"LE DISTANZE IN ASTRONOMIA"
Relatore : Dottor MAURO MESSEROTTI
(astronomo dell'Osservatorio di Trieste)
Trasaghis (Ud) - 2 agosto 1998
In astronomia, o meglio in astrofisica, abbiamo moltissime domande e un numero relativamente piccolo di risposte; ma come otteniamo tali risposte?
Noi osserviamo i fenomeni e cerchiamo di descriverli con gli strumenti
che abbiamo a disposizione, soprattutto la matematica, e con essi cerchiamo di dare un ordine
a ciò che vediamo. Ma la realtà non è composta solo dalle cose che vediamo, ma anche da "cose
invisibili" all'esperienza quotidiana, come gli atomi, che sono formati da elettroni, protoni e
neutroni; ora sappiamo che cosa sono, sappiamo come si comportano, sappiamo che sono formati da
altre particelle ritenute elementari. Sappiamo pure che esse sono una manifestazione della
materia, ma sappiamo che sono anche una manifestazione dell'energia; in realtà la loro intima
essenza non ci è perfettamente nota, perciò descriviamo quello che vediamo e questa è un po' la
finalità della fisica, anche se non sappiamo esattamente che cosa sono questi oggetti con cui
abbiamo a che fare.
Forse vi ho instillato un maggior numero di dubbi rispetto a quelli
che abbiamo già nella vita di ogni giorno, ma questa è la realtà dei fatti, cioè lo scienziato
cerca d'interpretare quello che osserva con i propri strumenti ma non è in grado di spiegare
tutto, anzi è in grado di spiegare solo una piccola parte di quello che osserva.
E questo è particolarmente vero in astronomia; non solo, in genere per ogni risposta che la scienza dà, sorgono dieci nuove domande. Ma questo serve anche per il progresso della scienza, perchè è uno stimolo continuo. La conoscienza è un processo che non si arresta mai e non arriveremo mai ad avere una verità assoluta sulla natura, sulle cose che per noi sono la realtà, ma dobbiamo attenderci, perchè questa è un po' la nostra finalità di conoscienza.
Dopo questo excursus quasi filosofico, permettetemi di fare anche un altro commento: in realtà l'astronomo, come era una volta, non esiste più, perciò è molto bello vedere le persone come voi che sono venute qui perchè sono interessate al cielo, agli oggetti che si vedono sulla volta celeste sopra la nostra testa, che poi vedranno realmente attraverso i telescopi degli astrofili del CAST di Talmassons qui presenti assieme a noi.
Ma non è questa la funzione dell'astronomo (o meglio dell'astrofisico) attuale; purtroppo l'astrofisico è uno scienziato che si occupa di applicare le leggi della fisica per capire gli oggetti celesti, quindi le stelle, le nebulose, le galassie, ecc. Per capire la materia dalla quale si formano le stelle, per capire la struttura dell'universo, per fare tutte le cose che l'astronomo fa, non si osservano solamente gli oggetti, come facevano gli astronomi d'una volta al telescopio e non si studia solamente il movimento degli astri.
Molti sono ancora abituati a pensare all'astronomo come ad un vecchio con la barba bianca, il quale passa le notti ad osservare le stelle o gli altri corpi: ebbene questa non è la professione attuale del moderno astronomo. Infatti l'astronomo si è trasformato in un fisico che applica le leggi della matematica e della fisica per descrivere quello che vede nell'universo; quindi è differente rispetto a quello che si faceva una volta, diciamo fino all'800 per osservare il cielo.
Faccio una piccola parentesi, tanto per darvi un'idea delle difficoltà che s'incontrano ad osservare gli oggetti celesti. Noi dobbiamo fare i conti con le attività umane di ogni giorno e qui ne abbiamo un esempio lampante: è chiaro che questa località non è dedicata all'osservazione astronomica, per cui quello che vi dirò adesso va preso solo come un esempio. Noi, in questo momento, soffriamo professionalmente a causa dell'inquinamento luminoso, (N.d.R.: cioé dell'emissione non corretta della luce verso direzioni non utili, per dirla in parole povere verso il cielo); da qui, da questa posizione, vorremmo osservare degli ogetti distanti e anche molto deboli, ma non lo possiamo fare, non solo perché non abbiamo la strumentazione per farlo, in quanto necessitano dei grossi telescopi, ma anche se volessimo farlo, siamo immersi nel cosiddetto inquinamento luminoso, che è una delle più grandi piaghe per l'astronomia moderna.
