Nella descrizione delle cause che
possono innescare uno tsunami si è detto che esse vanno ricercate in quei fenomeni in
grado di imprimere ad una grande massa d'acqua un movimento verticale sufficientemente
esteso da generare l'onda oceanica.
Si è visto come al primo posto tra le cause generatrici di tsunami siano certamente da
collocare i fenomeni sismici sottomarini (o comunque con epicentro prossimo alla costa),
ma si è anche sottolineato che l'origine sismica non è la sola a dover essere
considerata: in queste pagine intendo occuparmi degli tsunami innescati da una particolare
tipologia di eruzioni vulcaniche.
E' noto che, generalmente, un'eruzione vulcanica è preceduta e accompagnata da
manifestazioni sismiche anche di notevoli intensità e questa semplice considerazione ci
porta senza ombra di dubbio a dover catalogare anche i fenomeni vulcanici quali possibili
cause del verificarsi di tsunami, possibilità che diventa certezza nel caso in cui la
struttura vulcanica sia localizzata su piccole isole o in prossimità della costa.
Vi sono, però, particolari manifestazioni dell'attività vulcanica che si prestano a
diventare causa scatenante di giganteschi tsunami e mi riferisco a quelle eruzioni
vulcaniche che potremmo sinteticamente definire "esplosive" che si verificano in
prossimità del mare.
Premetto che non è mia intenzione entrare nei dettagli in merito ai fenomeni vulcanici
(tra l'altro non è proprio il mio campo di indagine e non mi trovo completamente a mio
agio
), ma solamente dare alcuni cenni che possano permettere di comprendere a grandi
linee le fasi di un evento eruttivo.
Per chi intendesse approfondire la conoscenza dei vulcani segnalo alcuni link a mio parere
veramente interessanti (ma molti altri si possono reperire nel Web con l'impiego di un
qualsiasi motore di ricerca):
Le Pagine Didattiche
a cura del Gruppo Nazionale Vulcanologia
Il sito dell'Osservatorio Vesuviano di
Napoli
Il sito The Volcano World
Il sito NASA Classroom of
the Future dedicato al vulcanesimo.
In modo molto schematico possiamo distinguere
due differenti comportamenti di un vulcano in eruzione: possiamo assistere ad un
tranquilla situazione di tipo effusivo o ad una più spettacolare e violenta
classificabile come esplosiva.
Nel primo caso l'espulsione di magma dal cono vulcanico (colata lavica) si presenta come
un processo tutto sommato tranquillo, che porta ad un accumulo di materiali intorno alla
bocca vulcanica ed al conseguente innalzamento della struttura vulcanica stessa.
Nel caso, invece, di eruzioni esplosive assistiamo al lancio di frammenti di magma
solidificato a grandi altezze (frammenti piroclastici) ed al loro successivo depositarsi
su una superficie più o meno vasta intorno alla bocca vulcanica dopo aver percorso
traiettorie balistiche sotto l'azione della forza di gravità.
Quando si verificano eruzioni altamente esplosive accompagnate da una massiccia espulsione
di materiali può accadere che si giunga allo svuotamento della camera magmatica (il
serbatoio cui attinge il vulcano) ed al conseguente collasso delle pareti del cono
vulcanico: si forma in tal modo una struttura denominata caldera, una grande
voragine (anche centinaia di Km quadrati) di forma solitamente circolare o ellittica
caratterizzata da pareti quasi verticali ed al cui interno non è raro si possa formare un
lago.
Se un'eruzione esplosiva ed il susseguente
collasso coinvolge strutture vulcaniche sulla terraferma le conseguenze sono soprattutto
di natura sismica, ma allorché il fenomeno si verifica in presenza di acqua le cose
cambiano, e parecchio.
