Considerazioni prima della
partenza...
Fino a un po' di anni fa un titolo di questo tipo avrebbe
inevitabilmente indotto il lettore a ritenere di trovarsi di fronte alla descrizione dei
fenomeni vulcanici o, in ambito astronomico, di essere in presenza dell'analisi delle
caratteristiche superficiali del nostro satellite naturale. La scoperta, poi, che quei
crateri di cui si sta parlando sono sulla Terra avrebbe scosso non poco la placida
tranquillità con la quale si osserva la volta celeste, convinti come siamo di essere al
sicuro da quegli apocalittici sconvolgimenti che movimentano gli astri a zonzo sulla
nostra testa.
Questa semplice considerazione mi permette di sottolineare come il fenomeno della
craterizzazione da impatto, ben noto e accettato per tutti i corpi del nostro Sistema
Solare soprattutto dopo che le missioni spaziali ci hanno inviato immagini di superfici
planetarie butterate di crateri proprio come la Luna, non è stato con altrettanto zelo
accolto anche per la Terra.
E come poter dare torto a chi si opponeva a tale visione, aggrappato
all'illusione di voler mantenere, almeno in questo, un carattere di privilegio per il
nostro pianeta, sostenuto in questa sorta di crociata dalla scarsità di indizi a
disposizione e dalla possibilità di spiegare (quasi) tutto con i ben noti fenomeni
vulcanici, senza dover ipotizzare scenari catastrofici caratterizzati, tra l'altro, da
energie per le quali si avevano problemi anche a scegliere le unità di misura più
adatte?
Da quando, però, la comunità scientifica ha assimilato l'idea che alcune caratteristiche
rinvenute in materiali provenienti da strutture crateriche non potevano essere spiegate se
non ricorrendo proprio ad una quantità smisurata di energia, non associabile ai fenomeni
vulcanici terrestri, il ritmo di identificazione dei crateri come vestigia di impatti
cosmici ha subito un incremento vertiginoso (si veda a tal proposito il grafico a
sinistra).
Attualmente le strutture da impatto riconosciute come tali sono oltre 200, ma ogni anno
nuovi candidati si aggiungono alla lista, in paziente attesa della definitiva
consacrazione una volta che le indagini fisiche e chimiche abbiano fornito ai ricercatori
elementi sufficienti a stabilirne l'esatta natura.
Non si può a questo punto non suggerire una annotazione sulla distribuzione geografica di
tali strutture: va un po' al di là di quanto mi sono prefissato, ma la ritengo doverosa.
Una lettura anche fugace dei dati proposti in un secondo grafico che mostra appunto tale
distribuzione per 212 strutture da impatto (si veda l'immagine sottostante),
suggerisce anche al profano che qualcosa non quadra: la concentrazione dei crateri in
Europa e nell'America del Nord è perlomeno sospetta.
In questi due continenti, infatti, si colloca quasi il 60% dei crateri, e questo a fronte
di una superficie che è circa un quarto di quella complessiva. Questa situazione anomala
trova una prima spiegazione nella maggiore stabilità geologica di queste due regioni, ma
sicuramente non meno importante è una più intensa attività di ricerca e di studio
intrapresa da alcuni paesi in questo particolare settore, considerazione che trova
conferma indiretta nel fatto che una sessantina di strutture localizzate nei paesi
scandinavi ed una decina nel continente Nord Americano attendono una parola definitiva
sulla loro possibile origine impattiva.
Una conferma della loro origine porterebbe a dover riconoscere, se ancora ce ne fosse
bisogno, che l'elenco dei crateri terrestri da impatto è ancora ben lontano dall'essere
completo!
L'intenzione che anima questo mia lavoro, però, non è presentare una serie di
considerazioni storiche o statistiche sul fenomeno della craterizzazione da impatto sulla
superficie terrestre, bensì invitare il lettore ad un tour virtuale utilizzando l'immensa
risorsa costituita da Internet.
Non ho la pretesa di indicare tutto ciò che si può trovare nella Grande Rete (e chi può
farlo?...), ma solamente suggerire alcuni siti nei quali, generalmente spremendo ben bene
i motori di ricerca ma talvolta anche con un pizzico di fortuna, mi sono imbattuto nel mio
girovagare alla ricerca di notizie sui crateri da impatto terrestri, siti che, per i più
volonterosi, possono fungere da base di partenza per altre emozionanti navigazioni e
scoperte.In viaggio...
La prima tappa del nostro viaggio è http://www.solarviews.com/eng/tercrate.htm
.
La pagina indicata offre una panoramica sui vari aspetti connessi con i crateri da impatto
ed una dozzina di immagini significative accompagnate da una breve descrizione della
struttura.
