Un asteroide
potrebbe
aver creato le Hawaii
di Michael Paine
Non è certamente gradevole il fatto che, ogni qualche
milione di anni, un asteroide colpisca il nostro pianeta. E' ancor meno gradevole,
poi, se per questo impatto si inneschi un'attività vulcanica su scala regionale o
globale, evento che non è solo pericoloso per le piante e gli animali delle zone
limitrofe, ma può rendere irrespirabile per mesi o anni l'intera atmosfera della Terra
inondandola di gas mortali. Ma ci può essere anche un gradevole rovescio della medaglia, come la nascita di posti piacevoli come le Hawaii. Per più di trent'anni, gli scienziati hanno indagato sulla possibilità che l'impatto di un asteroide potesse innescare significative eruzioni vulcaniche, "punti caldi" che si generano dove prima non c'era nulla e creano nuovi territori o riorganizzano quelli già esistenti. Un simile processo, ad esempio, potrebbe aver dato origine alle isole hawaiane. Andrew Glikson, un ricercatore dell'Australian National University che
si occupa dell'individuazione degli antichi crateri da impatto, sostiene che i grandi
crateri trovati finora sulla Terra rappresentano soltanto circa un quinto del numero reale
di impatti di maggiori dimensioni che si pensa debbano essersi verificati nel corso degli
ultimi 3,8 miliardi di anni. Glikson calcola che durante quel periodo è
probabile che si siano verificati almeno 10 impatti in grado di produrre crateri con
diametro superiore a 200 chilometri e 30 impatti in grado di originare crateri con
dimensioni superiori a 100 chilometri. Sostiene inoltre che almeno il 50 per
cento di questi impatti sarebbe avvenuto nelle antiche zone oceaniche, dove la crosta
terrestre era molto più sottile di quella continentale e, in particolare, circa 10 per
cento avrebbero colpito la sottilissima crosta che caratterizza le dorsali medio
oceaniche. Ma Jay Melosh, un esperto di crateri dell'Università dell'Arizona, ha avanzato dei dubbi sul collegamento fra gli asteroidi ed i vulcani illustrando il suo punto di vista al Congresso Internazionale sugli Eventi Catastrofici tenutosi lo scorso luglio a Vienna: "Non vi è un solo caso sicuro di vulcanesimo indotto dagli impatti, sia nelle immediate vicinanze di un impatto sia agli antipodi. La possibilità di vulcanesimo indotto da un impatto deve quindi essere considerata con estremo scetticismo." Mark Boslough ed i suoi colleghi dei Sandia National Laboratories
hanno analizzato numerosi modelli di impatto ed in uno studio del 1996 hanno sostenuto che
l'energia sismica proveniente da un impatto attraverserebbe l'intero globo terrestre e
verrebbe focalizzata agli antipodi dell'impatto, nella zona di confine tra il mantello,
fuso e ad elevata temperatura, e la crosta superficiale. Dallas Abbott (Columbia University, New York) ha scelto un differente
approccio al problema. Incrociando i dati terrestri e la craterizzazione dalla Luna,
che conserva praticamente intatta la registrazione del bombardamento cosmico di quasi 4
miliardi di anni, Abbott ha analizzato la sincronizzazione dei grandi impatti rispetto
alle eruzioni vulcaniche importanti trovando una forte correlazione fra i due fenomeni,
tanto che ipotizza che i grandi impatti rinforzino i fenomeni vulcanici del mantello. Articolo completo (in inglese) al sito di Space.com: Home page dell'autore: |
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