Quando il magma vulcanico viene a contatto e interagisce con acqua (sia essa di origine
marina o proveniente da falde sotterranee) si parla di attività idrovulcanica: l'effetto
immediato di tale interazione è il surriscaldamento, l'ebollizione e la vaporizzazione
dell'acqua, situazione che sfocia nell'innalzamento della pressione e nella violenta
espansione (esplosione) del gas prodotto.
Dal punto di vista fisico si tratta di una trasformazione dell'energia: si passa
dall'energia termica posseduta dal magma incandescente a quella meccanica insita
nell'esplosione. Tale trasformazione sarà caratterizzata da una maggiore o minore
efficienza a seconda del rapporto tra le quantità di magma ed acqua che vengono a
contatto.
Per avere un'idea più precisa di ciò che può comportare il verificarsi di tali eventi
esplosivi esaminiamo dunque quanto è accaduto al vulcano Krakatau.
KRAKATAU 1883
Prima della sua completa distruzione avvenuta
nel 1883, l'isola Krakatau - dizione considerata più corretta di Krakatoa, usata fino a
qualche tempo fa - si ergeva sul mare dello stretto della Sonda tra le isole di Giava e
Sumatra.
|
Collocazione geografica dell'Isola Krakatau
nel Mar della Sonda. |
La zona appartiene alla cintura vulcanica della Sonda, che deve la sua
origine al fenomeno della subduzione tra due placche tettoniche, in altre parole allo
scivolamento della placca tettonica Indiano-Australiana al di sotto di quella Eurasiana.
Verso il 416 d.C. una violentissima esplosione (la prima di cui si abbia un ricordo
storico) distrusse il vulcano formando una caldera di 7 chilometri di diametro e
lasciando, quali testimoni di questo cataclisma, le isole di Verlaten, Lang e Krakatoa.
Quest'ultima, le cui dimensioni erano di 5 chilometri per 9, ospitava tre cime vulcaniche
allineate in direzione nord-sud: il Perbuwatan (circa 90 metri), il Danan (400 m) ed il
Rakata (800 m).
Nei primi mesi del 1883, dopo circa 200 anni di inattività, il vulcano Perbuwatan si
destò: una forte scossa di terremoto segnalò che qualcosa stava per succedere...
L'attività sismica divenne più intensa a partire dal 20 maggio, quando il vulcano
riprese in pieno la sua attività eruttiva e sulla sua cima troneggiava una colonna di
polveri alta 11 chilometri; circa 30 giorni più tardi la stessa cima del Perbuwatan venne
distrutta da una forte esplosione e la colonna eruttiva venne stimata in circa 20
chilometri (e forse più).
Nei primi giorni di agosto entrò in attività anche il Danan: era il chiaro segnale che
la tranquillità dell'intero complesso vulcanico dell'isola Krakatau era definitivamente
terminata.
L'azione del sistema vulcanico raggiunse il culmine il 26 agosto 1883 quando, a causa
dell'ostruzione della bocca principale, si verificò la prima di una serie di altre
terribili esplosioni. La nube di cenere si levò 27 chilometri al di sopra dell'isola
Krakatau: uno spettacolo imponente, ma si trattava solamente delle prove generali per ciò
che sarebbe accaduto il giorno seguente.
Il 27 agosto 1883, infatti, l'attività parossistica raggiunse il culmine e si
verificarono quattro violente esplosioni (rispettivamente alle 5:30, 6:44, 10:02 e 10:52
ora locale). L'episodio delle 10:02 fu il più violento di tutti, tanto che ben due
terzi dell'isola furono spazzati via dall'esplosione e la variazione di pressione indotta
venne registrata alle 10:15 dagli strumenti dell'impianto di produzione del gas di
Batavia: è stato valutato che il volume dei materiali eiettati dall'eruzione sia stato di
circa 21 km3 e si ritiene che almeno 1.5 km3
di polveri siano stati sospinti fino a 27 chilometri di altezza.
Più dei dati, può raccontarci in modo estremamente eloquente l'immane cataclisma che ha
sconvolto l'isola un confronto tra due semplici disegni che la raffigurano prima e dopo il
27 agosto 1883.