E l'inquinamento luminoso significa avere luci inutili, luci non adeguate; qui, che non siamo in un osservatorio, abbiamo le luci dell'illuminazione stradale, quelle esterne delle case, dei monumenti e così via. Ebbene, questa luce fa sì che gli astronomi debbano andare a cercare le zone del mondo che sono più buie. Perché, per fare il tipo di ricerche che vogliamo fare, cioè studiare oggetti che sono agli estremi limiti dell'universo dobbiamo avere un cielo che sia privo di ogni sorgente di luce. L'astronomia soffre enormemente per questo problema e ormai nel mondo sono rimaste pochissime zone che consentono di fare delle osservazioni, come diciamo noi, di cielo profondo, cioè per andare a vedere oggetti distantissimi da noi, a 15 miliardi di anni luce. Vedremo tra un attimo in dettaglio le cose che vi sto presentando.
Per questo motivo gli astronomi hanno dovuto creare dei consorzi di osservatori, come il consorzio europeo dell'E.S.O. (European Southern Observatory), che ha identificato una zona in Cile che si trova sulle montagne, in una zona molto elevata, molto impervia e disagiata, ma molto lontana dalle luci, nella quale si vede un cielo meraviglioso, si vedono gli oggetti che una volta si potevano vedere anche dalle città quando non c'era l'inquinamento luminoso; cose che adesso non è più possibile guardare da là.
Altre zone dove costruire osservatori astronomici sono i picchi di vulcani estinti marini, ad esempio il Manua Kea nelle Hawaii, dove si hanno delle condizioni osservative ottimali. Ora si può andare pure nello spazio, quindi si costruiscono i telescopi spaziali, come il grande Telescopio Spaziale Hubble, che è un telescopio di 2,5 metri di diametro il quale è in orbita attorno al nostro pianeta ad un'altezza di qualche centinaio di chilometri. Esso ci ha aperto nuovi orizzonti nella conoscienza degli oggetti celesti; questo è l'inquinamento luminoso quindi le nostre attività ci condizionano per l'osservazione del cielo. Esiste un altro inquinamento ancora più devastante nel proprio settore, che è l'inquinamento magnetico.
Ma queste non sono le uniche fonti d'inquinamento: noi abbiamo avuto una proliferazione incredibili per gli apparecchi elettrici, quali (ad esempio) radio, televisori, telefoni cellulari. Queste attività, che ci sono fondamentali per certi aspetti, vengono spesso usate in modo improprio ed hanno gravemente limitato l'osservazione delle onde radio che provengono dagli oggeti celesti, oggetti celesti che non solo emettono la luce che noi osserviamo con i nostri telescopi ma emettono pure onde radio. Ciò deriva dal fatto che la materia che li costituisce, che è gas per la maggior parte, si trova ad una temperatura elevata e perciò produce pure radioonde. Anche i telefoni cellulari emettono tali radiazioni, non tanto quelli che teniamo in tasca quanto i ripetitori telefonici, i quali emettono ad una frequenza che è molto vicina a una frequenza basilare, cioé quella dell'idrogeno. Essa viene impiegata per effettuare ricerche sulla distribuzione dell'idrogeno nell'universo, dato che è il gas più abbondante nel cosmo, e questo è solo uno degli esempi deleteri dell'inquinamento elettromagnetico.
Capite che noi astrofisici ci scontriamo anche contro questi ostacoli,
derivanti dall'attività umana, e minimizzati, cioé ridotti ai minimi termini dai politici e
mass media: per motivi economici, o di scarso interesse dei governanti, essi non vengono
tenuti in debita considerazione.
