Nel cielo notturno, gli oggetti osservabili si possono dividere in due grosse categorie: quelli appartenenti al nostro Sistema Solare (i pianeti e la Luna) e quelli esterni, come nebulose, ammassi e galassie. La differenza più evidente tra queste due classi è, oltre alla distanza dal nostro pianeta, la luminosità: mentre la Luna e i pianeti sono visibili in qualsiasi strumento, una nebulosa può esserlo solo da cieli molto scuri.
La fotografia del profondo cielo è quindi particolare, perché le esposizioni variano da pochi minuti a una o più ore, invece dei secondi tipici della fotografia planetaria. Condizione essenziale per buone foto deep-sky, è avere il cielo il più buio possibile: per prima cosa non ci deve essere la Luna ed il periodo ottimale è di circa 10 giorni per mese centrati sul novilunio.
In secondo luogo il cielo deve essere limpido e questo può accadere quando soffia un po' di
vento, abbastanza frequentemente in pianura oppure, in pratica, sempre in montagna, anche se
sui monti le nuvole possono coprire le stelle senza preavviso.
Infine bisogna essere lontani dalle luci cittadine: quindi vanno bene la campagna e
ancora meglio la montagna.
E' consigliabile sempre fotografare gli oggetti nei pressi del meridiano, ossia alla loro
massima altezza dall'orizzonte; questo perché un po' di foschia è sempre presente a pochi
gradi d'altezza sull'orizzonte, mentre il disturbo è minimo altre i 50 gradi.
Da tutte queste condizioni dipenderanno i risultati delle foto, vale a dire il contrasto con
il fondo cielo e, importantissimo, i tempi di esposizione: secondo il sito potremo variare i
tempi da 10 minuti in montagna a un solo minuto dal paese.
LE PELLICOLE
I tempi di posa dipendono dal quadrato della luminosità dell'obiettivo e dalla sensibilità della pellicola. Ciò vuol dire che a parità di sensibilità della pellicola, con un obiettivo a F4 rispetto ad un aperto a F8, l'esposizione sarà ridotta a un quarto, oppure usando lo stesso obbiettivo ma una pellicola sensibile il doppio, l'esposizione si ridurrà a metà. A meno di non utilizzare una camera Schmidt o un obiettivo ultra-luminoso, utilizzeremo pellicole molto sensibili, dai 400 ISO in su.
La pellicola ideale dovrebbe avere alto contrasto e grana fine, caratteristiche che solitamente non si trovano nelle pellicole più sensibili. Tutte le pellicole soffrono del difetto di reciprocità; in pratica la loro sensibilità non è costante ma cala con l'aumentare del tempo di esposizione: una 1600 ISO, dopo 10 minuti, può avere una sensibilità effettiva di soli 400 ISO!
Le pellicole a colori sono composte da più strati e ognuno perde sensibilità in modo
diverso; ciò provoca delle dominanti colorate più o meno evidenti.
Due pellicole, in particolare, sono quasi esenti da questo difetto e si possono considerare,
a parità di ISO, più veloci delle altre: la Scotchchrome 800-3200
e la Kodak ultispeed II (in sigla PJM-2).
Per il colore si può scegliere tra pellicole negative e invertibili: nel primo caso ci
orienteremo verso la PJM-2 oppure la
Fuji super-G 800; per le sensibilità più elevate troviamo
la Pro Gold 1000 e
l'Ektapress 1600, entrambe della Kodak.
Per le diapositive la Scotch 800-3200 è la più veloce,
altrimenti la Panther 1600 o l'Ektachrome
400 sono dotate di grana più fine.
Tutte queste pellicole hanno una buona sensibilità al rosso, che è il colore dominante delle
nebulose, e sufficiente negli altri colori.
Per il bianco e nero il discorso è diverso: da un lato abbiamo le pellicole "normali", come la
Kodak T-Max 400, sviluppabile a 3200, che però hanno una
grana evidente e scarsa sensibilità al rosso, e dall'altra la Kodak
Technical Pan 2415.