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A sinistra possiamo avere un'idea dell'isola com'era prima del 1883, mentre
nell'immagine a destra è raffigurata l'isola come è adesso.
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Dell'isola tropicale originaria, dunque, rimase solamente qualche
brandello ed un enorme buco di una decina di km profondo 300 metri, immediatamente
occupato dall'acqua dell'Oceano.
La causa di tutto ciò può essere ricercata nel collasso della camera vulcanica del
sistema Krakatau e nella conseguente formazione di una immensa caldera sottomarina: il
contatto tra l'acqua dell'oceano ed il magma ha innescato quei fenomeni idrovulcanici
descritti poc'anzi, sfociati nella violentissima e distruttiva esplosione dell'intera
isola, un evento la cui energia è stata stimata equivalente a 150 Mton.
L'intensità distruttiva di una eruzione viene espressa numericamente dall'indice di
esplosività (Volcanic Explosivity Index o VEI) attribuito all'evento,
indice che per l'eruzione del Krakatau viene solitamente fissato in 6, collocando in tal
modo l'episodio tra quelli più violenti verificatisi sul nostro pianeta in tempi moderni.
La tabella seguente mostra le caratteristiche delle eruzioni vulcaniche correlate
all'indice VEI:
VEI |
Altezza (1) |
Volume (2) |
Classificazione |
Esempio |
0 |
< 100 m |
1000 m3 |
Hawaiana |
Kilauea |
1 |
100 m - 1 km |
10.000 m3 |
Hawaiana/Stromboliana |
Stromboli |
2 |
1 - 5 km |
1.000.000 m3 |
Stromboliana/Vulcaniana |
Galeras, 1992 |
3 |
3 - 15 km |
10.000.000 m3 |
Vulcaniana |
Ruiz, 1985 |
4 |
10 - 25 km |
100.000.0000 m3 |
Vulcaniana/Pliniana |
Galunggung, 1982 |
5 |
> 25 km |
1 km3 |
Pliniana |
St. Helens, 1981 |
6 |
> 25 km |
10 km3 |
Pliniana/Ultra-Pliniana |
Krakatau, 1883 |
7 |
> 25 km |
100 km3 |
Ultra-Pliniana |
Tambora, 1815 |
8 |
> 25 km |
1000 km3 |
Ultra-Pliniana |
Yellowstone |
(1) altezza della nube vulcanica
(2) volume dei materiali espulsi
Gli effetti dell'esplosione del Krakatau si
ripercossero su scala mondiale: il rombo dell'esplosione fu udito fino all'Isola Rodriguez
nell'Oceano Indiano (ad una distanza di 4650 chilometri), la cenere cadde su Singapore
(840 chilometri a nord), sulle Isole Cocos (nell'Oceano Pacifico a 1150 km di distanza) e,
trasportata in alta quota, raggiunse persino la città di New York.
L'onda di pressione originata dallo scoppio venne registrata dai barografi di tutto il
mondo, che segnalarono almeno 7 suoi passaggi nei 5 giorni seguenti all'esplosione.
Lo stretto della Sonda fu immerso nell'oscurità fino al giorno seguente.
Il velo di polvere e cenere trasportate dalle correnti nell'alta atmosfera fino ad una
quota di 80 chilometri originò spettacolari effetti cromatici all'alba e al tramonto,
comportandosi come un vero e proprio filtro per la radiazione solare; questione ancora
dibattuta è se tale filtro possa aver determinato o meno un abbassamento globale della
temperatura sull'intero pianeta.
Lo scenario apocalittico che ho succintamente
tratteggiato è reso ancor più drammatico allorché consideriamo il tragico bilancio di
vite umane in seguito allo tsunami innescato dall'esplosione.
