Tsunami Italiani

 

Dovendo parlare dello tsunami è certamente giusto dare grande risalto alle manifestazioni più eclatanti e disastrose del fenomeno citando inevitabilmente le regioni che più di tutte al mondo sono tristemente flagellate dalla grande onda (e mi riferisco soprattutto alle Hawaii, al Giappone e all'Alaska), ma ritengo interessante citare anche quanto è avvenuto in casa nostra.
Anche l'Italia è, infatti, zona potenzialmente soggetta agli tsunami, non fosse altro che per la sua posizione peninsulare e per l'alta sismicità di alcune regioni.
Gli episodi di tsunami più imponenti (ma anche altri di minore intensità) hanno colpito l'Italia meridionale, specialmente le coste pugliesi, siciliane e calabresi, e possono essere riferiti ai terremoti verificatisi negli anni 1627, 1693, 1783 e 1908.

Lo tsunami garganico del 1627.
Si tratta di uno dei maggiori tsunami che hanno interessato le coste italiane dell'Adriatico meridionale e si verificò il 30 luglio 1627 interessando il promontorio del Gargano.
Lo tsunami fu innescato da un terremoto (undicesimo grado della scala Mercalli) con epicentro a nord-est di San Severo (5.000 furono complessivamente le vittime imputabili direttamente al sisma) e colpì la zona costiera tra Fortore e San Nicandro, nei pressi del Lago di Lesina nel Gargano Settentrionale.
La zona, dopo un primo ritiro delle acque, venne completamente sommersa dal mare.  Il fronte d'acqua associato allo tsunami deve essere stato veramente impressionante: cronache dell'epoca riferiscono che la città costiera di Termoli "precipitò" nel mare; sicuramente si tratta di un'iperbole letteraria, ma rende molto bene la drammaticità dei fatti.
Anche altre città furono interessate dall'evento.  A Manfredonia, città costiera uscita praticamente indenne dagli effetti del terremoto, si registrò un runup dell'ordine di 2-3 metri.
Un'importante considerazione (E. Guidoboni e S: Tinti - A review of the historical 1627 tsunami in the Southern Adriatic, Tsunami Hazards vol.6 n.1, 11; 1988) riguarda l'estrema pericolosità dell'evento se dovesse ripetersi ai giorni nostri.
La zona interessata, infatti, praticamente disabitata all'epoca dell'evento, è oggi sede di un forte insediamento abitativo e numerose strutture turistiche sono sorte a ridosso della costa.
Terribile sarebbe il pedaggio da pagare sia in perdite di vite umane sia in danni economici al patrimonio per la distruzione generalizzata che deriverebbe dal verificarsi di un terremoto/tsunami analogo a quello del 1627.

Il giorno 11 gennaio 1693 si verificò in Val di Noto (Sicilia orientale) un terremoto di magnitudo 6.8 che causò la morte di 70.000 persone e la distruzione pressoché totale di villaggi e cittadine nelle provincie di Siracusa, Ragusa e Catania; in quell'occasione Catania, Augusta e Messina furono colpite anche da uno tsunami che buttò sulla spiaggia numerose imbarcazioni e causò danni al monastero di S. Domenico in Augusta.

Nel febbraio 1783 la Calabria sperimentò la più violenta e persistente sequenza di terremoti di cui si abbia memoria negli ultimi duemila anni.
Il giorno 5 febbraio venne dato l'avvio a tale terribile sequenza con un terremoto che danneggiò circa 400 paesi causando 25.000 vittime, gran parte delle quali causate dall'incendio che si sviluppò dopo il sisma nella città di Messina.
Lo tsunami innescato dal terremoto colpì duramente le coste calabresi da Messina a Torre del Faro e da Cenidio a Scilla.
Messina, Reggio Calabria , Roccella Ionica, Scilla e Catona ebbero le strade allagate e l'acqua del mare si addentrò nella terraferma per quasi due chilometri.
Il giorno seguente si verificò una seconda scossa tellurica e il conseguente tsunami provocò un grandissimo numero di vittime, soprattutto nella Calabria meridionale (Scilla): la particolarità di questo tsunami è che non venne innescato direttamente dalla scossa di terremoto, ma dallo scivolamento in mare di una parte del Monte Paci.
Molti abitanti di Scilla, spaventati dalla terribile sequenza delle scosse, cercarono rifugio sulla spiaggia, ma qui vennero sorprese dalla terribile ondata alta fino ai tetti delle case: le vittime in seguito allo tsunami furono oltre 1.500.
Il massimo runup (9 metri) venne registrato a Marina Grande (Scilla), ma in molte altre località (Peloro, Torre del Faro, Punta del Pezzo) il fronte d'acqua raggiunse la già notevole altezza di circa 6 metri.

E siamo giunti forse al più intenso dei terremoti che mai siano avvenuti in Italia, vale a dire a quello che il 28 dicembre 1908 (undicesimo grado della scala Mercalli) causò la completa distruzione di Messina, Reggio Calabria e di molte altre località siciliane e calabresi.
Non si trattò di una scossa isolata, dal momento che durante i tre giorni successivi ci furono oltre sessanta repliche di minore intensità e ben duemila furono le scosse di assestamento registrate nei due anni seguenti.
Per Messina il bilancio fu tragico: 70.000 morti su una popolazione di 170.000 abitanti e oltre il 90% degli edifici distrutto.
Il sisma provocò un violentissimo tsunami, in assoluto il più grande mai registrato nel nostro Paese, che ovunque si manifestò con un iniziale ritirarsi delle acque del mare seguito dopo pochi minuti da almeno tre grandi ondate che portarono ovunque distruzione e morte.
Le località più duramente colpite furono Pellaro, Lazzaro e Gallico sulle coste calabresi e Riposto, S. Alessio, Briga e Paradiso su quelle siciliane.
I maggiori runup furono registrati a S. Alessio (11.7 metri) e a Pellaro (13 metri), ma in molte altre località l'altezza dell'onda fu di 8-10 metri, e dovunque le case situate nelle vicinanze della spiaggia vennero spazzate via dall'impeto dell'onda.

Alcune immagini scattate dal prof. G. Platania in occasione dello spaventoso tsunami del 1908 ci aiutano a ricostruire le dimensioni dell'evento.

Il porto di Messina dopo lo tsunami del 1908.

Barche e pontili distrutti nel porto di Messina.

Pellaro, 1908.
In questa località si registrò il runup più elevato: 13 metri.

 

Mi sia consentito, al termine di questa scarna carrellata, un sentito ringraziamento al dott. Pierpaolo Pierri in forza all'Osservatorio Sismologico dell'Università di Bari che mi ha fornito interessanti notizie e utilissime segnalazioni bibliografiche relative allo tsunami garganico del 1627.

 

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