Abstract
La filosofia corrente in merito ai rischi dimpatto considera
trascurabile il pericolo posto dai piccoli asteroidi. Tuttavia alcuni fatti indicano che
tale filosofia debba essere rivista. In questo documento si esamineranno alcuni di questi
fatti. E bene notare che, mentre sembra che la frequenza dimpatto di oggetti
tipo-Tunguska sia più elevata di quanto stimato finora, la frammentazione atmosferica sia
più efficiente di quanto comunemente si ritiene. Ed effettivamente i dati provenienti
dalle registrazioni di airbusts indicano che i piccoli asteroidi si frammentano a
pressioni dinamiche inferiori alla loro resistenza meccanica. Questo significa che i
modelli teorici non sono in linea con le osservazioni e pertanto è necessaria la
formulazione di nuovi modelli e la raccolta di altri dati per giungere alla comprensione
del fenomeno.
1. Introduzione
Linteresse in merito allimpatto di oggetti interplanetari
con i pianeti, in particolar modo con la Terra, è cresciuto in modo significativo negli
ultimi anni a seguito di molti eventi quale, ad esempio, la caduta nellatmosfera di
Giove della cometa D/Shoemaker-Levy 9.
Particolare attenzione è stata riservata allindividuazione di oggetti con
dimensioni chilometriche, in grado di mettere la Terra in grave pericolo. In anni recenti
ciò è stato evidenziato da molti autori con differenti punti di vista (ad es. Aduskhin e
Nemtchinov 1994, Chapman e Morrison 1994, Toon e altri 1997). La ragione è molto
semplice, come ha scritto Clark Chapman (1996): limpatto di un oggetto di questo
tipo ha una probabilità non nulla di originare nel corso della nostra vita una catastrofe
ecologica globale.
Gli oggetti più grandi (decine di chilometri) possono causare un evento in grado di
provocare una estinzione. Il conseguente "inverno asteroidale", derivante dalla
pesante immissione di polvere nellatmosfera, è molto simile, escludendo le
conseguenze radioattive, allinverno nucleare. Potrebbe causare il sorgere di
condizioni ambientali le cui caratteristiche principali sono riconducibili a lunghissimi
periodi di oscurità e di riduzione della temperatura, qualcosa di simile allinverno
polare su scala mondiale (Cockell e Stokes 1999).
Anche se comprendo e rispetto tali opinioni, io penso che non possiamo trascurare
completamente i piccoli corpi. Ci sono due motivi principali: primo, la frammentazione di
un asteroide nellatmosfera terrestre non è ben conosciuta. Osservazioni di piccoli
asteroidi (fino a decine di metri) mostra che la frammentazione si verifica quando la
pressione dinamica è inferiore alla resistenza meccanica, e non vi è alcun motivo per
pensare che i corpi più grandi si debbano comportare in modo differente. Pertanto, gli
airburst possono darci dati per testare le teorie per la frammentazione, che sono valide
anche per i corpi più grandi.
Il secondo motivo è che, sebbene il danno causato da oggetti tipo-Tunguska possa essere
definito "locale", non è comunque trascurabile. A tal proposito ci sono
numerosi studiosi, ad esempio J. Lewis, M. Paine, S.P. Worden e B.J. Peiser (si vedano i
dibattiti in Cambridge Conference Net), che ritengono che i piccoli asteroidi possano
anche essere più pericolosi dei corpi più grandi.
Inoltre, David Jewitt (2000), dopo il lavoro di Rabinowitz e altri (2000) nel quale gli
autori hanno ridotto drasticamente il numero dei NEO più grandi di 1 km, suggerisce che
è giunto il momento di intraprendere una più ambiziosa ricerca di NEO, comprendendo i
piccoli oggetti.
Il presente lavoro non intende presentare nessuna nuova teoria o osservazione, ma
analizzare alcuni punti non presenti in precedenti studi e analisi. La finalità di questo
lavoro è rafforzare gli studi dei piccoli oggetti, dal momento che le nostre conoscenze a
tal proposito sono molto limitate.