Per farvi un esempio e farvi toccare con mano il problema, avrete senz'altro sentito dai
giornali la pubblicità che è stata costruita una nuova rete per la telefonia satellitare, la
quale è costituita da una costellazione di satelliti che vengono posti in orbita attorno alla
Terra. Il gruppo di satelliti servirà per fare da ripetitore ai telefoni cellulari e uno
potrà trovarsi in qualunque parte del mondo, anche al polo nord, e potrà, grazie alla
deflessione di questi satelliti, collegarsi con qualsiasi altra parte del mondo. La costellazione
avvolge la Terra e questi satelliti lavorano anch'essi ad una frequenza che è molto importante
per la radioastronomia e le ricerche spaziali; in Italia abbiamo l'Istituto di Radioastronomia
del Consorzio Nazionale di Ricerche che è a Bologna, il quale ha già protestato perchè le sue
antenne non potranno più scandagliare il cielo a questa frequenza particolare.
Ecco un'altro danno che la ricerca astronomica riceve da attività umane un po scriteriate.
Il concetto ormai comune che "osservando il cielo si fa un viaggio nel tempo" deriva dalla
struttura stessa dell'universo, quindi dalle leggi della fisica, ed è stato ben evidenziato
da Albert Einstein con la sua Teoria sulla Relatività prima Ristretta e
poi Generale.
La diapositiva che presento ha lo scopo di mostrarvi qual'è il compito dell'astrofisico moderno:
non è quello di contemplare l'universo, perché dicevo in precedenza che si è persa la parte
poetica della nostra Scienza, ma quello di sedersi di fronte a un computer, programmare il
proprio telescopio, acquisire delle immagini elettroniche, dato che non riprendono più
fotograficamente, e elaborarle col calcolatore per ricarne informazioni e modelli.
Per esempio se si studia una stella, il compito del fisico è quello di manipolare dei numeri
in base a quelle che sono le leggi della fisica e cercare di capire come è fatta la stella.
Si parte da alcune osservazioni, si usano le leggi della fisica e gli
strumenti della matematica (le equazioni), si costruisce il modello d'una stella, e questo si
può fare senza conoscere le costellazioni, senza sapere dov'è il polo nord celeste, senza sapere
dove sono l'Orsa Maggiore, l'Orsa Minore e così via. Molte persone sono stupite dal fatto che
la maggior parte degli astronomi non sappiano neppure il nome delle costellazioni, ma questo
deriva dal fatto che non è richiesto dal punto di vista operativo.
Perchè l'astrofisico si occupa di studiare gli oggetti celesti proprio dal punto di vista della
loro struttura, quindi può anche non osservare direttamente il cielo. Questa è una sorta,
se vogliamo, di perdita di un certo aspetto dell'astronomia a scapito della tecnica moderna di
fare scienza.
Proseguendo l'esposizione, la diapositiva sucessiva ci mostra che noi
siamo qui, fermi sotto la volta stellata anche se questa sera non vedremo tante stelle sia a
causa della Luna (che è proprio alle vostre spalle), che dell'umidità, la quale diffonde la
propria luce e impedisce di vedere gli oggetti che sono più deboli. Ma è bello fermarsi un
attimo per meditare sulle caratteristiche della Terra e sulle caratteristiche degli oggetti
celesti. Per esempio, noi siamo abituati a muoverci sulla Terra e in questo momento io sono
in piedi e mi sembra d'essere fermo, e pure voi siete seduti e vi sembra di stare fermi, vi
sentite stabili: in realtà ci troviamo in un vorticoso movimento del quale è partecipe ogni
oggetto celeste, perché in questo momento alla nostra latitudine la Terra sta ruotando a circa
1200 Km/h intorno al suo asse.
Allora noi abbiamo in questo momento una velocità di rotazione -insieme alla Terra- di 1200 Km/h.
Analogamente, come sapete, la Terra ruota intorno al Sole e ruota a una velocità che è
dell'ordine di 100.000 Km/h. Voi sapete già che la Terra compie una rivoluzione completa
intorno al Sole in un anno, la quale è diventata un'unità di misura del tempo.
A 100.000 Km/h la Terra sta ruotando intorno al Sole, il Sole a sua
volta sta ruotando intorna al centro della Galassia ad una velocità che è dell'ordine di
800.000 Km/h e fa un giro completo intorno alla galassia in circa 250.000.000 di anni.
Ancora, il Sole si sposta nell'ambito della Galassia verso la costellazione di Ercole a
70.000 Km/h. E in più la nostra Galassia, che è un'insieme di stelle delle quali fa parte
anche il Sole, si allontana dalle galassie vicine a un 1.000.000 di Km/h.
