Il mio Diluvio

(Seconda Parte)

Dopo aver chiarito l'identità dei popoli che avevamo incontrato, fuggitivi, all'inizio della nostra storia, e dopo aver avanzato fondati dubbi che la catastrofica inondazione che ha originato il Mar Nero non può essere considerata la fonte dei racconti del Diluvio se non in modo estremamente marginale (e poco probabile), è tempo di tentare di chiarire anche il mistero degli altri due diluvi che la ricerca archeologica ci ha consegnato (vedi Il Diluvio per la Scienza).
Abbiamo ormai fatto conoscenza con Enmerkar, figlio di Meskiagkhasher, re di Uruk e sappiamo che regnarono entrambi dopo il Diluvio: se dunque riusciamo a collocare storicamente il periodo del loro regno possiamo avere una notevole indicazione per datare il Diluvio stesso.
Ma la cosa è tutt'altro che semplice!
Ormai siamo abituati ai misteri che, invece di diradarsi, si infittiscono sempre più e dunque non dovremmo stupirci più di tanto accorgendoci che anche il nostro tentativo di datazione segua questa ferrea regola.

I nomi dei re sumeri sono contenuti in un Elenco (un cilindro di argilla custodito all'Ashmolean Museum di Oxford) redatto in caratteri cuneiformi e databile verso il 1800 a.C. Tale Elenco indica non solo le diverse dinastie che regnarono sulle varie città-stato sumere, ma anche l'arco temporale da esse coperto. La difficoltà di fondo nell'utilizzo di tali informazioni per una ricostruzione plausibile del susseguirsi storico degli eventi è che non possiamo assolutamente considerarle complete. Non è in gioco l'attendibilità storica delle informazioni (per altro in alcuni casi ampiamente confermata da scoperte archeologiche), bensì la loro completezza ed il significato che gli autori dell'elenco volevano attribuire alle espressioni utilizzate. Il susseguirsi dei regni proposti dall'Elenco non è, pertanto, accettabile come una fedele cronologia delle persone che si alternarono al comando, e non solo per l'eccessivo arco temporale di regno attribuito ai sovrani (tecnica narrativa che richiama immediatamente la longevità che i racconti biblici del libro della Genesi attribuiscono ai patriarchi), ma anche perché molte stirpi regali furono tra loro contemporanee. Non dimentichiamo, infatti, che l'unificazione nel regno di Akkad avverrà soltanto nel 2400 a.C., quando Sargon il Grande pose fine alle potenti città stato che si erano fino ad allora palleggiato il potere nella terra di Sumer.
Nonostante le difficoltà cui si è accennato, però, l'Elenco dei Re Sumeri è ugualmente una preziosa fonte di notizie estremamente utili.
Cominciando proprio dalle sue prime parole:

Quando la regalità discese dal cielo
pose la sua dimora ad Eridu

Questa affermazione, al di là dell'evento storico che possa averla suggerita (a tal proposito non è assolutamente fuori luogo giungere ad ipotizzare il verificarsi di un fenomeno meteoritico di notevole entità) indica con chiarezza che le tracce della civiltà sumera primordiale conducono senza ombra di dubbio all'insediamento di Eridu. L'importanza di tale insediamento è confermata anche da un altro documento, l'Epopea Babilonese:

Neppure una canna era ancora spuntata;
neppure un albero era ancora stato creato.
Non una casa era ancora stata costruita
e mai una città era stata edificata.
Tutte le terre non erano che mare.
Poi fu creata Eridu.

Perché sottolineo con insistenza questa sorta di primato dell'insediamento di Eridu?
Anzitutto perché la ricerca archeologica ha confermato che il vasellame rinvenuto in tale città è strettamente collegato con quello venuto alla luce scavando negli insediamenti neolitici dei Monti Zagros, avvalorando in tal modo l'ipotesi della discesa dai monti nella piana di Sumer.
In secondo luogo, motivazione non meno importante, perché l'elenco dei re sumeri indica che, al termine del predominio di Eridu, la regalità passò ad altre dinastie/città (Badtibira, Larak, Sippar e Suruppak), dopo di che "il Diluvio si abbattè" sulla terra di Sumer.
Approfitto infine, già che ci sono, per sottolineare l'incredibile assonanza tra il nome della città di Eridu con quello del patriarca Irad (Genesi 4,18) o Iared (Genesi 5,15-20), ma subito mi fermo lasciando l'approfondimento al lettore volonteroso.

Le maestose rovine di Uruk.

Ma non ci fu solamente Eridu.
Dopo questa città vennero fondati altri insediamenti che nel corso degli anni si contesero aspramente "la regalità discesa dal cielo": Uruk (nell'immagine si vedono le sue imponenti rovine), Ur (la biblica patria di Abramo) e poi Larak, Shuruppak e Badtibira.
Il nome di quest'ultima città significa "città del lavoratore di metalli" e indica senza mezzi termini l'acquisizione della tecnologia della fusione del rame, traguardo fondamentale nel cammino della civiltà. Indica anche come intorno al 4500 a.C. già doveva essere attiva una rete di collegamenti commerciali anche via mare, dato che la terra di Magan (Oman) era particolarmente ricca di tale metallo, che scarseggiava, invece - e per di più era di difficile estrazione - sulle montagne settentrionali.