Il lavoro è diviso in due parti: nella Sezione 2 aggiungo
alcune note al dibattito sul pericolo proveniente dai piccoli asteroidi. Nelle Sezioni 3 e
4 presento levidenza che la frammentazione di piccoli asteroidi nellatmosfera
della Terra è ancora un problema aperto.
2. Eventi tipo-Tunguska
Piccoli oggetti, dellordine delle decine o centinaia di metri,
sono in grado di causare danni locali anche gravi. Il più conosciuto tra gli eventi di
questo tipo è quello di Tunguska del 30 giugno 1908, che ha prodotto la devastazione di
unarea di 2150± 25 km2 e la distruzione di
più di 60 milioni di alberi (per una rivista, vedi Vasilyev 1998). Tuttoggi è
ancora aperto un ampio dibattito sulla natura delloggetto cosmico responsabile del
disastro. Il Luglio scorso una spedizione scientifica italiana, Tunguska99, si è recata
in Siberia per raccogliere dati e reperti (Longo e altri 1999).
Chapman e Morrison (1994) avevano considerato gli eventi tipo-Tunguska un rischio
trascurabile. Potrebbero anche aver ragione, considerando le sostanziali incertezze in
questi studi, ma hanno sottostimato alcuni valori. Benché abbiano proposto i dati con
ampi margini derrore, la domanda è: dove possiamo collocare il centro di questi
margini?
Analizziamo le ipotesi di Chapman e Morrison: anzitutto essi considerano che larea
distrutta in Tunguska (vale a dire larea entro la quale londa durto era
sufficiente ad abbattere gli alberi) fosse di circa 1000 km2. Tale valore è
comunque maggiore dellarea nella quale la sovrapressione raggiunge il picco di 4 psi
(27560 Pa), sufficienti a distruggere comuni abitazioni (in accordo con la formula citata
da Chapman e Morrison larea di 4 psi è circa 740 km2, considerando un
valore di 20 Mton).
Si possono avanzare due principali obiezioni a questa ipotesi: anzitutto il valore misurato
dellarea con gli alberi caduti è più del doppio (vedi sopra; Vasilyev 1998). In
aggiunta a questo, è necessario notare che una sovrapressione di 2 psi produce venti di
30 m/sec, il che basta a provocare seri danni alle strutture in legno. In ulteriore
aggiunta i detriti scagliati in volo a tale velocità sono un rischio per la vita (Toon e
altri 1997).
Pertanto un valore ragionevole del rischio di morte per gli esseri umani durante un evento
tipo-Tunguska è 104, invece di 7x103 come indicato da Chapman e
Morrison. Il suddetto valore è stato calcolato utilizzando la formula in Adushkin e
Nemtchinov (1994) e assumendo unenergia dellesplosione di 12.5 Mton
(Ben-Menahem 1975).
Chapman e Morrison (1994) fanno correttamente presente che vi sia una ben maggiore
probabilità che un evento di questo tipo possa verificarsi in una zona disabitata del
pianeta. Daltra parte, nella sfortunata ipotesi che si verifichi in una città
densamente popolata, potrebbe causare un grande disastro. Per esempio in Roma, che ha una
densità di popolazione di circa 2000 persone per chilometro quadrato, il numero di vite
umane in pericolo potrebbe essere più di 2 milioni.
E altresì necessario valutare la frequenza degli eventi tipo-Tunguska. Chapman e
Morrison considerano un intervallo di tempo di 250 anni, ma molti altri studi ed episodi
suggeriscono un valore più basso. Farinella e Menichella (1998) hanno studiato attraverso
modelli numerici il comportamento dinamico di oggetti interplanetari delle dimensioni del
responsabile di Tunguska ed hanno trovato una frequenza di impatto di un evento ogni 100
anni. Tuttavia in tale studio gli autori non prendono in considerazione leffetto
Yarkovsky (vedi Farinella e Vokrouhlick?, 1999, e bibliografia in merito), che può
leggermente aumentare il numero dei NEO (Near Earth Objects) sospinti verso la Terra.