Quest'ultima è una pellicola nata per microfilm, ad altissimo contrasto, grana ridottissima e
con un'ottima sensibilità al rosso; il difetto è che la sensibilità è 25 ISO, ma viene
innalzata di 10-20 volte con un trattamento speciale (ipersensibilizzazione in azoto-idrogeno)
praticato da alcuni astrofili, come per esempio dal nostro presidente Rolando Ligustri.
I TEMPI DI POSA
Il tempo ideale è quello oltre il quale emerge il fondo cielo, ma può essere sorpassato del
20-30% per ottenere un contrasto maggiore delle nebulose, con l'inconveniente di uno sfondo
un po' più chiaro.
L'importante è non esagerare, altrimenti la velatura sarà così pesante da cancellare tutto.
Un tempo troppo breve restituirà un'immagine buia e povera di stelle.
Il tempo d'esposizione corretto si ricava dalla seguente formula empirica:
dove ISO è la sensibilità della pellicola, F è la luminosità dell'obiettivo, C è un valore che varia col sito dove ci si trova.
I cieli si possono dividere in categorie secondo la magnitudine limite:
in montagna avremo la 6.5, in collina la 6.2, in campagna la 5.8, vicino ai paesi la 5.0, ma
quest'ultimo valore può variare di molto, da un cortile si può arrivare anche solo alla 4 o
alla 3.
La magnitudine limite della serata si può stimare ad occhio nudo verificando qual'è la stella
più debole che si riesce a vedere, e determinandone la luminosità su una mappa.
Il coefficiente C vale, per questi siti, rispettivamente:
1000 per la montagna, 750 in collina, 500 o 250 in campagna
e 100-40 dal paese.
Questo vale per un oggetto allo zenit; ad una ventina di gradi dall'orizzonte dovremo ridurre
il tempo del 20-30% e dimezzarlo per altezze inferiori.
Per pellicole non molto recenti le cose cambiano: ad esempio una
Ilford HP5 può richiedere un tempo doppio, specialmente con obiettivi poco luminosi.
La 2415 ipersensibilizzata ha una sensibilità di circa
350 ISO, mentre la PJM-2 ne ha 640.
Molte pellicole possono essere esposte a sensibilità superiore di quella nominale; ad esempio
la Panther e l'Ektapress
possono arrivare a 3200 ISO.
L'importante è richiedere lo sviluppo forzato al momento della consegna del rullino.
Facciamo un esempio: immaginiamo di voler utilizzare la Panther a 3200
ISO e di fotografare un oggetto allo zenit, da un limpido cielo di campagna, con un obiettivo
F/4.
Se non ci sono luci troppo invadenti, sceglieremo un valore di C pari a 500, F al quadrato
varrà 16 ed il nostro tempo si aggirerà sui 2.5 minuti.
Se sembra poco, con lo stesso obiettivo, ma con la 2415 lo stesso oggetto richiederà 45 minuti,
a causa della minore sensibilità della pellicola.
In ogni caso questi tempi vanno presi come indicazione, in quanto potrebbero discostarsi un po'
dalla realtà, per cui conviene sempre fare due esposizioni in più a cavallo del valore trovato.
LA STRUMENTAZIONE
Ci si rivolgerà a due tecniche: fotografia attraverso il telescopio
(al fuoco diretto, previo l'acquisto di un raccordo tra il fuocheggiatore e il corpo
macchina), oppure foto in parallelo, vale a dire con la macchina fotografica e il suo
obiettivo montata in parallelo al telescopio, che fornirà quindi il movimento per bilanciare la
rotazione terrestre.
Infatti, su un normale treppiede, le esposizioni più lunghe di alcuni secondi risulteranno mosse.
E' necessario quindi un motore che tenga l'obiettivo puntato sulle stelle.
In alternativa al telescopio ci sono appositi inseguitori, sfortunatamente molto costosi.
