condrite (H), è stato analizzato da molti
    autori (McCrosky e altri 1971, ReVelle 1979, Ceplecha 1996a). Il recente studio di
    Ceplecha (1996a) è particolarmente interessante perché, tenendo conto della rotazione
    del meteoroide, riesce a spiegare senza errori il movimento in atmosfera. Tranne,
    naturalmente, la pressione dinamica, che in quella occasione raggiunse il valore di pfr
    = 1.5 MPa, mentre la resistenza meccanica di un oggetto roccioso è di circa 50 MPa. 
    Nello studio di ReVelle (1979), è invece possibile trovare dati interessanti in merito ad
    altri due episodi: Prìbram (7 aprile 1959) ed Innisfree (6 febbraio 1977). In entrambe le
    circostanze è stato ritrovato un meteorite: rispettivamente una condrite ordinaria ed una
    L-condrite. In tale studio vengono ricavati i valori per pfr che
    risultano, nellordine, di 9.2 MPa e 1.8 MPa. 
    Tabella 2: Episodi particolari 
    
      
        | Nome | 
        Data  | 
        max pfr
        [MPa]  | 
        S [MPa]  | 
       
      
        | Prìbram | 
        7 aprile 1959  | 
        9.2  | 
        50  | 
       
      
        | Lost City | 
        3 gennaio 1970  | 
        1.5  | 
        50  | 
       
      
        | umava | 
        4 dicembre 1974  | 
        0.14  | 
        1  | 
       
      
        | Innisfree | 
        6 febbraio 1977  | 
        1.8  | 
        10  | 
       
      
        | Osservazioni spaziali | 
        15 aprile 1988  | 
        2.0  | 
        50  | 
       
      
        | Osservazioni spaziali | 
        1 ottobre 1990  | 
        1.5  | 
        50  | 
       
      
        | Beneov | 
        7 maggio 1991  | 
        0.5  | 
        10  | 
       
      
        | Peekskill | 
        9 ottobre 1992  | 
        1.0  | 
        30  | 
       
      
        | Isole Marshall | 
        1 febbraio 1994  | 
        15  | 
        200  | 
       
     
    Il bolide di umava (4 dicembre 1974) ha raggiunto
    la magnitudine visuale assoluta di 21.5 ed è stato originato da un oggetto
    cometario. Ha evidenziato molti brillamenti nel corso della frammentazione continua,
    terminando ad una altezza di circa 60 km. Il massimo della pressione dinamica era compreso
    nellintervallo di 0.025-0.14 MPa, decisamente inferiore alla resistenza meccanica di
    un oggetto cometario, vale a dire 1 MPa (Borovicka e Spurný 1996). 
    Il bolide di Beneov (7 maggio 1991) fu veramente atipico e venne analizzato in
    dettaglio da Borovicka e Spurný (1996) e da Borovicka e altri (1998a, b). Da questi studi
    si può evincere che si è trattato molto probabilmente di un oggetto roccioso che subì
    una prima frammentazione ad alta quota (50-60 km) ad una pressione dinamica di circa
    0.1-0.5 MPa. Tuttavia, alcuni frammenti compatti furono distrutti ad una pressione di 9
    MPa (a 24 km di altezza). 
    La caduta del meteorite di Peekskill (9 ottobre 1992) è stato il primo di tali eventi
    registrato da una videocamera (Ceplecha e altri 1996). Il fireball fu più brillante della
    luna piena e vennero ritrovati 12.4 kg di condrite ordinaria (breccia H6). La
    disponibilità di una registrazione video ci consente di calcolare, con relativa
    precisione, levoluzione della velocità del meteoroide e, di conseguenza, la
    pressione dinamica. Si è scoperto che il valore massimo di pfr è stato
    circa 0.7-1.0 MPa, mentre la resistenza del meteorite è stata stimata prossima a 30 MPa. 
    In anni recenti, sensori infrarossi collocati in orbita hanno rilevato molti bolidi in
    tutto il mondo. Nemtchinov e altri (1997) hanno studiato questi eventi impiegando un
    metodo numerico radiativo-idrodinamico. Hanno simulato tre bolidi brillanti (15 aprile
    1988; 1 ottobre 1990; 1 febbraio 1994) ottenendo rispettivamente questi risultati:
    meteoroide roccioso, pfr = 1.6-2.0 MPa; meteoroide roccioso,  pfr
    = 1.5 MPa; meteoroide metallico, pfr = 10-15 MPa. Per quanto riguarda
    questultimo, Tagliaferri e altri (1995) sono giunti ad una conclusione leggermente
    diversa: meteoroide roccioso,  pfr = 9 MPa. 
    La condizione per cui la frammentazione comincia quando la pressione dinamica raggiunge la
    resistenza meccanica del meteoroide fu introdotta da Baldwin e Shaeffer (1971), ma è
    necessario notare che si tratta di una ipotesi. Ora noi abbiamo dati sufficienti, anche se
    incompleti, per indicare che questa ipotesi non abbia fondamento fisico e sia necessario
    trovare nuove condizioni per la frammentazione. 
      
    5. Conclusioni 
    Solo negli ultimi decenni, ed in particolare negli ultimi anni, il
    rischio di un impatto ha catalizzato lattenzione di un numero sempre crescente di
    studiosi. La valutazione delle frequenze dellimpatto e dei danni vengono ottenute
    applicando formule empiriche o semiempiriche. Tuttavia noi abbiamo a che fare con dati
    limitati e talvolta contraddittori. Per esempio, Chapman e Morrison (1994) considerano la
    frequenza di un impatto tipo-Tunguska una volta ogni 250 anni utilizzando dati provenienti
    dalla craterizzazione lunare, ReVelle per oggetti analoghi ottiene una frequenza superiore
    (1 ogni 100 anni) considerando i dati provenienti dagli airburst. 
    Tuttavia, il problema principale è il meccanismo della frammentazione, che non è ancora
    chiaro. Dalle osservazioni risulta che la frammentazione si verifica quando la pressione
    dinamica è inferiore alla resistenza meccanica. Non sappiamo se questo sia dovuto a
    particolari caratteristiche del flusso ipersonico intorno alloggetto o a qualche
    particolare componente del corpo. Tutto ciò che allo stato attuale possiamo dire è che i
    modelli correnti per la frammentazione di piccoli asteroidi nellatmosfera terrestre non
    sono consistenti con le osservazioni. Sono necessari ulteriori dati e nuove teorie per
    comprendere meglio queste problematiche. E gli airburst possono fornirci utilissime
    indicazioni per testare le teorie. 
      
    Ringraziamenti: voglio ringraziare lUnione
    Astronomica Internazionale per avermi concesso i fondi necessari per partecipare al
    Workshop IMPACT di Torino. Alcune idee esposte nel presente studio sono emerse grazie a
    discussioni con Zdenek Ceplecha nel corso di una visita allOsservatorio Astronomico
    Ondrejov: Voglio ringraziare Z. Ceplecha, sua moglie Hana, e gli studiosi di meteore
    dellOsservatorio per la loro squisita ospitalità. 
      
    Bibliografia 
    [1] Adushkin V.V., Nemtchinov I.V., 1994. Consequences of impacts of
    cosmic bodies on the surface of the Earth. In: Gehrels T. (Ed), Hazard due to comets and
    asteroids. The University of Arizona Press, Tucson, p. 721-778. 
    [2] Baldwin B., Shaeffer Y., 1971. Ablation and breakup of large
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