Ci sono anche osservazioni da terra e dallo spazio che avvalorano queste conclusioni,
anche se lintervallo di frequenza può variare in modo significativo. Per esplosioni
di 1 Mton la frequenza di impatto può essere di un evento ogni 17 (ReVelle 1997) o 40
anni (Nemtchinov e altri 1997b), e questo implica che un evento Tunguska (12.5 Mton) possa
verificarsi una volta ogni 100 o 366 anni. Se consideriamo unenergia di 10 Mton,
secondo quanto calcolato da Hunt e altri (1960), otteniamo un valore della frequenza
dimpatto rispettivamente di 88 o 302 anni. In aggiunta a questo, Steel (1995)
segnala altri due eventi tipo-Tunguska in Sud America nel 1930 e 1935: ciò rafforza il
valore della frequenza di impatto di un evento ogni 100 anni (o meno).
Se noi, ora, consideriamo come tipico per un impatto tipo-Tunguska un intervallo temporale
di 100 anni e 104 decessi per ogni evento, otteniamo 100 morti per anno
sullintera popolazione mondiale; questo valore non è più trascurabile nella scala
di Chapman e Morrison (1994).
Daltra parte dobbiamo sottolineare la grande incertezza di
tali valori, principalmente dovuta allimpiego di relazioni empiriche con dati
insufficienti. Siamo consapevoli che la minaccia costituta da oggetti di dimensioni
chilometriche e multichilometriche sia più rischiosa e perciò si debbano studiare tali
oggetti ed i metodi per evitare una catastrofe globale. Tuttavia, i pochi punti segnalati
in questo lavoro suggeriscono che noi dobbiamo studiare anche gli eventi
tipo-Tunguska. In aggiunta a questo vale la pena di notare che gli studi in merito al
rischio dimpatto sono spesso basati sui modelli di frammentazione dei corpi celesti
nellatmosfera terrestre. Questi modelli assumono che la frammentazione inizi quando
la pressione dinamica nel punto di stagnazione sia equivalente alla resistenza meccanica
del corpo. Tuttavia, come vedremo, questo non avviene.
3. Il fallimento delle teorie correnti
I calcoli relativi al rischio dimpatto sono strettamente
collegati ai modelli numerici della frammentazione di asteroidi/comete nellatmosfera
terrestre attualmente disponibili. Tali modelli ipotizzano che la frammentazione cominci
quando la pressione dinamica davanti al corpo cosmico sia uguale alla resistenza meccanica
del materiale. Tuttavia, le osservazioni di bolidi molto brillanti prova che grossi
meteoroidi o piccoli asteroidi si frammentano a pressioni dinamiche inferiori alla loro
resistenza meccanica. A tuttoggi non cè ancora alcuna spiegazione per questo
enigma.
Questo fatto è di capitale importanza, dato che ci consente di sapere se un asteroide
possa o meno raggiungere la superficie della Terra. In aggiunta a questo, la frantumazione
atmosferica influenza anche il processo di craterizzazione (Passey e Melosh 1980) o
larea devastata dallesplosione e relativa onda durto. E dunque
necessario stabilire un criterio attendibile per valutare il rischio dimpatto. Tutti
gli studi mostrati finora sono basati su modelli nei quali la frammentazione comincia
quando la pressione dinamica è uguale alla resistenza meccanica dellasteroide. Ma,
come vedremo, le osservazioni indicano che questo non è vero.
Linterazione di un oggetto cosmico con latmosfera terrestre può essere divisa
in due parti, secondo le dimensioni dell'oggetto. Per corpi di dimensioni da millimetriche
fino al metro (meteoroidi) il modello teorico più utilizzato è quello della
frammentazione grossolana sviluppato da Ceplecha e altri (1993) e Ceplecha (1999). In
questo modello si considerano due fenomeni base: la frammentazione continua, che è
il processo principale nell'ablazione del meteoroide e la frammentazione improvvisa
o frammentazione discreta in un dato punto.