Noi siamo partecipi dell'insieme di questi moti complessi, i quali rappresentano pure delle forme di energia che possiedono tutti i corpi del Sistema Solare, della nostra Galassia, delle altre galassie, dell'universo stesso.
Allora, siccome vi ho detto che se noi osserviamo il cielo facciamo un
viaggio anche nel tempo e, per arrivarci, consideriamo alcuni oggetti che conosciamo molto bene
e che vediamo ogni giorno; nella nuova diapositiva vi mostro questo oggetto, che è il Sole,
è il Sole visto dallo spazio, da un satellite d'osservazione che ha messo in evidenza i raggi X
che emette la nostra stella.
Il sole è un potente emettitore di luce ma non solamente la luce che vediamo con i nostri
occhi, quella che ci illumina, ma bensì emette anche raggi ultravioletti che, come ben sapete,
sono nocive per quanto riguarda la vita e l'incolumità delle cellule. Emette radiazione
infrarossa ed emette pure radiazioni che non arrivano fin sulla terra, in quanto l'atmosfera
le blocca prima, come raggi X e gamma, che sono molto penetranti: il Sole è un generatore di
raggi X molto più energetici di quelli che vengono impiegati in medicina. Tali radiazioni si
possono misurare solo al di fuori dell'atmosfera, mediante l'impiego si satelliti artificiali
e questa che vi presento è una fotografia del Sole nei raggi X.
Che cosa ci mostra del Sole questa finestra osservativa? La nostra
stella è un oggetto con una temperatura atmosferica molto alta, dell'ordine d'un paio di milioni
di gradi.
Il sole è un oggetto che siamo abituati a vedere nel cielo con cui conviviamo diciamo fin dalla
nascita dell'uomo. Andiamo alla prossima diapositiva...: il Sole è la nostra stella e siamo
abituati a considerarlo come un compagno della vita di ogni giorno, però il esso è soltanto uno
dei 200.000.000.000 di stelle che costituiscono un sistema che noi chiamiamo Galassia.
Vi dicevo prima che il Sole ruota intorno al centro della galassia proprio perché esso è
semplicemente uno di questi 200 miliardi di stelle che formano una specie di ciambella
schiacciata con un rigonfiamento centrale e una specie di disco su cui sono disposte le stelle.
Come sappiamo che esiste la nostra galassia? Ne abbiamo testimonianza
soprattutto nei mesi estivi, quando notiamo una striscia luminosa composta da quelle deboli
stelle che fanno parte di questo sistema stellare che si chiama Via Lattea. L'immagine
della Via Lattea
che mostro vi presenta una fascia luminosa, molto in alto nel cielo: non rappresenta nient'altro
che il piano del disco sul quale sono distribuite le stelle.
E' quindi è una specie di fascia irregolare; come vedete qua e là nell'immagine, la luce di
questa fascia viene determinata dai miliardi di stelle che ne fanno parte. Ci sono anche delle
zone più scure, delle zone quasi nere, come vedete qua; tali zone nere tracciano la presenza
di polveri che sono mescolate ai gas che si trovano fra le stelle. La nostra galassia è un
miscuglio di stelle (le parti luminose), gas (anch'esso luminoso) e polveri che sono le parti
più scure.
Le polveri assorbono la luce delle stelle che stanno dietro, quindi già qui abbiamo un'idea
che facciamo parte di un sistema più grande rispetto alla stella Sole: la nostra stella è una
parte infinitesima dell'enorme ammasso di stelle che è la nostra galassia.
Andiamo alla prossima diapositiva: della nostra Galassia fanno parte
anche altri insiemi e sottoinsiemi di stelle. Le stelle, c'è una sorta di gerarchia nella
distribuzione degli oggetti nell'universo. Gerarchia in che senso? Nel senso che gli oggetti
tendono ad associarsi tra di loro in alcune configurazioni che dipendono dall'attrazione
gravitazionale. Per esempio le stelle tendono a disporsi in ammassi di stelle, gli ammassi di
stelle poi vanno a formare la galassia che è l'ammasso diciamo più grande se vogliamo.