Va detto che il sito, mantenuto dalla Società Astronomica Hawaiana e curato da
Calvin J. Hamilton, non si occupa soltanto dei crateri terrestri da impatto, ma
dell'intero Sistema Solare (Views of the Solar System) e per questo aspetto sarà
già ben noto a qualche assiduo frequentatore delle pagine astronomiche del Web.
Un'altra pagina degna di nota per la chiarezza dell'esposizione è rintracciabile nei
meandri dei siti che gravitano intorno alla NASA: http://cass.jsc.nasa.gov/publications/slidesets/impacts.html
. Una ventina di immagini con breve descrizione della struttura e dati essenziali
(coordinate geografiche, età e dimensioni) accompagnano una completa introduzione al
fenomeno della craterizzazione da impatto curata da C. Koeberl e V.L. Sharpton.
Utilizzando in parte l'URL appena inserito possiamo, già che ci siamo, dare un'occhiata
al sito del Lunar and Planetary Institute (http://cass.jsc.nasa.gov/lpi.html)
e sfruttare la possibilità di consultare e scaricare un esauriente volume edito nel
settembre 1998 a cura di Bevan M. French (Department of Mineral Sciences - Smithsonian
Institution) dal titolo "Traces of Catastrophe" interamente dedicato ai
fenomeni di metamorfismo da shock associati ai crateri da impatto.
A mio personale giudizio, però, il sito assolutamente da non perdere è quello mantenuto
dalla Commissione Geologica del Canada (http://gdcinfo.agg.nrcan.gc.ca/crater/index.html)
e la sezione proposta è quella dedicata ai crateri da impatto terrestri con interessanti
notizie di carattere generale e molte immagini. Da non trascurare anche la possibilità,
per chi non mastica particolarmente volentieri l'inglese, di accedere dalla homepage alla
versione in lingua francese. Oltre all'elenco delle strutture con i dati caratteristici di
ciascuna (non è aggiornatissimo, ma si tratta comunque di un ottimo punto di partenza per
chi vuole raccogliere informazioni) possiamo accedere alle immagini di un discreto numero
di crateri suddivisi per collocazione geografica.
Altre immagini (raggiungibili da una mappa del mondo cliccabile) si possono osservare
all'indirizzo http://visearth.ucsd.edu/VisE_Int/platetectonics/craterimagemap.html.
Per chi è interessato più che alle immagini alle referenze bibliografiche è altamente
raccomandata una visita all'URL http://www.uwgb.edu/dutchs/planets/impact1.htm: le pagine sono curate
da Steve Dutch del Natural and Applied Sciences, University of Wisconsin - Green Bay
e riportano sia l'elenco (non aggiornatissimo perché fermo a sole 144 strutture), sia -
cosa veramente notevole - almeno un paio di indicazioni bibliografiche per ciascun
cratere. Chi vuole passare interi pomeriggi in biblioteca non ha che da accomodarsi...
Dopo aver segnalato le pagine in grado di fornire una infarinatura
generale sulle problematiche dell'impatto è giunto il momento di indirizzare la nostra
navigazione verso obiettivi più mirati, ricercando nel Web i siti dedicati espressamente
ad un'unica struttura o ad un gruppo ristretto di crateri, alla ricerca di informazioni ed
immagini più specifiche e dettagliate.
Ed il punto di partenza è d'obbligo: il Meteor Crater.
Senza dubbio si tratta della struttura da impatto più nota del pianeta e non poteva
assolutamente mancare l'indicazione sul come raggiungere le pagine ad esso dedicate. Il
sito che mi piace di più è http://www.meteorcrater.com:
si tratta del Sito ufficiale del Meteor Crater e presenta numerose immagini della
struttura craterica e del Museo annesso. Molto interessante intraprendere il Rim Tour, la
visita guidata del cratere, ben corredata di esaurienti spiegazioni scientifiche ed
immagini anche di notevole impatto visivo.
Sempre inerente al Cratere dell'Arizona è il sito http://www.barringercrater.com
dal quale è possibile attingere anche informazioni storiche sulle vicende connesse al
"sogno" dell'ingegner Barringer.
Pagato il pedaggio alla star più famosa, passiamo a segnalare altri lidi interessanti cui
approdare nella nostra navigazione.
Ed iniziamo dalle pagine del Dipartimento di Geologia della Auburn University
(Alabama, USA) (http://www.auburn.edu/academic/science_math/geology/docs/wetumpka/index.html)
dedicate al cratere Wetumpka (6,5 chilometri di diametro, età di circa 80 milioni di
anni), con la possibilità anche qui di un Virtual fiel trip, una visita guidata in 6
tappe alla scoperta degli elementi caratteristici del cratere.