Per piccoli asteroidi viene utilizzato un altro modello, in cui l'ablazione è compresa
sotto forma di frammentazione esplosiva, mentre la si considera trascurabile in alta
quota. Sono stati sviluppati diversi modelli: Baldwin e Shaeffer (1971), Grigoryan (1979)
Chyba e altri (1993), Hills e Goda (1993), Lyne e altri (1996). Uno studio comparativo dei
modelli presentati da Grigoryan, Hills e Goda, e Chyba-Thomas-Zahnle è stato compiuto da
Bronshten (1995). In tale studio si rileva che il modello proposto da Chyba e altri non
tiene conto della frammentazione: per tale motivo le altezze di distruzione sono
sovrastimate (circa 10-12 km). Bronshten conclude inoltre che i modelli di Grigoryan e
Hills-Goda sono equivalenti.
Vi è inoltre una classe di modelli numerici, chiamati "hydrocodes" (ad esempio
CTH, SPH), che sono stati impiegati in modo particolare per il recente impatto della
Shoemaker-Levy 9 su Giove. Più specificatamente, Crawford (1997) utilizza CTH per
simulare l'impatto, mentre M. Warren, J. Salomon, M. Davies e P. Goda usano SPH.
Quest'ultimo è stato pubblicato in Internet, ma attualmente non è più disponibile.
Malgrado le particolari caratteristiche di ciascun modello, sempre si considera l'inizio
della frammentazione allorchè la pressione dinamica po anteriormente al
meteoroide (punto di stagnazione) supera la resistenza meccanica S del corpo.
Benchè non sia disponibile alcuna osservazione di impatto asteroidale, è possibile fare
una comparazione tra questi modelli e le osservazioni di corpi con dimensioni di alcuni
metri o decine di metri. Certamente, in questo intervallo, il modello di totale
frammentazione si sovrappone al modello di frammentazione esplosiva. Come più volte
sottolineato da Ceplecha (1994, 1995, 1996b), le osservazioni indicano chiaramente che i
meteoroidi si frantumano a pressioni dinamiche inferiori (10 volte e più) alla loro
resistenza meccanica. Tali dati sono stati ottenuti da osservazioni fotografiche e
dall'applicazione del modello di totale frammentazione, che può essere molto preciso. In
accordo con Ceplecha e altri (1993) è possibile distinguere cinque categorie di
resistenza con una corrispondente pressione di frammentazione media (Tabella 1).
Tabella 1: Categorie di resistenza dei meteoroidi. (da Ceplecha e
altri, 1993)
Categoria |
Intervallo di pfr
[MPa] |
Media pfr
[MPa] |
a |
p < 0.14 |
0.08 |
b |
0.14 < p < 0.39 |
0.25 |
c |
0.39 < p < 0.67 |
0.53 |
d |
0.67 < p < 0.97 |
0.80 |
e |
0.97 < p < 1.2 |
1.10 |
Per una frammentazione continua i risultati ottenuti
indicano anche che il massimo della pressione dinamica è inferiore a 1.2 MPa, ma sono
state trovate cinque eccezioni: 4 bolidi che hanno raggiunto 1.5 MPa ed uno che è
sopravvissuto a più di 5 MPa (Ceplecha ed altri 1993).
E' altresì molto importante correlare il coefficiente di ablazione s
alla pressione di frammentazione pfr, così da poter trovare una
relazione tra la composizione del meteoroide e la sua resistenza al flusso dell'aria. Per
quanto ne sappiamo, non esiste una dettagliata analisi statistica in materia, ma in un
lavoro di Ceplecha e altri (1993) possiamo trovare un grafico realizzato considerando i
dati di 30 bolidi (ci riferiamo alla fig. 12 di tale lavoro). Possiamo notare che i corpi
pietrosi (tipo I) presentino un ampio intervallo di valori per pfr. Nel
caso di oggetti poco resistenti, possiamo vedere che vi sia solamente un bolide cometario
(tipo IIIA), ma ciò è dovuto a due fattori: prima di tutto, i corpi cometari sono
sottoposti a frammentazione continua, piuttosto che ad una frammentazione discreta in
certi punti. Pertanto, non è corretto utilizzare il termine di pressione di
frammentazione; dovremmo usare il concetto di massima pressione tollerabile. La seconda
ragione è che nei dati vi è un effetto di selezione. Infatti, da studi statistici,
Ceplecha e altri (1997) hanno trovato che una grande parte di oggetti con dimensioni
comprese tra 2 e 15 metri sono corpi cometari poco resistenti.
