Un Tour tra i Crateri

E' la versione-web del mio articolo pubblicato su Nuovo Orione n.106 (marzo 2001).
Poche immagini (solo l'indispensabile), ma con i vari link attivati per la navigazione...

 

Considerazioni prima della partenza...
Fino a un po' di anni fa un titolo di questo tipo avrebbe inevitabilmente indotto il lettore a ritenere di trovarsi di fronte alla descrizione dei fenomeni vulcanici o, in ambito astronomico, di essere in presenza dell'analisi delle caratteristiche superficiali del nostro satellite naturale. La scoperta, poi, che quei crateri di cui si sta parlando sono sulla Terra avrebbe scosso non poco la placida tranquillità con la quale si osserva la volta celeste, convinti come siamo di essere al sicuro da quegli apocalittici sconvolgimenti che movimentano gli astri a zonzo sulla nostra testa.
Questa semplice considerazione mi permette di sottolineare come il fenomeno della craterizzazione da impatto, ben noto e accettato per tutti i corpi del nostro Sistema Solare soprattutto dopo che le missioni spaziali ci hanno inviato immagini di superfici planetarie butterate di crateri proprio come la Luna, non è stato con altrettanto zelo accolto anche per la Terra.
E come poter dare torto a chi si opponeva a tale visione, aggrappato all'illusione di voler mantenere, almeno in questo, un carattere di privilegio per il nostro pianeta, sostenuto in questa sorta di crociata dalla scarsità di indizi a disposizione e dalla possibilità di spiegare (quasi) tutto con i ben noti fenomeni vulcanici, senza dover ipotizzare scenari catastrofici caratterizzati, tra l'altro, da energie per le quali si avevano problemi anche a scegliere le unità di misura più adatte?
Da quando, però, la comunità scientifica ha assimilato l'idea che alcune caratteristiche rinvenute in materiali provenienti da strutture crateriche non potevano essere spiegate se non ricorrendo proprio ad una quantità smisurata di energia, non associabile ai fenomeni vulcanici terrestri, il ritmo di identificazione dei crateri come vestigia di impatti cosmici ha subito un incremento vertiginoso (si veda a tal proposito il grafico a sinistra).
Attualmente le strutture da impatto riconosciute come tali sono oltre 200, ma ogni anno nuovi candidati si aggiungono alla lista, in paziente attesa della definitiva consacrazione una volta che le indagini fisiche e chimiche abbiano fornito ai ricercatori elementi sufficienti a stabilirne l'esatta natura.
Non si può a questo punto non suggerire una annotazione sulla distribuzione geografica di tali strutture: va un po' al di là di quanto mi sono prefissato, ma la ritengo doverosa.
Una lettura anche fugace dei dati proposti in un secondo grafico che mostra appunto tale distribuzione per 212 strutture da impatto (si veda l'immagine sottostante), suggerisce anche al profano che qualcosa non quadra: la concentrazione dei crateri in Europa e nell'America del Nord è perlomeno sospetta.
In questi due continenti, infatti, si colloca quasi il 60% dei crateri, e questo a fronte di una superficie che è circa un quarto di quella complessiva. Questa situazione anomala trova una prima spiegazione nella maggiore stabilità geologica di queste due regioni, ma sicuramente non meno importante è una più intensa attività di ricerca e di studio intrapresa da alcuni paesi in questo particolare settore, considerazione che trova conferma indiretta nel fatto che una sessantina di strutture localizzate nei paesi scandinavi ed una decina nel continente Nord Americano attendono una parola definitiva sulla loro possibile origine impattiva.
Una conferma della loro origine porterebbe a dover riconoscere, se ancora ce ne fosse bisogno, che l'elenco dei crateri terrestri da impatto è ancora ben lontano dall'essere completo!
L'intenzione che anima questo mia lavoro, però, non è presentare una serie di considerazioni storiche o statistiche sul fenomeno della craterizzazione da impatto sulla superficie terrestre, bensì invitare il lettore ad un tour virtuale utilizzando l'immensa risorsa costituita da Internet.
Non ho la pretesa di indicare tutto ciò che si può trovare nella Grande Rete (e chi può farlo?...), ma solamente suggerire alcuni siti nei quali, generalmente spremendo ben bene i motori di ricerca ma talvolta anche con un pizzico di fortuna, mi sono imbattuto nel mio girovagare alla ricerca di notizie sui crateri da impatto terrestri, siti che, per i più volonterosi, possono fungere da base di partenza per altre emozionanti navigazioni e scoperte.