Trasferiamoci ora nel Kentucky (http://nimbus.pa.uky.edu/Ast191/impact.htm) e scopriamo che nel
territorio di questo stato vi sono tre strutture da impatto (Versailles, Middlesboro e
Jeptha Knob, anche se la terza è un po' dubbia...) per le quali vengono presentate
numerose immagini; il reportage è completato anche da alcune mappe geologiche.
E dai crateri del Kentucky andiamo in Virginia per sapere qualcosa di più sulla struttura
di Chesapeake Bay (85 chilometri di diametro): non ci sono immagini, anche perché non è
un cratere visibile, ma molti grafici sui fenomeni geologici che hanno accompagnato e
seguito l'evento che 35 milioni di anni fa ha originato la struttura. Il sito da visitare
è collegato all'US Geological Survey e l'indirizzo da inserire è http//woodshole.er.usgs.gov/epubs/bolide/index.html
Passiamo ora ai crateri canadesi con la segnalazione di un paio di siti: il primo è
mantenuto dalla Johns Hopkins University http://fermi.jhuapl.edu/avhrr/gallery/landforms/craters/craters.html e
permette di accedere ad alcune immagini dei crateri di Manicouagan, Crearwaters Lakes e
New Quebec (due immagini di quest'ultimo sono veramente belle). Ed allo stesso New Quebec
(o Pingualuit secondo un'altra dicitura) è dedicato http://www.pingualuit.com. Il sito è purtroppo ancora in costruzione,
ma quel poco che è stato messo in rete promette bene e va tenuto d'occhio. Per il momento
accontentiamoci di quello che c'è, segnalando in particolare due graziose animazioni
raggiungibili con il link A few years ago...
Con un balzo geografico notevole, ma praticamente irrilevante per il
navigatore della Grande Rete, ci trasferiamo nel continente Africano.
Il sito di partenza è http://www.wits.ac.za/science/geology/crater_research.htm del Dipartimento
di Geologia dell'Università del Witwatersrand in Sud Africa, ricco di informazioni
su numerose strutture africane (Vredefort, Roter Kamm, Pretoria Saltpan, Bosumtwi, BP
Structure, Oasis e Gweni Fada). Uno dei ricercatori che hanno curato il sito è il prof.
W.U. Reimold, autore anche di una interessante analisi del fenomeno degli impatti nel
continente africano consultabile all'URL http://da.saao.ac.za/~wgssa/as2/reimold.html
Restiamo ancora in Sudafrica e visitiamo il sito dello Tswaing Crater Museum, il
museo costruito per valorizzare la struttura craterica omonima (conosciuta anche con il
nome di Pretoria Saltpan o Soutpan). All'indirizzo http://www.hartrao.ac.za/other/tswaing/tswaing.html
possiamo, a poco prezzo, soddisfare la nostra curiosità leggendo una accurata descrizione
dell'origine del cratere, ma anche essere informati sugli orari di apertura del Museo e le
eventuali manifestazioni in programma: hai visto mai che ci capiti di passare di là?
Ma è ormai tempo di riavvicinarci a casa e andare ad osservare cosa ci
propongono i siti europei; sicuramente apparirà perlomeno strana questa decisione di non
transitare per l'Australia e l'Asia, ma ho pronta una spiegazione.
|
Veduta aerea del cratere indiano di Lonar
Il diametro della struttura è 1.83 km e l'età stimata è di circa 50.000 anni. |
A dispetto dell'elevata craterizzazione del continente
australiano, infatti, non mi risulta vi siano pagine espressamente dedicate a qualcuna
delle due dozzine di strutture crateriche da impatto lì rinvenute. Questa carenza è
emersa anzitutto dall'interrogazione dei principali motori di ricerca su un possibile
riferimento a qualche cratere australiano, ma è stata indirettamente confermata dalla
mancanza di links in tal senso persino nel sito dell'Australian Spaceguard Survey,
curato da Michael Paine e consultabile all'indirizzo http://www1.tpgi.com.au/users/tps-seti/spacegd.html
.
Anche per il continente asiatico non sono proprio riuscito a rintracciare nessuna pagina
dedicata a qualche struttura da impatto: è certamente possibile che proprio non ve ne
siano, ma penso che non si debba neppure trascurare l'enorme ostacolo costituto dalle
lingue orientali, che poco si accordano con i consueti motori di ricerca e con le nostre
tastiere. La caccia, comunque, continua...