Tuttavia, un recente studio ha mostrato che le statistiche provenienti da proprietà
fisiche possono condurre a risultati differenti se paragonate con statistiche provenienti
dalla evoluzione orbitale (Foschini e altri 2000). Per essere più precisi, i parametri
fisici provano che, come indicato in precedenza, una grande parte dei piccoli oggetti nei
paraggi della Terra sono corpi cometari poco resistenti, mentre l'analisi dell'evoluzione
orbitale indica una marcata componente asteroidale.
Il motivo della presenza di corpi cosmici con pressione di frammentazione molto bassa può
essere ricercato ipotizzando che ulteriori fenditure e crepe siano state create da
collisioni nello spazio, anche senza giungere alla completa distruzione dell'oggetto
cosmico (Baldwin e Shaeffer 1971). Altre spiegazioni potrebbero essere che l'asteroide non
sia omogeneo (vedere i commenti del relatore in Ceplecha e altri 1996) o presenti al suo
interno degli spazi vuoti (Foschini 1998).
Queste sono ipotesi, interessanti ipotesi, ma ugualmente nessuna di esse è decisiva.
4. Casi particolari
Oltre ai dati pubblicati nello studio di Ceplecha e altri (1993) e
Ceplecha (1994) intendiamo considerare alcuni casi specifici di bolidi luminosi. In questa
sede si darà una breve descrizione rimandando per i dettagli agli studi citati.
Il meteorite di Lost City (3 gennaio 1970), una condrite (H), è stato analizzato da molti
autori (McCrosky e altri 1971, ReVelle 1979, Ceplecha 1996a). Il recente studio di
Ceplecha (1996a) è particolarmente interessante perché, tenendo conto della rotazione
del meteoroide, riesce a spiegare senza errori il movimento in atmosfera. Tranne,
naturalmente, la pressione dinamica, che in quella occasione raggiunse il valore di pfr
= 1.5 MPa, mentre la resistenza meccanica di un oggetto roccioso è di circa 50 MPa.
Nello studio di ReVelle (1979), è invece possibile trovare dati interessanti in merito ad
altri due episodi: Prìbram (7 aprile 1959) ed Innisfree (6 febbraio 1977). In entrambe le
circostanze è stato ritrovato un meteorite: rispettivamente una condrite ordinaria ed una
L-condrite. In tale studio vengono ricavati i valori per pfr che
risultano, nellordine, di 9.2 MPa e 1.8 MPa.
Tabella 2: Episodi particolari
Nome |
Data |
max pfr
[MPa] |
S [MPa] |
Prìbram |
7 aprile 1959 |
9.2 |
50 |
Lost City |
3 gennaio 1970 |
1.5 |
50 |
umava |
4 dicembre 1974 |
0.14 |
1 |
Innisfree |
6 febbraio 1977 |
1.8 |
10 |
Osservazioni spaziali |
15 aprile 1988 |
2.0 |
50 |
Osservazioni spaziali |
1 ottobre 1990 |
1.5 |
50 |
Beneov |
7 maggio 1991 |
0.5 |
10 |
Peekskill |
9 ottobre 1992 |
1.0 |
30 |
Isole Marshall |
1 febbraio 1994 |
15 |
200 |
Il bolide di umava (4 dicembre 1974) ha raggiunto
la magnitudine visuale assoluta di 21.5 ed è stato originato da un oggetto
cometario. Ha evidenziato molti brillamenti nel corso della frammentazione continua,
terminando ad una altezza di circa 60 km. Il massimo della pressione dinamica era compreso
nellintervallo di 0.025-0.14 MPa, decisamente inferiore alla resistenza meccanica di
un oggetto cometario, vale a dire 1 MPa (Borovicka e Spurný 1996).