In viaggio...
La prima tappa del nostro viaggio è http://www.solarviews.com/eng/tercrate.htm .
La pagina indicata offre una panoramica sui vari aspetti connessi con i crateri da impatto ed una dozzina di immagini significative accompagnate da una breve descrizione della struttura.
Va detto che il sito, mantenuto dalla Società Astronomica Hawaiana e curato da Calvin J. Hamilton, non si occupa soltanto dei crateri terrestri da impatto, ma dell'intero Sistema Solare (Views of the Solar System) e per questo aspetto sarà già ben noto a qualche assiduo frequentatore delle pagine astronomiche del Web.
Un'altra pagina degna di nota per la chiarezza dell'esposizione è rintracciabile nei meandri dei siti che gravitano intorno alla NASA: http://cass.jsc.nasa.gov/publications/slidesets/impacts.html . Una ventina di immagini con breve descrizione della struttura e dati essenziali (coordinate geografiche, età e dimensioni) accompagnano una completa introduzione al fenomeno della craterizzazione da impatto curata da C. Koeberl e V.L. Sharpton.
Utilizzando in parte l'URL appena inserito possiamo, già che ci siamo, dare un'occhiata al sito del Lunar and Planetary Institute (http://cass.jsc.nasa.gov/lpi.html) e sfruttare la possibilità di consultare e scaricare un esauriente volume edito nel settembre 1998 a cura di Bevan M. French (Department of Mineral Sciences - Smithsonian Institution) dal titolo "Traces of Catastrophe" interamente dedicato ai fenomeni di metamorfismo da shock associati ai crateri da impatto.
A mio personale giudizio, però, il sito assolutamente da non perdere è quello mantenuto dalla Commissione Geologica del Canada (http://gdcinfo.agg.nrcan.gc.ca/crater/index.html) e la sezione proposta è quella dedicata ai crateri da impatto terrestri con interessanti notizie di carattere generale e molte immagini. Da non trascurare anche la possibilità, per chi non mastica particolarmente volentieri l'inglese, di accedere dalla homepage alla versione in lingua francese. Oltre all'elenco delle strutture con i dati caratteristici di ciascuna (non è aggiornatissimo, ma si tratta comunque di un ottimo punto di partenza per chi vuole raccogliere informazioni) possiamo accedere alle immagini di un discreto numero di crateri suddivisi per collocazione geografica.
Altre immagini (raggiungibili da una mappa del mondo cliccabile) si possono osservare all'indirizzo http://visearth.ucsd.edu/VisE_Int/platetectonics/craterimagemap.html.
Per chi è interessato più che alle immagini alle referenze bibliografiche è altamente raccomandata una visita all'URL http://www.uwgb.edu/dutchs/planets/impact1.htm: le pagine sono curate da Steve Dutch del Natural and Applied Sciences, University of Wisconsin - Green Bay e riportano sia l'elenco (non aggiornatissimo perché fermo a sole 144 strutture), sia - cosa veramente notevole - almeno un paio di indicazioni bibliografiche per ciascun cratere. Chi vuole passare interi pomeriggi in biblioteca non ha che da accomodarsi...