In Europa il primo sito da visitare è quello collegato al Geological
Survey of Finland che ci propone, partendo da una mappa della Finlandia cliccabile,
la descrizione accurata di 9 strutture da impatto e ci offre anche la possibilità di
vederle da vicino grazie a numerose e significative immagini. L'indirizzo è http://www.gsf.fi/paleo/impacts.html
ed una visita è davvero consigliata.
Sempre in Finlandia è sicuramente da visitare il sito curato da Jarmo Moilanen. Pagine
veramente interessanti che non solo offrono, come il precedente, descrizioni e immagini
delle 9 strutture da impatto finlandesi, ma anche un completo e aggiornato elenco di tutte
le strutture rinvenute sulla Terra, nonché la lista di quei crateri sulla cui origine
ancora non è stata completamente fatta chiarezza. L'indirizzo è http://www.netppl.fi/~jarmom/ .
Restiamo sempre nei Paesi Scandinavi e volgiamo il nostro browser verso il sito specifico
relativo al cratere norvegese di Mjolnir (Mare di Barents), una struttura sottomarina di
una quarantina di chilometri di diametro originatasi 150 milioni di anni fa. Il sito è
curato dal Geophysics Research Group del Dipartimento di Geologia dell'Università di
Oslo ed è raggiungibile all'indirizzo http://www.geologi.uio.no/avdG/mjolnir/mjolnir.html
. Vi si può trovare una accurata descrizione della struttura corredata da interessanti
immagini geologiche.
Nel nostro viaggio di ritorno a casa, abbandonati i freddi paesi del nord, sostiamo
brevemente in Germania per una visita al sito http://www.meridianschool.com/ries/.
Siamo a Nordlingen, la pittoresca cittadina bavarese sulla Strada Romantica, proprio al
centro del Ries crater, il bacino di 24 chilometri originatosi 15 milioni di anni fa, e
scopriamo, tra l'altro, che le rocce cementate dall'impatto sono state egregiamente
impiegate nella costruzione di alcuni edifici. Il sito offre la descrizione e le immagini
di alcuni elementi riconducibili all'impatto.
E siamo giunti al termine del nostro viaggio virtuale alla ricerca dei crateri da impatto,
ma ci sono ancora un paio di indirizzi da segnalare. Non si può, infatti, passare sotto
silenzio l'evento Tunguska, la gigantesca esplosione che il 30 giugno 1908 rase al suolo
oltre 2000 chilometri di foresta siberiana: è pur vero che non vi è alcun cratere sul
terreno, ma si tratta comunque di un episodio fondamentale per chi intende interessarsi
delle problematiche dell'impatto.
Il primo sito da segnalare è quello curato da G. Longo e L. Foschini ospitato dal Dipartimento
di Fisica dell'Università di Bologna ( http://www-th.bo.infn.it/tunguska/ ) veramente ricco di documentazione
(immagini, lavori scientifici e links verso altre pagine sull'argomento).
Ed il secondo è quello preparato da Roy Gallant (Southworth Planetarium - University
of Southern Maine) raggiungibile all'indirizzo http://www.galisteo.com/scripts/tngscript/default.prl
.
A chi, infine, non bastasse ancora quanto ha finora trovato e fosse interessato a
visionare altre immagini è consigliata un'occhiata ad http://www.usm.maine.edu/~planet/picgal.html
e soddisfare così, almeno in parte, la propria legittima curiosità.
Conclusioni
E' davvero molto difficile, al termine di questo viaggio virtuale, trarre delle
conclusioni su quanto si è visto; meno complicato (e forse più elegante) lasciare che a
farlo sia ogni viaggiatore. Mi sia concesso, però, di utilizzare questo spazio per
manifestare una speranza: prima di iniziare mi ero segretamente proposto di sconfiggere un
grosso nemico, vale a dire l'aridità che, inevitabilmente, si accompagna alla
presentazione di un elenco di siti da visionare; ebbene, voglio illudermi di aver portato
a termine in modo positivo questa mia battaglia personale.
E se proprio non fossi riuscito nel mio intento mi permetto, per farmi perdonare,
un'ultima indicazione. All'indirizzo http://www.lpl.arizona.edu/tekton/crater.html
è possibile divertirsi eseguendo on-line degli esperimenti di craterizzazione. H.J.
Melosh e R.A. Beyer, curatori del sito, offrono infatti la possibilità di calcolare le
dimensioni di un cratere di impatto una volta che si siano fissati alcuni parametri (tipo
di impattore, velocità di avvicinamento, caratteristiche del bersaglio) oppure eseguire
l'operazione inversa e risalire, date le dimensioni di un cratere, alle dimensioni del
proiettile.
Buon divertimento! |