Il bolide di Beneov (7 maggio 1991) fu veramente atipico e venne analizzato in
dettaglio da Borovicka e Spurný (1996) e da Borovicka e altri (1998a, b). Da questi studi
si può evincere che si è trattato molto probabilmente di un oggetto roccioso che subì
una prima frammentazione ad alta quota (50-60 km) ad una pressione dinamica di circa
0.1-0.5 MPa. Tuttavia, alcuni frammenti compatti furono distrutti ad una pressione di 9
MPa (a 24 km di altezza).
La caduta del meteorite di Peekskill (9 ottobre 1992) è stato il primo di tali eventi
registrato da una videocamera (Ceplecha e altri 1996). Il fireball fu più brillante della
luna piena e vennero ritrovati 12.4 kg di condrite ordinaria (breccia H6). La
disponibilità di una registrazione video ci consente di calcolare, con relativa
precisione, levoluzione della velocità del meteoroide e, di conseguenza, la
pressione dinamica. Si è scoperto che il valore massimo di pfr è stato
circa 0.7-1.0 MPa, mentre la resistenza del meteorite è stata stimata prossima a 30 MPa.
In anni recenti, sensori infrarossi collocati in orbita hanno rilevato molti bolidi in
tutto il mondo. Nemtchinov e altri (1997) hanno studiato questi eventi impiegando un
metodo numerico radiativo-idrodinamico. Hanno simulato tre bolidi brillanti (15 aprile
1988; 1 ottobre 1990; 1 febbraio 1994) ottenendo rispettivamente questi risultati:
meteoroide roccioso, pfr = 1.6-2.0 MPa; meteoroide roccioso, pfr
= 1.5 MPa; meteoroide metallico, pfr = 10-15 MPa. Per quanto riguarda
questultimo, Tagliaferri e altri (1995) sono giunti ad una conclusione leggermente
diversa: meteoroide roccioso, pfr = 9 MPa.
La condizione per cui la frammentazione comincia quando la pressione dinamica raggiunge la
resistenza meccanica del meteoroide fu introdotta da Baldwin e Shaeffer (1971), ma è
necessario notare che si tratta di una ipotesi. Ora noi abbiamo dati sufficienti, anche se
incompleti, per indicare che questa ipotesi non abbia fondamento fisico e sia necessario
trovare nuove condizioni per la frammentazione.
5. Conclusioni
Solo negli ultimi decenni, ed in particolare negli ultimi anni, il
rischio di un impatto ha catalizzato lattenzione di un numero sempre crescente di
studiosi. La valutazione delle frequenze dellimpatto e dei danni vengono ottenute
applicando formule empiriche o semiempiriche. Tuttavia noi abbiamo a che fare con dati
limitati e talvolta contraddittori. Per esempio, Chapman e Morrison (1994) considerano la
frequenza di un impatto tipo-Tunguska una volta ogni 250 anni utilizzando dati provenienti
dalla craterizzazione lunare, ReVelle per oggetti analoghi ottiene una frequenza superiore
(1 ogni 100 anni) considerando i dati provenienti dagli airburst.
Tuttavia, il problema principale è il meccanismo della frammentazione, che non è ancora
chiaro. Dalle osservazioni risulta che la frammentazione si verifica quando la pressione
dinamica è inferiore alla resistenza meccanica. Non sappiamo se questo sia dovuto a
particolari caratteristiche del flusso ipersonico intorno alloggetto o a qualche
particolare componente del corpo. Tutto ciò che allo stato attuale possiamo dire è che i
modelli correnti per la frammentazione di piccoli asteroidi nellatmosfera terrestre non
sono consistenti con le osservazioni. Sono necessari ulteriori dati e nuove teorie per
comprendere meglio queste problematiche. E gli airburst possono fornirci utilissime
indicazioni per testare le teorie.
Ringraziamenti: voglio ringraziare lUnione
Astronomica Internazionale per avermi concesso i fondi necessari per partecipare al
Workshop IMPACT di Torino. Alcune idee esposte nel presente studio sono emerse grazie a
discussioni con Zdenek Ceplecha nel corso di una visita allOsservatorio Astronomico
Ondrejov: Voglio ringraziare Z. Ceplecha, sua moglie Hana, e gli studiosi di meteore
dellOsservatorio per la loro squisita ospitalità.
