ANNO XIII - NUMERO 37
2° SEMESTRE 2005
Alle ore 5 1/4 del mattino, un quarto d'ora innanzi la levata del sole del giorno 31 Agosto 1872, spirando un leggerissimo vento di nord, segnando il termometro dell'osservatorio 18° centigradi, ed il barometro 762 mm con cielo chiarissimo, fu visto avanzarsi dalla marina nella direzione approssimata di SSE verso NNE, per l'orizzonte romano, una luminosa meteora, ossia un Uranolito, che entrando sul continente presso il Capo Circello andò ad estinguersi con orrendo fragore presso Orvinio ai confini della Sabina.
Così scriveva G. Stanislao Ferrari S.J. dell'Osservatorio Pontificio del Collegio Romano, mentre il Reverendo
Don Valentino Valentini, arciprete di Orvinio, aggiungeva questo:
" Il fenomeno qui fu veramente sorprendente, ed atterrò molti contadini che si ritrovavano nella campagna, e qualcuno rimase privo dè
sensi per qualche tempo, per i sassi infocati che cadevano vicino, e che prendevano per folgori a ciel sereno. "
Figura 1 - Due meteoriti provenienti dalla caduta di Orvinio conservati di presso il Museo Mineralogico dell'Università La Sapienza di Roma. L'immagine è rimpicciolita; cliccatela per aprirla a tutta apertura (1409 x 887 pixel).
Domenica 1 Settembre 1872 l'Osservatore Romano pubblicava in prima pagina il bollettino meteorologico quotidiano, però in questa uscita c'era una laconica nota che diceva " Questa mattina, 31 Agosto, verso le ore cinque e un quarto, apparizione di un magnifico bolide. La sua traiettoria è stata dal sud a nord, nord-est con moto lentissimo. Ha lasciato dietro di sé una grandissima striscia luminosa ed ha terminato con tre detonazioni. Lo stesso fenomeno è stato osservato pure a Velletri ".
Il giorno 3 Settembre il giornale ritornava sull'evento con la pubblicazione di un articolo del Direttore dell'Osservatorio, il famoso astronomo Padre Angelo Secchi. Oltre all'articolo c'era pubblicata anche una lettera inviata all'astronomo in data 1 Settembre da parte del geologo Michele Stefano De Rossi. In base alle informazioni raccolte, Padre Secchi descriveva nell'articolo l'osservazione della meteora da Roma come una meteora piccola, all'inizio, di colore rossastro che si muoveva da sud - sud - est verso nord - nord - est mentre il suo volume e luminosità aumentava, lasciando dietro di se una scia fumosa color scuro. Arrivata ad un certo punto la meteora si accese vivamente diventando grande quasi come la luna piena e sparì lasciando una nube allungata che presto si distorse come un enorme serpente. Pochi minuti dopo, circa 4 secondo varie stime, si udì una violenta detonazione seguita da altre due più vicine e minori. La detonazione maggiore fece un rumore sordo, come una mina, diversa da un qualsiasi tuono o cannonata, seguita poi da un rombo di altre detonazioni minori, come un fuoco di moschetteria. I testimoni pensarono ad uno scoppio di una polveriera. Sempre Secchi prosegue dicendo che il bolide fu visto anche da Velletri, Albano, Grottaferrata, Zagarolo e Frascati e in queste zone le detonazioni furono molto più forti, visto che i testimoni dissero che i vetri delle finestre e le porte delle camere furono scosse dalle detonazioni. A Zagarolo il fenomeno fu molto più imponente visto che un testimone, trovandosi a letto verso l'ora dell'evento, sentì lo scoppio come di una grossa cannonata a poca distanza che fece tremare tutta la casa e movendo il letto con effetto sussultorio. Lo scoppio fu accompagnato da un rombo in allontanamento. Ad un tratto altri testimoni urlarono " E' fuoco! " e il testimone si alzo dal letto e guardando fuori dalla finestra, vide perpendicolarmente alla città un vapore denso, ma chiaro, che formava una striscia serpeggiante larga due metri che in breve tempo si dileguò. Parlando con altri testimoni, la persona seppe che prima di quella osservazione, fu visto in cielo un grosso globo di fuoco arrivare molto rapidamente dalla parte meridionale della città, attraversare questa obliquamente e poi avvenne lo scoppio con il rombo.
Secchi conclude che i dati raccolti non sono completi e quindi non può asserire di preciso l'altezza assoluta e la sua distanza e invita i vari testimoni ad informarlo con qualsiasi dato. Questa cosa avvenne tramite Michele Stefano De Rossi, che scrisse a Secchi informandolo che lui fu testimone dell'evento presso Rocca di Papa, e non appena finì l'evento si mise a cercare testimonianze presso i paesi vicini e con la speranza di trovare qualche frammento dell'aerolite. La maggior parte delle informazioni che De Rossi raccolse erano relative all'osservazione del bolide e della sua traiettoria.
