Chi, in questi giorni d’inizio primavera, ha la pazienza di attendere le ore centrali della notte può osservare come, tra le stelle della Bilancia, ve ne sia "una" particolarmente brillante e dall’inconfondibile colorazione rossastra: è il pianeta Marte, che dopo due anni d’attesa torna finalmente a dare spettacolo.
L'osservazione di Marte è sempre affascinante, sia che si effettuino studi complessi con uno strumento professionale, sia che ad occhio nudo se ne segua il lento spostamento tra le stelle.
Chi dispone di un telescopio può scorgere, sul minuscolo dischetto marziano, un numero di particolari tanto maggiore quanto più potente è lo strumento impiegato.
Così, se con un rifrattore da 60 millimetri il riscontro di una calotta polare o di qualche particolare sulla superficie può già essere motivo di soddisfazione, con uno strumento più impegnativo si possono intraprendere delle osservazioni non soltanto contemplative.
A causa dell’orbita molto ellittica, la distanza del
pianeta dalla Terra nelle diverse opposizioni, che avvengono ogni 780 giorni circa, varia da 55
a 100 milioni di chilometri.
Ne consegue che, al telescopio, le sue dimensioni apparenti oscillano molto: si va dai 25
secondi d’arco delle opposizioni perieliche, che sono le migliori e che si ripetono ogni 15
anni, agli scarsi 14" di quelle afeliche.
L'opposizione del 1999, a fine aprile, non sarà tra le più favorevoli: con un diametro apparente di 17 secondi d’arco sarà necessario ingrandire il pianeta di almeno 100 volte, affinché le dimensioni siano confrontabili con quelle della Luna vista ad occhio nudo.
Al telescopio la superficie è attraversata da macchie scure e chiare, che nella maggior parte dei casi non sono riconducibili a zone topografiche distinte, ma sono associate alla diversa riflettività del terreno: le più scure (macchie d’albedo) corrispondono ad un fondo particolarmente roccioso, quelle chiare ad uno polveroso o sabbioso.
La presenza di una tenue atmosfera, costituita
prevalentemente da anidride carbonica, fa sì che l’aspetto del pianeta cambi nel corso
delle stagioni marziane.
Tempeste di polvere, variazioni dimensionali delle calotte polari, brine mattutine, foschie
serali e nubi d’alta quota sono i principali occasionali fenomeni che si possono individuare
se si studia il pianeta con una certa costanza.
Chi osserva Marte solo di tanto in tanto non può scorgere che i particolari più evidenti, perché il nostro cervello, se non allenato, è incapace di "leggere" le informazioni visive provenienti da un’immagine così piccola.
L'impiego di filtri colorati permette di evidenziare i particolari, nonché di distinguere se una macchia in evoluzione sia legata ad un fenomeno atmosferico o a variazioni della superficie.
I filtri rossi (come i Wratten W25 e W29) e quelli gialli (W15) aumentano il contrasto delle macchie d’albedo, rendono più brillanti e meglio definite eventuali tempeste di polvere, mentre nascondono completamente ogni fenomeno atmosferico; questi ultimi, ed in particolare le nubi equatoriali, quelle d’alta quota, le brine e le foschie sono esaltate impiegando filtri violetti (W47) o blu (W80A, W44A).
L'altezza di tali formazioni atmosferiche può essere orientativamente determinata mediante l’impiego comparato di filtri diversi: quelli verdi, blu, violetti ed UV renderanno più brillanti le strutture atmosferiche rispettivamente collocate al suolo, a media, alta ed altissima quota.
Le calotte polari infine appaiono più evidenti se si osserva Marte con un filtro verde (W57, W58).
Poiché il giorno marziano è solo di poco più lungo rispetto a quello terrestre (24h 37min), un determinato particolare si rende visibile nella stessa posizione ogni notte 37 minuti più tardi.
Per lo stesso motivo osservazioni condotte ogni notte alla stessa ora permettono di cogliere nuovi dettagli che dal bordo sinistro del disco si rendono via via visibili: dopo circa cinque settimane le osservazioni avranno coperto l’intera superficie del pianeta.
Il disegno di Marte: la realizzazione del "blank"
Affinché lo studio di Marte possa avere un minimo di validità scientifica si devono registrare i particolari osservati mediante fotografie, acquisizione d’immagini digitali o semplicemente effettuando un disegno.