Dopo aver segnalato le pagine in grado di fornire una infarinatura generale sulle problematiche dell'impatto è giunto il momento di indirizzare la nostra navigazione verso obiettivi più mirati, ricercando nel Web i siti dedicati espressamente ad un'unica struttura o ad un gruppo ristretto di crateri, alla ricerca di informazioni ed immagini più specifiche e dettagliate.
Ed il punto di partenza è d'obbligo: il Meteor Crater.
Senza dubbio si tratta della struttura da impatto più nota del pianeta e non poteva assolutamente mancare l'indicazione sul come raggiungere le pagine ad esso dedicate. Il sito che mi piace di più è http://www.meteorcrater.com: si tratta del Sito ufficiale del Meteor Crater e presenta numerose immagini della struttura craterica e del Museo annesso. Molto interessante intraprendere il Rim Tour, la visita guidata del cratere, ben corredata di esaurienti spiegazioni scientifiche ed immagini anche di notevole impatto visivo.
Sempre inerente al Cratere dell'Arizona è il sito http://www.barringercrater.com dal quale è possibile attingere anche informazioni storiche sulle vicende connesse al "sogno" dell'ingegner Barringer.
Pagato il pedaggio alla star più famosa, passiamo a segnalare altri lidi interessanti cui approdare nella nostra navigazione.
Ed iniziamo dalle pagine del Dipartimento di Geologia della Auburn University (Alabama, USA) (http://www.auburn.edu/academic/science_math/geology/docs/wetumpka/index.html) dedicate al cratere Wetumpka (6,5 chilometri di diametro, età di circa 80 milioni di anni), con la possibilità anche qui di un Virtual fiel trip, una visita guidata in 6 tappe alla scoperta degli elementi caratteristici del cratere.
Trasferiamoci ora nel Kentucky (http://nimbus.pa.uky.edu/Ast191/impact.htm) e scopriamo che nel territorio di questo stato vi sono tre strutture da impatto (Versailles, Middlesboro e Jeptha Knob, anche se la terza è un po' dubbia...) per le quali vengono presentate numerose immagini; il reportage è completato anche da alcune mappe geologiche.
E dai crateri del Kentucky andiamo in Virginia per sapere qualcosa di più sulla struttura di Chesapeake Bay (85 chilometri di diametro): non ci sono immagini, anche perché non è un cratere visibile, ma molti grafici sui fenomeni geologici che hanno accompagnato e seguito l'evento che 35 milioni di anni fa ha originato la struttura. Il sito da visitare è collegato all'US Geological Survey e l'indirizzo da inserire è http//woodshole.er.usgs.gov/epubs/bolide/index.html
Passiamo ora ai crateri canadesi con la segnalazione di un paio di siti: il primo è mantenuto dalla Johns Hopkins University http://fermi.jhuapl.edu/avhrr/gallery/landforms/craters/craters.html e permette di accedere ad alcune immagini dei crateri di Manicouagan, Crearwaters Lakes e New Quebec (due immagini di quest'ultimo sono veramente belle). Ed allo stesso New Quebec (o Pingualuit secondo un'altra dicitura) è dedicato http://www.pingualuit.com. Il sito è purtroppo ancora in costruzione, ma quel poco che è stato messo in rete promette bene e va tenuto d'occhio. Per il momento accontentiamoci di quello che c'è, segnalando in particolare due graziose animazioni raggiungibili con il link A few years ago...

Con un balzo geografico notevole, ma praticamente irrilevante per il navigatore della Grande Rete, ci trasferiamo nel continente Africano.
Il sito di partenza è http://www.wits.ac.za/science/geology/crater_research.htm del Dipartimento di Geologia dell'Università del Witwatersrand in Sud Africa, ricco di informazioni su numerose strutture africane (Vredefort, Roter Kamm, Pretoria Saltpan, Bosumtwi, BP Structure, Oasis e Gweni Fada). Uno dei ricercatori che hanno curato il sito è il prof. W.U. Reimold, autore anche di una interessante analisi del fenomeno degli impatti nel continente africano consultabile all'URL http://da.saao.ac.za/~wgssa/as2/reimold.html
Restiamo ancora in Sudafrica e visitiamo il sito dello Tswaing Crater Museum, il museo costruito per valorizzare la struttura craterica omonima (conosciuta anche con il nome di Pretoria Saltpan o Soutpan). All'indirizzo http://www.hartrao.ac.za/other/tswaing/tswaing.html possiamo, a poco prezzo, soddisfare la nostra curiosità leggendo una accurata descrizione dell'origine del cratere, ma anche essere informati sugli orari di apertura del Museo e le eventuali manifestazioni in programma: hai visto mai che ci capiti di passare di là?

Ma è ormai tempo di riavvicinarci a casa e andare ad osservare cosa ci propongono i siti europei; sicuramente apparirà perlomeno strana questa decisione di non transitare per l'Australia e l'Asia, ma ho pronta una spiegazione.

Veduta aerea del cratere indiano di Lonar
Il diametro della struttura è 1.83 km e l'età stimata è di circa 50.000 anni.

A dispetto dell'elevata craterizzazione del continente australiano, infatti, non mi risulta vi siano pagine espressamente dedicate a qualcuna delle due dozzine di strutture crateriche da impatto lì rinvenute. Questa carenza è emersa anzitutto dall'interrogazione dei principali motori di ricerca su un possibile riferimento a qualche cratere australiano, ma è stata indirettamente confermata dalla mancanza di links in tal senso persino nel sito dell'Australian Spaceguard Survey, curato da Michael Paine e consultabile all'indirizzo http://www1.tpgi.com.au/users/tps-seti/spacegd.html .
Anche per il continente asiatico non sono proprio riuscito a rintracciare nessuna pagina dedicata a qualche struttura da impatto: è certamente possibile che proprio non ve ne siano, ma penso che non si debba neppure trascurare l'enorme ostacolo costituto dalle lingue orientali, che poco si accordano con i consueti motori di ricerca e con le nostre tastiere. La caccia, comunque, continua...

