Gli impatti cosmici
hanno giocato un ruolo
fondamentale nell'evoluzione dell'umanità
Liverpool John Moores University
Comunicato stampa del 17 aprile 2001
La teoria che ipotizza un'evoluzione dell'uomo graduale
e ininterrotta è stata messa in discussione dopo che due ricercatori hanno trovato come
l'evoluzione umana sia stata ripetutamente interrotta da catastrofi cosmiche di vaste
proporzioni. Uno dei maggiori problemi che hanno assillato generazioni di ricercatori riguarda il fatto che quasi tutti gli ominidi (vale a dire le 14 specie conosciute dei progenitori dell'uomo moderno) si sono completamente estinti durante gli ultimi 5 milioni di anni. Da Charles Darwin in poi, la spiegazione prevalente è stata che i nostri antenati sono stati lentamente e gradatamente soppiantati da specie più avanzate a causa del loro inadeguato patrimonio genetico e della loro incapacità di adattamento, e pertanto l'uomo moderno è sopravvissuto grazie alla sua maggiore idoneità. Negli ultimi anni, tuttavia, i ricercatori hanno iniziato a rendersi conto che i dati provenienti dai fossili non mostrano cambiamenti graduali, bensì repentini. Ma ancora non si è riusciti a stabilire né le cause per queste improvvise interruzioni nelle testimonianze dei fossili né le dinamiche che hanno governato le estinzioni degli ominidi. Il dr. Benny Peiser, un antropologo della Liverpool John
Moores University, e Michael Paine, ricercatore australiano esperto di
impatti della Planetary Society, hanno avanzato una nuova idea che può contribuire a
risolvere il mistero: Peiser e Paine ritengono che la causa più probabile per
l'estinzione degli ominidi possa essere identificata con una delle 20 e più catastrofi
imputabili ad impatti cosmici che hanno devastato l'intero pianeta negli ultimi 5 milioni
di anni. "Il motivo per il quale l'Homo sapiens è sopravvissuto nonostante questi
disastri globali ha ben poco a che fare con le tradizionali spiegazioni date dai
neo-Darwinisti. Dobbiamo seriamente convincerci che siamo vivi grazie ad una fortuna
cosmica piuttosto che al nostro bagaglio genetico." dice B. Peiser. I grandi impatti non solo causano gravi scompensi climatici (principalmente oscurità e
raffreddamento), ma possono anche innescare la perdita dello strato di ozono (in
particolare con gli impatti oceanici che sospingono il cloro fin nell'alta atmosfera) e
violente piogge acide e tossiche. Le conclusioni sono basate sui calcoli effettuati considerando il "tasso di
craterizzazione" generalmente accettato (vale a dire il ritmo di impatti cosmici
calcolato dal conteggio dei crateri lunari e terrestri correlato con l'attuale flusso
osservabile di asteroidi e comete nel sistema solare).
Per ciascuna di queste categorie, eccetto che per
l'ultima, gli effetti sulla primitiva popolazione umana dipendono dalla vicinanza al luogo
dell'impatto - pura questione di fortuna. Oltre allo scompiglio climatico (soprattutto
oscurità e freddo), gli impatti di maggiori dimensioni potrebbero inoltre portare ad un
riscaldamento globale causato dall'effetto serra (acqua e anidride carbonica), la perdita
dello strato di ozono, il verificarsi di piogge acide e tossiche. Il programma considera e identifica 5 esiti per una collisione di una cometa o di un asteroide con la Terra:
Durante l'intera simulazione, circa il 57% dei millenni è stato interessato da un impatto che avrebbe potuto potenzialmente interessare gli esseri viventi della terraferma. Nella maggioranza dei casi sarebbero stati coinvolti soltanto quelli più vicini al luogo dell'impatto. Ben differente è la situazione attuale, con una significativa frazione della attuale popolazione che risiede nelle zone costiere. Dimensioni dell'impattore (le lettere indicano le conseguenze ambientali ad esso associabili):
Crateri (le lettere indicano le conseguenze
ambientali):
La simulazione ha inoltre suggerito 6 impatti oceanici che avrebbero
potuto causare moderate o gravi conseguenze climatiche (D/E), in particolare la
distruzione dello strato di ozono. Tre di questi impatti hanno comportato la formazione di
un cratere transiente con diametro superiore a 50 km, interessando probabilmente in tal
modo il fondo oceanico. Le conclusioni di Peiser e Paine sono supportate dall'identificazione di un significativo numero di grandi crateri da impatto terrestri. Sono 32 i crateri più giovani di 5 milioni di anni finora scoperti. Uno ha un diametro di 52 km, 3 tra 10 e 20 km, 1 tra 5 e 10 km e 25 hanno diametro inferiore a 5 km. Bisogna tuttavia sottolineare che per preservare per più di qualche centinaio di migliaia di anni dei crateri di queste dimensioni sono necessarie condizioni ambientali veramente eccezionali. Materiale aggiuntivo è reperibile consultando il sito |
| Indietro |