ANNO X - NUMERO 31
2° SEMESTRE 2002
"Il dì 16 Giugno dopo le ore sette della sera verso il tramontare del sole fù veduta una nuvola, che dal levante passava a ponente di San Quirico in distanza di tre, o quattro miglia, e precisamente sopra Lucignan D'Asso e Cosona, i cui caratteri principali erano:
Così l'abate Ambrogio Soldani ( 1736 - 1808 ) descrisse nella sua
dissertazione "Sopra una pioggetta di sassi accaduta nella sera dè 16 giugno 1794" la caduta
di un bolide a sud-est di Siena il 16 Giugno 1794 su un territorio di circa 47 km.
La pioggia di meteoriti cadde in una zona mal definita ma piuttosto estesa che comprendeva i
territori di Lucignano D'Asso, Cosona e Spedalone. Il numero esatto delle meteoriti non è
conosciuto però la massa totale sparsa per musei e collezioni di tutto il mondo è di 3674.3
grammi.
Figura 1-Cartina topografica della zona interessata. L'immagine è rimpicciolita; cliccatela per aprirla a tutta apertura (1134 x 1071 pixel).
Molti studiosi hanno esaminato le meteoriti di Siena, fra essi Brezina
( 1895 ), Farrington ( 1916 ) e Millosevich ( 1929 ), che la classificarono come una Howardite,
un tipo di meteorite molto raro con contenuto di calcio molto alto, mentre Prior ( 1926 ) e
Nininger ( 1950 ) la classificarono come una condrite intermedia, ma fu durante un rilevamento
della Pianura Padana compiuto fra il 1961 e 1964 per il catalogo delle meteoriti italiane che
venne recuperato uno dei frammenti della meteorite caduta a Siena e analizzato dai nostri
scienziati Baldanza e Levi Donati nel 1969.
Una volta sezionato e dopo numerosi esami si concluse che le meteoriti di Siena erano delle
condriti del tipo LL, cioè a bassissimo contenuto di ferro, e del gruppo petrologico 5, quando
le condrule sono distinguibili anche se non chiaramente delineate.
Tornando indietro nel tempo, al 16 giugno 1794, alle 7 di sera; così parla un testimone, il signor Ferdinando Sguazzini: "Il lunedì scorso 16 del corrente alle ore 7 circa della sera si vide nella massima altezza del nostro orizzonte una piccola nuvoletta bianca, la quale ruotando ci fece udire fino a sette replicati, e strepitosi colpi come un grosso cannone staccati l'uno dall'altro, e ad ogni colpo si scorgeva benissimo il giuco del fumo denso ma bianco; indi si udì come una batteria sempre a colpi di cannone, che durò qualche minuto, e sentendo sdrisciare come palle, si videro cadere alcune pietre sin qui ritrovate in num. di 4 o 5. Ella è al di fuori nera dal fumo, dentro poi sembra di materie incenerite, e vi si scorgono delle piccole stille di metalli inclusive oro e argento (le tipiche piccole scaglie di metallo contenute nelle meteoriti)."
Un altro testimone dichiara: "Che dè sassi scagliati dalla nuvola fulminante caddero, quelli che caddero nella terra smossa, penetrarono molto a fondo della medesima fino a un braccio; quelli che scagliati furono in terreno solido specialmente i più piccoli, o poco s'internarono dentro la terra, oppure battendo né sassi rinbalzarono con violenza..."
Un'altra testimone, una giovane dal nome Lucrezia Scartolli racconta che: "Trovavasi per la via di Cosona vedendo cadere a poca distanza da se una piccola pietra l'andò a prendere per curiosità ma la sentì scottante: poco dopo udito un gran fragore e sibilo precipitare dall'alto un sasso più grande, allora senza punto pensare a raccoglierlo sbigottita si diede frettolosamente a fuggire."
Inoltre risulta interessante considerare alcuni appunti scritti dal
Soldani: "Questa bella pietra sarebbe tutta inverniciata di una patina nera (NdR: la crosta di
fusione), forse marziale-bituminosa, o solfurea. Questo è un carattere costante di cui godono
tutte le pietre di simil sorta fin'ora da me vedute. Questa crosta sarebbe simile nel colore
alle grosse etiti o geodi del Casentino, ma di queste molto più dura, mentre la punta d'un
temperino non l'offende, e vi lascia le tracce d'ogni metallo. Le pietre presentano una forma
piramidale (NdR: dovuta all'orientamento di caduta)."
Il Soldani nota come la polvere grattata da questi sassi venisse attratta dalla calamita.
Cosa pensarono fosse quella "nuvola" gli scienziati del tempo? Giusto un giorno prima il vulcano Vesuvio a Napoli aveva avuto una forte eruzione e il prof. Giorgio Santi ( 1746 - 1822 ) iniziò col supporre che la "nuvola" avesse raccolto quei sassi dal Vesuvio, in quei giorni di attività, li avesse trasportati quindi fin sul cielo toscano per scaricarli nella campagna senese. Però l'abate Soldani fa notare subito la differente struttura delle rocce vulcaniche da quella dei sassi raccolti. Lo stesso Lazzaro Spallanzani ( 1729 - 1799 ) fa osservare come sia impossibile che quella nuvola spiccata dal Vesuvio sia arrivata in Toscana senza essere notata da nessuno durante il lungo viaggio. Lo stesso Spallanzani suppone che una specie di tornado avesse raccolto delle pietre da un certo luogo per poi scaricarli su Siena.