Per il disegno si impiega un foglio di carta che riporti la sagoma del disco (blank) e lo spazio per inserire i dati riguardanti la sessione osservativa (cognome e nome dell’astrofilo, sito osservativo, data, ore e minuti in cui si è fissato il disegno, valore della longitudine del meridiano centrale, telescopio impiegato, seeing, eventuali note ecc.)
Per disegnare la sagoma del disco con l’asse polare ed il terminatore correttamente posizionati, si ricorre ad alcuni valori agevolmente reperibili tra le effemeridi presenti in un almanacco astronomico.
S'inizia tracciando una circonferenza che rechi i punti geografici (che non vanno confusi con i punti cardinali di Marte) i quali, a causa della visione telescopica, devono essere opportunamente invertiti (fig.1).
Si determina l’inclinazione dell’asse polare del
pianeta riportando dalle effemeridi il valore P che indica in gradi l’estremità
nord dell’asse polare marziano rispetto al nord geografico; l’angolo di posizione P
è misurato a partire da nord in direzione est (fig.2).
L’asse polare così disegnato indicherà pure il Meridiano Centrale del globo.
Poiché l‘orbita della terra e quella di Marte
non giacciono sullo stesso piano e l’asse di rotazione di quest’ultimo è inclinato, al
telescopio il pianeta può mostrare maggiormente un emisfero piuttosto che l’altro.
La corretta posizione dei poli e dell’equatore si determina dalla grandezza Dt che sugli
almanacchi è definita come latitudine del punto sub-terrestre
: questa si riferisce al polo sud se presenta un valore negativo, al polo nord quando
il valore del Dt è positivo.
Così, per definire la posizione dei poli e dell’equatore si tracciano le perpendicolari
all’asse polare a partire dalle intersezioni sul disco dei segmenti inclinati di un angolo di
valore Dt rispetto all’asse polare (fig.3) ed a quello equatoriale (fig.4).
Nel disegnare si deve anche tener conto della fase (sempre gibbosa) che Marte ci mostra fino a 20 giorni prima e da 20 giorni dopo l’opposizione; la fase diventa trascurabile quando la frazione di disco illuminata (o valore K) supera il 97%.
Per disegnare la semi-ellisse, che corrisponde al bordo del pianeta in cui si passa dalla notte al giorno, si comincia determinando il suo punto centrale, espresso dagli almanacchi come angolo Q e misurato a partire dal nord geografico (fig.5).
Infine il valore q, in secondi d’arco, ci permette di stabilire la distanza del centro della semi-ellisse rispetto al bordo del disco (fig.6).
Affinché q sia correttamente dimensionato, nel disegno si deve tener conto del diametro apparente che il pianeta presenta in quel momento.
A questo punto la sagoma può definirsi completata; non resta che ripulirla, raddrizzarla (ponendo in verticale l’asse polare) ed assegnare ad essa l’est e l’ovest reali di Marte (fig. 7).
Perché il disegno sia fedele alle mutevoli fasi del pianeta la sagoma dev’essere tracciata almeno ogni dieci giorni.
Un esempio su quanto appena spiegato spero possa chiarire gli inevitabili dubbi.
Si deve prima di tutto consultare un almanacco astronomico al fine di poter conoscere, per la data dell’osservazione, i valori di P, Dt, Q, q e le dimensioni apparenti del pianeta.
1 - Si disegna la circonferenza con i punti geografici celesti come da fig. 1;
2 - ponendo P=37° si delinea l’orientamento dell’asse polare come da fig.2;
3 - si determina la posizione del polo sull’asse: Dt=+23° quindi il suo valore positivo ci permette di definire la posizione del polo nord marziano (fig.3);
4 - con lo stesso valore di Dt si stabilisce l’equatore (fig.4);
5 - si definisce il centro della semi-ellisse sapendo che Q=112° (fig.5);
6 - si disegna la semi-ellisse sapendo che il suo centro dista dal bordo del disco di q=1,3 secondi d’arco e che il diametro di Marte è di 13 secondi d’arco (fig.6);
7 - si conclude il disegno cancellando i segni di costruzione e posizionando l’est e l’ovest reali del pianeta; se si vuole si può raddrizzare l’asse polare come in fig.7.
Il responsabile della sezione pianeti (Francesco Scarpa) e lo scrivente sono a disposizione per eventuali chiarimenti o suggerimenti. A tutti buone osservazioni!
Mauro Zorzenon