L'enorme voragine apertasi nel Mare della Sonda venne infatti immediatamente riempita
dalle acque ed il loro rimbalzo elastico originò una terribile onda oceanica. In pochi
minuti essa raggiunse le coste di Giava, Sumatra e delle isole che si affacciavano sullo
stretto della Sonda riversandosi sulle popolazioni dei villaggi costieri con muri d'acqua
alti quasi 40 metri: si stima che più di 300 fra città e villaggi furono sommersi e ben
36.000 persone trovarono la morte in quell'evento.
L'isola di Calymer, immediatamente a ovest di Krakatau, venne completamente sommersa dalle
acque; stessa sorte capitò alla cittadina di Teluk Batung nell'Isola di Sumatra (baia di
Lampung) completamente ricoperta dalle acque con i suoi 5000 abitanti e addirittura
scavalcata da una nave da guerra olandese, la Berouw, depositata dalle onde oltre un km e
mezzo oltre il villaggio verso l'interno dell'isola.
Due ore dopo l'esplosione le onde irruppero nel porto di Giakarta (allora si chiamava
Batavia) distruggendo 6000 navi qui ormeggiate, da piccoli battelli fino a vapori di
maggiori dimensioni; sette ore più tardi anche il porto di Calcutta (India) fu
interessato dallo tsunami, che travolse e affondò 3000 battelli fluviali.
Onde anomale di minore intensità furono registrate negli oceani di tutto il globo:
raggiunsero Aden in 12 ore (la distanza è di oltre 7.000 km) e provocarono qualche danno
persino a Port Elizabeth (Sud Africa), a 8000 km di distanza dal Krakatau, dove molte navi
ruppero gli ormeggi.
Nell'immagine è mostrata la situazione
topografica della zona ai nostri giorni: in essa è stato tratteggiato il profilo
dell'isola prima di quel tragico 26 agosto 1883.
Le isole di Verlaten e Lang sono i resti dell'esplosione del vulcano avvenuta nel 416 a.C.
e segnano il contorno della caldera originatasi in quella circostanza.
Alcune parole vanno spese a proposito dell'isoletta Anak Krakatau: la traduzione letterale
del toponimo è "Figlio di Krakatau" e si tratta di una piccola isola vulcanica
emersa dal mare a seguito di frequenti eruzioni di modesta entità verificatesi a partire
dal 1927.
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Veduta aerea di Anak Krakatau |
Le misurazioni dell'isola effettuate da una spedizione scientifica del
1960 ci dicono che il diametro di Anak Krakatau è di circa 1,5 km, la sua altezza sul
livello del mare è 166 metri e la parte sud è completamente occupata da un cratere
vulcanico di 600 metri di diametro, tuttora sede di fenomeni eruttivi.
E non nego che l'idea che subito mi è balzata in mente (forse banale, ma forse non del
tutto
) è che il Krakatau sia di nuovo indaffarato a prepararsi il terreno per un
nuovo gigantesco spettacolo pirotecnico, sperando, però, che questa volta si riesca a
limitarne drasticamente l'effetto, almeno per quanto riguarda il tragico bilancio in vite
umane
Nota conclusiva
e nuovi orizzonti
E' quasi inevitabile, parlando di un'isola distrutta da una esplosione vulcanica, che
il pensiero corra ad un altro episodio storico, molto più antico del evento-Krakatau,
decisamente più enigmatico e misterioso, a mio avviso di cruciale importanza dal punto di
vista storico e culturale, anche se talvolta è citato a sproposito e con modalità troppo
fantastiche: mi riferisco a quanto è accaduto a Thera (conosciuta anche come Santorini)
nel 1628 a.C.
Il tema è senza dubbio invitante, ma trattarlo in questa sezione del mio sito dedicata
allo tsunami (sia esso di origine vulcanica oppure no) mi sembrava troppo riduttivo.
Ho quindi pensato di dedicare all'argomento altre pagine, per le quali ho scelto il
titolo, volutamente provocatorio, di Atlantide e alle quali rimando chi
fosse interessato a saperne di più
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