Sempre seguendo ciò che l'Elenco dei re sumeri riporta, dopo il Diluvio regnarono le dinastie di Kish I e Uruk I e dopo di esse si impose quella di Ur I. Per la ricerca che stiamo compiendo quest'ultima dinastia assume un'importanza notevole, dal momento che è possibile proporre per essa una datazione sulla quale, entro un arco temporale di un centinaio d'anni, concordano praticamente tutte le scuole di pensiero.
Le datazioni proposte spaziano dal 2643 a.C. (datazione "Alta") al 2588 a.C. (datazione "Media") fino al 2524 a.C. (datazione "Bassa"), anche se vi è chi propone una collocazione ancora più recente ipotizzando il 2348 a.C. (Nuova Cronologia di D. Rohl).
Non è certamente mia intenzione addentrarmi nelle motivazioni che sostengono ciascuna di queste datazioni: mi basta e avanza collocare Ur I in un non meglio identificabile periodo intorno al 2500 a.C., non meglio identificabile perché non possiamo certo affidarci ai numeri suggeriti dall'Elenco dei re sumeri!
Certo non abbiamo fatto grandi progressi stabilendo che il Diluvio debba essere collocato entro un intervallo temporale che spazia dal 4500 al 2500 a.C.: la necessita di dover individuare l'epoca con maggiore precisione ci impone, perciò, di continuare nella nostra ricerca provando a percorrere un'altra strada.
E questa strada ci viene indicata proprio da Gilgamesh, il re-eroe per eccellenza, protagonista del racconto assiro-babilonese dell'epopea del Diluvio.
Tradizionalmente si tende a considerare il regno di Gilgamesh appartenente al Terzo periodo Protodinastico, ma tale collocazione contrasta con altri dati:
1. a questo re-eroe viene attribuita la costruzione delle mura di Uruk (sono citate nei primi versi dell'Epopea di Gilgamesh), ma la datazione archeologica delle imponenti mura (9 km di circonferenza) che circondano la città risalgono al Primo Periodo Protodinastico;
2. in alcune tavolette scoperte a Shuruppak e risalenti al Terzo Periodo Protodinastico il nome di Gilgamesh è preceduto dal simbolo della stella, che denota come fosse considerato una divinità;
3. molti sigilli (arte glittica) del Secondo e Terzo Periodo Protodinastico riportano un eroe ed un uomo-toro che stanno uccidendo dei tori, chiara rappresentazione del combattimento di Gilgamesh e del suo amico Enkidu contro il toro celeste mandato per sterminare l'umanità.

Non si tratta di indizi di scarsa importanza, mi pare, come certamente non di poco conto sono le conseguenze che da essi si possono trarre.
Accettando, infatti, ciò che questi elementi ci indicano, il regno di Gilgamesh va necessariamente collocato nel Primo Periodo Protodinastico, dunque anteriormente all'evento alluvionale identificato da Langdon nel corso dei suoi scavi nella cità di Shuruppak.
Questo porterebbe automaticamente a identificare il Diluvio con la più catastrofica inondazione le cui tracce sono state identificato da Woolley a Ur.
Vediamo di concretizzare una possibile cronologia associando quanto stiamo dicendo con ciò che emerge dalla sequenza stratigrafica che caratterizza la terra di Sumer: nella figura a sinistra sono stati evidenziati i due strati alluvionali scoperti rispettivamente da Woolley a Ur e da Langdon a Shuruppak e Kish (si veda Il Diluvio per la Scienza).
Sulla sinistra sono indicate le date associabili a tale stratigrafia mentre sulla destra ho riportato gli avvenimenti salienti dei quali stiamo parlando.
Le considerazioni su Gilgamesh ci hanno portato a ridurre notevolmente l'intervallo temporale in cui collocare il Diluvio e ritengo che più in là difficilmente si possa andare, anche se...
Un semplice flash: anche i Maya, come moltissime culture del passato, avevano nella loro mitologia il ricordo di una grandissima inondazione.
Questo diluvio era considerato dal popolo mesoamericano il punto di partenza del loro calendario e se prendiamo per buono il loro calcolo del trascorrere del tempo (non si tratta di una concessione gratuita poichè le loro cognizioni in questo campo erano estremamente accurate) scopriamo che tale evento viene dai Maya collocato nel 3114 a.C., dunque sorprendentemente in linea con l'intervallo temporale in cui si racchiude lo strato alluvionale di Ur.
Ma non è affatto prudente ed è scientificamente rischioso, con i pochi elementi che abbiamo, andare oltre questo semplice flash e magari giungere a sostenere che l'aggettivo universale associato dalla narrazione biblica al Diluvio di Noè sia da prendere nel senso letterale del termine.