Bibliografia
[1] Adushkin V.V., Nemtchinov I.V., 1994. Consequences of impacts of
cosmic bodies on the surface of the Earth. In: Gehrels T. (Ed), Hazard due to comets and
asteroids. The University of Arizona Press, Tucson, p. 721-778.
[2] Baldwin B., Shaeffer Y., 1971. Ablation and breakup of large
meteoroids during atmospheric entry. Journal of Geophysical Research 76, 4653-4668.
[3] Ben-Menahem A., 1975. Source parameters of the Siberian explosion
on June 30, 1908 from analysis and synthesis of seismic signals at four stations. Physics
of the Earth and Planetary Interiors 11, 1-35.
[4] Borovicka J., Spurny P., 1996. Radiation study of two very bright
terrestrial bolides and an application to the comet S-L 9 collision with Jupiter. Icarus
121, 484-510.
[5] Borovicka J., Popova O.P., Nemtchinov I.V., Spurny P., Ceplecha Z.,
1998a. Bolides produced by impacts of large meteoroids into the Earth's atmosphere:
comparison of theory with observations. I. Benesov bolide dynamics and fragmentation.
Astronomy and Astrophysics 334, 713-728.
[6] Borovicka J., Popova O.P., Golub' A.P., Kosarev I.B., Nemtchinov
I.V., 1998b. Bolides produced by impacts of large meteoroids into the Earth's atmosphere:
comparison of theory with observations. II. Benesov bolide spectra. Astronomy and
Astrophysics 337, 591-602.
[7] Bronshten V.A., 1995. Fragmentation and crushing of large meteoric
bodies in an atmosphere. Solar System Research 29, 392-399.
[8] Ceplecha Z., 1994. Meteoroids properties from photographic records.
In: Milani A., Di Martino M., Cellino A. (Eds), IAU Symp. 160: Asteroids, Comets, Meteors
1993. Kluwer, Dordrecht, p. 343-356.
[9] Ceplecha Z., 1995. Interactions of large meteoroids and small
interplanetary bodies with the Earth's atmosphere: theories and observational constraints.
Earth, Moon, and Planets 68, 107-126.
[10] Ceplecha Z., 1996a. Luminous efficiency based on photographic
observations of the Lost City fireball and implications for the influx of interplanetary
bodies onto Earth. Astronomy and Astrophysics 311, 329-332.
[11] Ceplecha Z., 1996b. The physics of meteors. In: Gustafson Bo.A.S.,
Hanner M.S. (Eds), Physics, Chemistry, and Dynamics of Interplanetary Dust. ASP Conference
Series 104, p. 53-64.
[12] Ceplecha Z., 1999. Exact dynamical behavior of meteoroids in the
atmosphere. In: Baggaley W.J. and Porubcan V. (Eds), Meteoroids 1998. Slovak Academy of
Sciences, Bratislava, p. 55-58.
[13] Ceplecha Z., Spurny P., Borovicka J., Keclikovà, 1993.
Atmospheric fragmentation of meteoroids. Astronomy and Astrophysics 279, 615-626.
[14] Ceplecha Z., Brown P., Hawkes R.L., Wetherill G., Beech M.,
Mossman K., 1996. Video observations, atmospheric path, orbit and fragmentation record of
the fall of the Peeskskill meteorite. Earth, Moon, and Planets 72, 395-404.
[15] Ceplecha Z., Jacobs C., Zaffery C., 1997. Correlation of ground-
and space based bolides. Annals of New York Academy of Sciences 822, 145154.
[16] Chapman C.R., 1996. The risk to civilization from extraterrestrial
objects and implications of the Shoemaker-Levy 9 comet crash. Abhandlungen der
Geologischen Bundeanstalt, Wien, vol. 53, 51-54.
[17] Chapman C.R., Morrison D., 1994. Impacts on the Earth by asteroids
and comets: assessing the hazard. Nature 367, 33-40.
[18] Chyba C.F., Thomas P.J., Zahnle K.J., 1993. The 1908 Tunguska
explosion: atmospheric disruption of a stony asteroid. Nature 361, 40-44.