Presso Rocca Priora, De Rossi trovò in un prato dei fori praticati recentissimamente e sembravano prodotti da dei colpi di fucile mirati verso terra con una declinazione verso nord-est di forma conica con un diametro di circa dieci centimetri e profondi trenta. De Rossi provò a scavare alcuni di questi fori, ma non trovò nulla anche se scavò fino ad una profondità di cinquantacinque centimetri. La zona dell'impatto fu calcolata dal De Rossi nella zona dei monti vulcanici laziali, dove il bolide assunse una direzione discendente con una larghissima spirale che dopo la prima esplosione si è immensamente ristretta aggirandosi lungo il versante settentrionale dei Colli Albani, dileguandosi. I testimoni di quei posti videro il bolide luminoso mentre quelli che lo osservarono dalla pianura lo descrivono nero e con una massa di fumo. Una ennesima lettera fu ricevuta da Secchi dal sig. Angelo Alvarez, ingegnere in Subiaco, dove lo informa che il bolide aveva un diametro apparente di 25 centimetri e il suo moto non appariva molto celere e che dopo la prima esplosione il bolide indietreggiò andando in frantumi. Lo stesso Alvarez dice di possedere un frammento della meteorite, raccolto appena caduto, dal guardiano Raffaele Proietti, alla costa del Chio nel territorio di Gerano. Lo descrive come un pezzo nerastro, pesante, con tracce di vetrificazione. Una lima lo intacca appena, e si notano delle tracce di metallo finissima. Non ha traccia di magnetismo ma attrae potentemente l'ago calamitato. Altri frammenti sono stati visti cadere nel territorio d'Afile dove si dice che una casetta è bruciata, un altro è stato visto sopra Afile nella direzione del Piglio e un altro si dice sia caduto a Genazzano. Un altro presso una chiesa a Paliano e altri si sono visti presso le montagne di Cerreto.
L'11 Settembre 1872, oltre dieci giorni dopo la caduta, comparve nell'Osservatore Romano una seconda relazione compilata sempre dal De Rossi, dove cerca di ricostruire la traiettoria della meteorite. Risultano numerose testimonianze da vari paesi, compreso una da Ischia, vicino Napoli. Il De Rossi ha analizzato un frammento recuperato a Ceciliano, anche se cadde a Gerano, studiato altri frammenti caduti presso Affile e Orvinio. Il frammento di Gerano fu recuperato dopo la caduta dal sig. Angelo Alvarez. Questo lo prese nel podere dei sig. Fratelli Manni, dove Raffaele Proietti, dopo l'esplosione del bolide, udì un sibilo nell'aria e vide cadere presso di se un sassolino che raccolse subito. Questo è molto piccolo (4.75 grammi), grande come una palla da revolver, di colore bruno con angoli arrotondati e con tracce di fusione. Sempre Alvarez visitò il fienile bruciato forse dal bolide, del sig. Luigi Musatti. Per tre giorni cerco tra le rovine del fienile ma non trovò nulla.
Ad Affile si disse che alcuni pezzi erano caduti sopra la chiesa di Genazzano, ma non furono recuperati frammenti. Ad Orvinio, secondo testimonianze, dopo l'esplosione del bolide, fu cercato il professor Valentini, chirurgo, perché corresse presso l'abitato per soccorrere un pastore colpito dalla meteorite. Valentini accorse e trovò il pastore scosso, che ripresosi dalla paura, descrisse di essersi trovato in messo ad una pioggia di sassi che non sapeva da dove provenivano, se dal cielo o dalla terra. Un altro pezzo della meteorite cadde a 5 miglia da Canemorto, questo pezzo è descritto di peso superiore alla libbra, di colore bruno e con una patina nerissima e fu trovato da un contadino nelle varie buche che si formarono dopo il passaggio del bolide.
I primi esami mineralogici dei pezzi furono fatti dal prof. Giuseppe Bellocci del laboratorio di Chimica dell'Università di Perugia e il De Rossi il 25 Maggio 1873 presentò una sessione presso l'Accademia, presieduta da Secchi, dove esponeva i primi risultati degli esami geologici fatti sulle meteoriti. Intanto altri frammenti tornavano alla luce. L'8 maggio 1873, dopo otto mesi dall'evento, il contadino di Orvinio Nicolò Taschetti, mentre arava il suo campo, trovò a meno di un chilometro di distanza dall'abitato ed a circa 200 metri dal luogo del ritrovamento dell'anno precedente, a pochi centimetri sotto il livello del suolo, un quinto frammento della meteorite, acquistato poi dal prof.Valentini. Viene descritto di forma irregolare, lungo 8 centimetri e largo/alto 7 centimetri con un peso di 1003 grammi. Un sesto frammento di 622 grammi fu trovato due - tre giorni dopo la caduta dal sig. Augusto Pancotti di Pozzaglia, ma la sua esistenza era rimasta fino ad allora ignota a Roma. Il Pancotti si accorse del frammento perché la terra intorno, in un campo di stoppie, risultava un po' smossa e perché alcuni testimoni gli avevano raccontato della caduta di un oggetto luminoso più o meno in quel luogo. L'analisi chimica del frammento da 1003 grammi fu affidata dal Keller al collega Giovanni Campbell, assistente presso il Gabinetto di Fisica dell'Università romana.
I sei frammenti della meteorite di Orvinio rinvenuti nel 1872-73 assommano complessivamente a 3397,15 grammi. Vari campioni della meteorite si trovano presso i musei di Berlino, Budapest, Londra, Mosca, Austria, Francia, Cecoslovacchia, Stati Uniti e Italia. Le analisi moderne hanno catalogato la meteorite di Orvinio come una Chondrite H6 Brecciata Nera.
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