In Europa il primo sito da visitare è quello collegato al Geological Survey of Finland che ci propone, partendo da una mappa della Finlandia cliccabile, la descrizione accurata di 9 strutture da impatto e ci offre anche la possibilità di vederle da vicino grazie a numerose e significative immagini. L'indirizzo è http://www.gsf.fi/paleo/impacts.html ed una visita è davvero consigliata.
Sempre in Finlandia è sicuramente da visitare il sito curato da Jarmo Moilanen. Pagine veramente interessanti che non solo offrono, come il precedente, descrizioni e immagini delle 9 strutture da impatto finlandesi, ma anche un completo e aggiornato elenco di tutte le strutture rinvenute sulla Terra, nonché la lista di quei crateri sulla cui origine ancora non è stata completamente fatta chiarezza. L'indirizzo è http://www.netppl.fi/~jarmom/ .
Restiamo sempre nei Paesi Scandinavi e volgiamo il nostro browser verso il sito specifico relativo al cratere norvegese di Mjolnir (Mare di Barents), una struttura sottomarina di una quarantina di chilometri di diametro originatasi 150 milioni di anni fa. Il sito è curato dal Geophysics Research Group del Dipartimento di Geologia dell'Università di Oslo ed è raggiungibile all'indirizzo http://www.geologi.uio.no/avdG/mjolnir/mjolnir.html . Vi si può trovare una accurata descrizione della struttura corredata da interessanti immagini geologiche.
Nel nostro viaggio di ritorno a casa, abbandonati i freddi paesi del nord, sostiamo brevemente in Germania per una visita al sito http://www.meridianschool.com/ries/. Siamo a Nordlingen, la pittoresca cittadina bavarese sulla Strada Romantica, proprio al centro del Ries crater, il bacino di 24 chilometri originatosi 15 milioni di anni fa, e scopriamo, tra l'altro, che le rocce cementate dall'impatto sono state egregiamente impiegate nella costruzione di alcuni edifici. Il sito offre la descrizione e le immagini di alcuni elementi riconducibili all'impatto.
E siamo giunti al termine del nostro viaggio virtuale alla ricerca dei crateri da impatto, ma ci sono ancora un paio di indirizzi da segnalare. Non si può, infatti, passare sotto silenzio l'evento Tunguska, la gigantesca esplosione che il 30 giugno 1908 rase al suolo oltre 2000 chilometri di foresta siberiana: è pur vero che non vi è alcun cratere sul terreno, ma si tratta comunque di un episodio fondamentale per chi intende interessarsi delle problematiche dell'impatto.
Il primo sito da segnalare è quello curato da G. Longo e L. Foschini ospitato dal Dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna ( http://www-th.bo.infn.it/tunguska/ ) veramente ricco di documentazione (immagini, lavori scientifici e links verso altre pagine sull'argomento).
Ed il secondo è quello preparato da Roy Gallant (Southworth Planetarium - University of Southern Maine) raggiungibile all'indirizzo http://www.galisteo.com/scripts/tngscript/default.prl .
A chi, infine, non bastasse ancora quanto ha finora trovato e fosse interessato a visionare altre immagini è consigliata un'occhiata ad http://www.usm.maine.edu/~planet/picgal.html e soddisfare così, almeno in parte, la propria legittima curiosità.

Conclusioni
E' davvero molto difficile, al termine di questo viaggio virtuale, trarre delle conclusioni su quanto si è visto; meno complicato (e forse più elegante) lasciare che a farlo sia ogni viaggiatore. Mi sia concesso, però, di utilizzare questo spazio per manifestare una speranza: prima di iniziare mi ero segretamente proposto di sconfiggere un grosso nemico, vale a dire l'aridità che, inevitabilmente, si accompagna alla presentazione di un elenco di siti da visionare; ebbene, voglio illudermi di aver portato a termine in modo positivo questa mia battaglia personale.
E se proprio non fossi riuscito nel mio intento mi permetto, per farmi perdonare, un'ultima indicazione. All'indirizzo http://www.lpl.arizona.edu/tekton/crater.html è possibile divertirsi eseguendo on-line degli esperimenti di craterizzazione. H.J. Melosh e R.A. Beyer, curatori del sito, offrono infatti la possibilità di calcolare le dimensioni di un cratere di impatto una volta che si siano fissati alcuni parametri (tipo di impattore, velocità di avvicinamento, caratteristiche del bersaglio) oppure eseguire l'operazione inversa e risalire, date le dimensioni di un cratere, alle dimensioni del proiettile.
Buon divertimento!

 


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