[19] Cockell C.S., Stokes M.D., 1999. Polar winter: a biological model
for impact events and related dark/cold climatic changes. Climatic Change 41, 151-173.
[20] Crawford D.A., 1997. Comet Shoemaker-Levy 9 fragment size
estimates: how big was the parent body? Annals of New York Academy of Sciences 822,
155-173.
[21] Farinella P., Menichella M., 1998. The flux of Tunguska-sized
fragments from the main asteroid belt. Planetary and Space Science 46, 303-309.
[22] Farinella P., Vokrouhlicky D., 1999. Semimajor axis mobility of
asteroidal fragments. Science 283, 1507-1510.
[23] Foschini L., 1998. On the airburst of large meteoroids in the
Earth's atmosphere. The Lugo bolide: reanalysis of a case study. Astronomy and
Astrophysics 337, L5-L8.
[24] Foschini L., Farinella P., Froeschlé Ch., Gonczi R., Jopek T.J.,
Michel P., 2000. Long-term dynamics of bright bolides. Astronomy and Astrophysics 353,
797-812.
[25] Grigoryan S.S., 1979. Motion and destruction of meteors in
planetary atmospheres. Cosmic Research 17, 724-740.
[26] Hills J.G., Goda M.P., 1993. The fragmentation of small asteroids
in the atmosphere. The Astronomical Journal 105, 1114-1144.
[27] Hunt J.N., Palmer R., Penney W., 1960. Atmospheric waves caused by
large explosions. Philosophical Transactions of the Royal Society of London, Series A 252,
275-315.
[28] Jewitt D., 2000. Eyes wide shut. Nature 403, 145-146.
[29] Lyne J.E., Tauber M., Fought R., 1996. An analytical model of the
atmospheric entry of large meteors and its application to the Tunguska event. Journal of
Geophysical Research 101, 23207-23212.
[30] Longo G. and the Tunguska99 Expedition Team, 1999. Preliminary
results of the "Tunguska99 Expedition". Bulletin of the American Astronomical
Society 31, 1591.
[31] McCrosky R.E., Posen A., Schwartz G., Shao C.Y., 1971. Lost City
meteorite - Its recovery and a comparison with other fireballs. Journal of Geophysical
Research 76, 4090-4108.
[32] Nemtchinov I.V., Jacobs C., Tagliaferri E., 1997a. Analysis of
satellite observations of large meteoroid impacts. Annals of New York Academy of Sciences
822, 303-317.
[33] Nemtchinov I.V., Svetsov V.V., Kosarev I.B., Golub' A.P., Popova
O. P., Shuvalov V.V., Spalding R.E., Jacobs C., Tagliaferri E., 1997b. Assessment of
kinetic energy of meteoroids detected by satellite-based light sensors. Icarus 130,
259-274.
[34] Passey Q.R., Melosh H.J., 1980. Effects of atmospheric breakup on
crater field formation. Icarus 42, 211-233.
[35] Rabinowitz D., Helin E., Lawrence K., Pravdo S., 2000. A reduced
estimate of the number of kilometre-sized near-Earth asteroids. Nature 403, 165-166.
[36] ReVelle D.O., 1979. A quasi-simple ablation model for large
meteorite entry: theory versus observations. Journal of Atmospheric and Terrestrial
Physics 41, 453-473.
[37] ReVelle D.O., 1997. Historical detection of atmospheric impacts by
large halides using acoustic-gravity waves. Annals of New York Academy of `Sciences 822,
284-302.
[38] Steel D.I., 1995. Two "Tunguskas" in South America in
the 1930's? WGN - The Journal of the International Meteor Organization 23 (6), 207-209.
[39] Tagliaferri E., Spalding R., Jacobs C., Ceplecha Z., 1995.
Analysis of the Marshall Islands Fireball of February 1, 1994. Earth, Moon, and Planets
68, 563-572.
[40] Toon O.B., Zahnle K., Morrison D., Turco R.P., Covey C., 1997.
Environmental perturbations caused by the impacts of asteroids and comets. Review of
Geophysics 35, 41-78.
[41] Vasilyev N.V., 1998. The Tunguska meteorite problem today.
Planetary and Space Science 46, 129-150. |