La macchina fotografica dev'essere assolutamente reflex, dotata della posa B e di uno
scatto flessibile.
E' preferibile che l'otturatore funzioni anche senza pile, altrimenti saranno precluse le pose
più lunghe.
Gli oggetti deep-sky richiedono diversi strumenti per la loro ripresa: ci sono le galassie, le nebulose planetarie e gli ammassi globulari, che richiedono focali lunghe (oltre 1 metro), gli ammssi aperti sono adatti per focali intermedie (200-1000 mm) e le nebulose diffuse possono arrivare a parecchi gradi, rendendo utili anche i 50 mm focale corta.
D'estrema importanza per le foto con lunghe focali è la guida; infatti, quasi nessun telescopio
riesce a mantenersi puntato su una stella con la dovuta precisione, sia per l'imprecisione dei
motori, del sistema corona dentata - vite senza fine, sia per la rifrazione atmosferica.
Quindi durante la posa bisognerà compiere delle piccole correzioni al moto osservando una stella
ad alto ingrandimento attraverso un oculare con reticolo illuminato; questo si può fare in due
maniere diverse: con la guida fuori asse o con un cannocchiale di guida.
Il primo sistema ha il vantaggio di non costare molto e di essere leggero, mentre il rifrattore,
oltre gli 80 millimetri, è costoso ed ingombrante.
Lo svantaggio con la guida fuori asse è che si osserva al bordo del campo,
pertanto le stelle sono poco definite ed è difficile trovarne subito una di adeguata luminosità,
ma c'è il pregio di sfruttare l'apertura del telescopio principale, per cui si potrà inseguire
su stelle anche deboli.
Il cannocchiale di guida è disassabile a piacere, molto dipenderà dagli anelli che lo
sostengono, non è consigliabile usarne uno di diametro troppo piccolo, questo perchè l'immagine
della stella risulterebbe poco luminosa.
L'errore periodico della vite senza fine può essere corretto in buona parte nei nuovi
telescopi tramite un apparato elettronico di correzione.
In questi casi il bisogno di guidare può essere ridotto di molto o annullato.
La tolleranza d'inseguimento si calcola con la seguente formula, che fornisce i secondi d'arco di errore massimo per stelle puntiformi (di 40 micron):
L'ingrandimento ottimale per la guida è di 150-200 volte per
metro di focale.
Per riprendere campi larghi si usano teleobiettivi fotografici, con focali da 50 a
200 mm montati in parallelo al telescopio, che sarà usato come guida una volta corredato di
un oculare con reticolo illuminato.
La tolleranza è ampia per un 50 mm (oltre 2 primi d'arco) ma scende a 20-30 secondi d'arco per
un 300 mm.
Per la fotografia con un MTO 500, la formula indica 16 secondi d'arco di errore massimo;
questo vuol dire che la stella guida (che osserveremo a 75-100 ingrandimenti) non dovrà muoversi
di più di 8 secondi per parte.
Con focali più lunghe la guida deve divenire molto accurata.
I telescopi hanno una tolleranza d'inseguimento ridottissima, dato che, per focali di 1 metro,
l'errore massimo è di soli 8 secondi d'arco.
Utilizzare lunghe focali richiede quindi un'abilità a guidare superiore alla media;
il problema è risolvibile affidando la guida ad un sensore CCD.
L'inconveniente della guida elettronica è il costo intorno a uno o due milioni.
Per le pose eccedenti alcuni minuti è necessario pure un adeguato puntamento rispetto al polo
nord celeste da realizzarsi con il cannocchiale polare, oppure inquadrando il polo direttamente
con il telescopio.
Per le pose oltre la mezz'ora è necessaria una buona precisione,
l'errore di puntamento rispetto al polo non deve superare pochi primi d'arco.
In questo modo minimizzeremo le correzioni da apportare in declinazione e potremo concentrarci
sull'ascensione retta.