Ritorniamo perciò nella terra di Sumer.
Identificato il Diluvio con l'evento che ha lasciato le tracce a Ur, resta da evidenziare quella che, secondo me, è stata l'importanza dell'evento scoperto da Langdon a Shuruppak e Kish.
La rioccupazione delle zone devastate dalla potenza delle acque non deve necessariamente richiedere una seconda discesa dai monti di nuove tribù, anche se questo fatto non può certo essere escluso a priori.   Più verosimilmente, però, le popolazioni che risiedevano lontano dalla regione di Ur, la zona più tartassata dal Diluvio, hanno gradualmente rioccupato i territori allagati rifondando le città spazzate via dalle acque.
Certamente il Diluvio non eveva azzerato le conoscenze tecnologiche di quelle popolazioni, non per niente nel racconto dell'Epopea di Gilgamesh sull'arca trovano posto non solo gli animali, ma anche i mastri artigiani, i preziosi depositari del sapere e della tecnologia.
E' un dato di fatto che, dopo il grande Diluvio, si è assistito ad una vera e propria esplosione della civiltà sumera: è in quel periodo che si colloca la nascita della scrittura ed il notevole impulso alla capacità di utilizzare i mattoni d'argilla per gigantesche e ardite costruzioni, è in quel periodo che inizia un'efficiente organizzazione dello stato nonchè l'immane ed ingegnosa opera di bonifica del territorio con l'introduzione di una fitta rete di canalizzazioni per contenere le possibili future inondazioni dei grandi fiumi e sfruttarne le acque per rigogliose coltivazioni.
Con la scrittura, usata inizialmente solo come veicolo di resoconti commerciali e per compilare aride liste di merci, nasce la letteratura, la possibilità cioè di trasformare in qualcosa di duraturo i racconti che di generazione in generazione costituivano il passato di quel popolo.
Era però indispensabile che questo nuovo strumento diventasse più duttile: esprimere gesti epiche e sentimenti non era come stendere un arido elenco di oggetti e animali, ed era altrettanto necessario che una nuova esperienza rendesse terribilmente veri alcuni di quei racconti, persi com'erano nelle profondità lontane del tempo.
Ma ecco che una terribile catastrofe colpisce gli abitanti di Shuruppak: una eccezionale piena del Tigri e dell'Eufrate ha il sopravvento sulle opere di canalizzazione e a nulla valgono i tentativi di arginare quella valanga d'acqua che sommerge ogni cosa seminando distruzione e morte.
Con prepotenza, quasi sospinta dall'impeto di quelle acque, si impone l'evidenza che i racconti dell'altra grande inondazione non erano frutto di fantasia: la tragedia degli abitanti di Shuruppak diventa l'evento catalizzatore dei racconti del vero grande Diluvio, quello che solo la benevolenza di un dio non trasformò nella definitiva scomparsa di tutto il genere umano.
Le vicende del passato, fino ad allora soltanto semplici racconti da tramandare di padre in figlio, diventano improvvisamente terribilmente vere e nuovi spunti alimentano quelle storie suggerendo agli scribi nuove riflessioni sul destino del proprio popolo.
Ecco perchè non deve stupire la molteplicità dei racconti.
E' inevitabile che un poeta copi dall'altro, che un clan cerchi di appropriarsi del clou di quelle tradizioni, che ciascuno rivendichi per i sopravvissuti a quell'immane tragedia l'appartenenza alla cerchia dei suoi diretti antenati.
Ma è altrettanto inevitabile che i racconti si differenzino e acquistino ognuno delle caratteristiche che lo rendono unico.
Il racconto dei giorni in cui il mondo è stato sommerso dalle acque diventa dunque il respiro di tutto un popolo, e questo racconto rimarrà di fondamentale importanza anche quando il popolo di Sumer, misteriosamente com'era apparso, scomparirà dalla scena della storia dissolvendosi in altri popoli.
E tra questi, semplicemente seguendo la comune matrice semita, non possiamo non comprendere anche il popolo ebraico, supportati in questo dal fatto che vanti le sue prime origini in Ur patria biblica di Abramo e tra i suoi antenati annoveri l'eroe che sfidò e vinse le acque del Diluvio.
Non è dunque corretto, secondo me, considerare la storia biblica di Noè soltanto una copia tardiva degli antichi racconti sumeri o babilonesi ed è riduttivo suggerire che tali tradizioni siano state recepite e inglobate nell'ebraismo solamente al tempo dell'esilio a Babilonia.  Siamo di fronte, a mio avviso, ai frutti poetici di un passato comune, all'indelebile imprinting lasciato da quell'evento di morte che, paradossalmente, ha segnato l'inizio della civiltà.


E qui mi fermo: il faticoso e talvolta tortuoso cammino è finalmente giunto alla sua sospirata destinazione.
Non ho certamente la pretesa di aver risolto definitivamente l'enigma-diluvio, ma lasciatemi almeno la speranza di aver interessato e coinvolto chi ha avuto la cortesia e la pazienza di seguirmi in questo affascinante viaggio nel passato.
E se mi è sfuggita qualche ipotesi troppo azzardata, beh, consideratela una licenza poetica.

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