Figura 2-Frontespizio dell'opera scritta dal Soldani per descrivere e spiegare il curioso fenomeno avvenuto il 16 giugno 1794. L'immagine è rimpicciolita; cliccatela per aprirla a tutta apertura (612 x 900 pixel).
Il Soldani è il primo ad ipotizzare l'origine spaziale di quei sassi, ma la mentalità di quel tempo non era pronta a queste teorie e la maggior parte degli scienziati gli è contraria come il Santi, Fabroni, Targioni Tozzetti (che pensa sia un ammasso di pietra piritosa), Thomson e lo stesso Spallanzani.
Forse un'unica persona condivideva le osservazioni del Soldani, il provveditore all'Università di Pisa Mons. Angelo Fabroni, mentre Ernesto Fiorenzo Federico Chladni ( 1756 - 1827 ) prospettava l'origine extratellurica delle meteoriti come l'unica ipotesi accettabile, l'ipotesi che trovò subito larghi consensi da parte degli scienziati del nord e del centro Europa.
Si analizzarono altre meteoriti con i reagenti più strani come olio e spirito di vetriolo, liquido di Saturno, sciroppo di viole, spirito di Corno di Cervo e spirito di vin ben sfiammato. In particolare la meteorite di Albareto (NdR: caduta a Modena nel luglio del 1766 e che era una Condrite L4) venne analizzata dal Tozzetti che rinveniva la presenza di solfuro di ferro e giungeva alla conclusione, come accennato in precedenza, che i bolidi di Siena provenissero da "un ammasso di pietra piritosa".
Dopo pochi anni, una importante notizia: a L'Aigle, in Francia, il 26 Aprile 1803, sono cadute, dopo bagliori e boati, più di duemila pietre. Lo scienziato francese Biot ( 1774 - 1862 ) venne ufficialmente incaricato di recarsi sul luogo e riferire i risultati della sua indagine di cui riporto alcuni stralci: "Non è proprio a L'Aigle che è esplosa la meteora, è a una mezza lega di distanza. ... Ho percorso tutti i luoghi sui quali il fenomeno si è esteso: ho raccolto e messo a confronto tutti i racconti degli abitanti, infine ho trovato le pietre stesse sul luogo di caduta, ed esse mi hanno mostrato caratteristiche fisiche tali che non consentono di dubitare della realtà della loro caduta. Non si erano mai viste, prima dell'esplosione del "6 Floreale", pietre meteoriche nella mani degli abitanti del luogo. ... Le fonderie, le officine, le miniere dei dintorni non hanno nulla tra il loro prodotti né nei loro residui di lavorazione che abbia, con queste sostanze, il minimo rapporto. Nella regione non si vedono tracce di vulcani. ... Lascio alla sagacia dei fisici le numerose conseguenze che se ne possono trarre, e mi riterrei felice se essi constatassero che sono riuscito a liberare da qualsiasi dubbio uno dei più sorprendenti fenomeni che gli uomini abbiano mai osservato".
La perfetta relazione e i molteplici esami fatti sui campioni convinsero definitivamente la maggior parte degli scienziati che delle pietre possono cadere dal cielo, come da più di un decennio sosteneva Soldani. Nel 1803, Soldani scrisse la "Storia di quelle Bolidi, che hanno da sé scagliato Pietre alla Terra" però, per paura di nuove critiche e amare polemiche, lo affidò alla stampa solo nel 1808, poche settimane prima di morire.
Da allora molte analisi chimiche, mineralogiche e petrografiche sono state svolte sulle meteoriti di Siena, il cui materiale è stato utilizzato per interessanti confronti con la composizione e struttura di altre pietre meteoriche. Una piccola curiosità è che le meteoriti di Siena furono le prime ad essere esposte al British Museum insieme ad altre tre meteoriti cioè quella di Wold Cottage ( Inghilterra 13 Dicembre 1795 ), Benares ( India, 19 Dicembre 1798 ) e L'Aigle ( Francia 26 Aprile 1803 ).
Attualmente si ritrovano molti frammenti sparsi nei vari musei nazionali ed internazionali, in particolare al Museo dell'Università La Sapienza di Roma ci sono due frammenti di 5 e 108 grammi, il Museo mineralogico di Bologna possiede dei frammenti, il museo del Vaticano possiede due piccole sezioni, oltre al British Museum di Londra; L'American Museum of Natural History possiede un frammento di 42.2 grammi. Anch'io, modestamente, sono il fortunato possessore di una sottile fetta di 0,600 grammi particolarmente bella. Chissà, forse altre persone a Siena possiedono qualcuna di queste pietre, magari tramandate da padre in figlio conservate per la loro strana bellezza e ignari della loro provenienza e chissà quante altre saranno ancora sparse nel suolo Senese e difficilmente saranno recuperate.
Però non si può mai dire, è già capitato di ritrovare meteoriti cadute secoli fa sulla terra. Un giorno, forse una giovane donna, attratta da un piccolo sasso, verniciato di nero, lungo una stradina della campagna senese, lo raccoglierà, questa volta senza scottarsi la mano.
M come Meteorite - Matteo Chinellato
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