Se l'oggetto si muove verso nord o sud significa che dobbiamo migliorare l'allineamento con
il polo, mentre movimenti in senso est-ovest sono il risultato dell'errore periodico, che sui
telescopi dotati del PEC può essere ridotto a pochi secondi d'arco.
ALTRI CONSIGLI
Per le foto in bianco e nero sarà utile, specie se l'obiettivo è luminoso, utilizzare un filtro rosso, che permette di aumentare di molto il contrasto di tutte le nebulose ad emissione, con l'inconveniente di un allungamento della posa: con un Wratten 25 (o equivalenti) la posa sarà oltre 2 volte più lunga e ancora peggio andranno le cose con un W29 (rosso scuro) o W92 (rosso scurissimo), con il quale anche con una Schmidt il tempo può superare l'ora.
Molto utile può essere l'uso di un filtro Deep-sky o similare
(sono filtri nebulari): essi sopprimono la maggior parte dell'inquinamento luminoso permettendo
buone foto, anche da siti non molto bui.
Purtroppo questo avviene a scapito del tempo di posa, che può anche raddoppiare, con le
pellicole a colori, oltre ad un netto miglioramento del contrasto, avremo anche una dominante
porpora che si noterà specialmente sulle stelle.
Per avere un'idea della magnitudine limite raggiungibile si usa la seguente formula:
M = 2.5 * logFoc2 + 7.5
che dà la magnitudine in rapporto alla focale, con la condizione che però si riesca ad ottenere
immagini molto puntiformi, attorno ai 40 micron sul negativo.
Per le focali corte (50 - 150 mm) si possono superare questi valori di 1 o 2 magnitudini,
perché si riescono ad ottenere immagini piccolissime.
Per focali intermedie c'è un buon accordo, mentre oltre 1 metro qualsiasi errore di
inseguimento comporta una perdita di una o più magnitudini.
Anche se il tempo è inferiore a quello corretto perderemo qualcosa; con un tempo lungo la metà,
la perdita sarà di quasi una magnitudine.
Una mancanza di puntiformità causa una brusca perdita di profondità.
Per questo motivo un piccolo strumento con montatura e sistema di guida eccellenti può
tranquillamente raggiungere i risultati di strumenti di diametro doppio dotati di un apparato di
guida non adeguato.
Per la messa a fuoco gli obiettivi fotografici hanno l'indicazione dell'infinito, ma alcuni di
questi ed i telescopi vanno fuocheggiati manualmente.
Per essere sicuri dell'operazione punteremo su di una stella molto luminosa, questo perchè
solitamente il vetro smerigliato delle reflex è troppo scuro e quindi non ci permetterebbe una
agevole messa a fuoco con stelle deboli.
Un rimedio può essere coprire l'apertura del telescopio con una maschera a due fori: se
l'immagine è sfocata si vedranno 2 stelle che si uniranno nel punto ottimale di messa a fuoco.
Un difetto tipico di molti obiettivi è il limitato campo di buona definizione.
Il problema è risolvibile diaframmando di uno o due stop; però molto dipende dalla qualità
dell'ottica.
E' ovvio però che il problema diventa l'allungamento della posa.
Per i telescopi esistono appositi correttori, ma il loro prezzo è alto.
ULTIMI CONSIGLI
Riepilogando ecco cosa si deve fare una volta arrivati sul
sito prescelto:
si allinea lo strumento con il polo
si controlla l'efficacia dell'inseguimento (ricordarsi di ricaricare
le batterie)
si punta il soggetto
si mette a fuoco
si parte con l'esposizione correggendo quando necessario.
Le pose più lunghe, specie se le correzioni sono frequenti, sono stressanti, per cui è meglio mettersi nella posizione più comoda possibile.
Dopo la serata, il rullino va conservato in un luogo fresco e asciutto; in più, per evitare spiacevoli sorprese, è meglio svilupparlo entro un mese dalla prima ripresa.