L'ammassso di stelle che qui vediamo sono le Pleiadi, un ammasso famoso e molto fotografato; chi dispone di una buoma vista potrà
osservarne 7 ad occhio nudo. Sono ben visibili nel cielo invernale, poco sopra la costellazione
del Toro. Sono 7 stelle molto giovani e sappiamo che sono giovani perché hanno una
colorazione bianco-azzurra. Sono molto luminose e giovani ed hanno della materia, del gas, fra
di esse dal quale si sono formate; questo è un tipico ammasso aperto della nostra Galassia.
Come questo ci sono molti ammassi aperti, soprattutto sul disco della Via Lattea.
Analizzando la struttura della nostra galassia, possiamo dire che la
"striscia luminosa" che vediamo nelle notti serene è la sua fascia equatoriale; poi naturalmente
abbiamo delle stelle anche nelle zone polari, ma noi vediamo solo la fascia più luminosa che
ci viene rappresentata in cielo come la Via Lattea. E queste sono anche le stelle che ci sono
relativamente più vicine, cioé quelle della nostra galassia; anche se le dimensioni della
galassia sono ragguardevoli per il nostro metro di piccoli uomini sulla terra, esse sono
enormemente più vicine di quelle delle altre galassie.
Andiamo alla prossima diapositiva. La nostra galassia non è l'unico sistema di stelle
dell'universo. Esistono infatti almeno altri 100 miliardi di galassie simili alla nostra.
Questa è una galassia che è simile alla nostra, dato che si ritiene che
M 31 sia una "gemella" della nostra.
Chiaramente noi lo non sappiamo con precisione, perché possiamo solo
dedurre la forma della nostra galassia, siccome ci siamo dentro e ci è difficile, ovviamente,
capire com'è fatta.
Abbiamo capito abbastanza bene come sono distribuite le stelle, però la loro esatta disposizione
la possiamo vedere solo nelle galassie esterne, ciascuna delle quali è un ammasso di altre
centinaia di miliardi di stelle. In galassie simili alla nostra c'è un rigonfiamento centrale
di stelle, c'è una zona a disco sulla quale sono disposte le stelle e c'è una fascia scura che
taglia praticamente il disco dove sono concentrate le polveri che, come vi dicevo, assorbono la
luce delle stelle che stanno dietro.
Andiamo alla prossima diapositiva. Ricordo che siamo partiti dal Sole,
per considerare che il nostro astro fa parte d'un insieme di stelle che è la nostra Galassia e
abbiampo considerato adesso che ci sono altre galassie, altri sistemi di miliardi di stelle.
Quest'immagine rappresenta la distribuzione delle galassie nell'universo osservabile.
Quest'immagine mi dice che ci sono altre centinaia di miliardi di galassie, ciascuna delle quali
è formata da centinaia di miliardi di stelle; possiamo fare una stima e dire che nell'universo
osservabile abbiamo circa 100 miliardi di galassie, ciascuna delle quali con 100 miliardidi
stelle. Quindi, ad essere pessimisti, nell'universo osservabile ci sono diecimila miliardi
di miliardi di stelle; però tali stelle non sono distribuite omogeneamente e questa è stata una
scoperta che ci ha aperto gli orizzonti della cosmologia, cioè il fatto di capire com'è fatto
veramente l'universo. Queste galassie non sono disposte in modo da riempire tutto l'universo,
ma ci sono delle concentrazioni, cioè delle zone dove le galassie sono più numerose e delle zone
dove le galassie sono meno concentrate, un po' come se ci fossero dei buchi dove non sono
presenti.
Si è visto che la materia nell'universo è distribuita come una specie di
groviera e questo ci ha dato delle informazioni molto importanti per capire come l'universo è
nato, come si è evoluto (anche se non sappiamo esattamente tutto) e anche come sarà il suo
futuro.
In realtà le galassie, come le stelle, tendono a raggrupparsi in gruppi che chiamiamo ammassi
di galassie; se raffiguriamo le galassie con un punto bianco e le disponiamo su di un piano,
la loro distribuzione apparirà come un insieme di filamenti chiari che separano ampie zone scure.
Ciascuna delle zone più luminose è formata da centinaia di miliardi di stelle e questi gruppi
luminosi, che sono formati da stelle associate in galassie, galassie associatesi in ammassi e
ammassi di galassie a loro volta associatisi in super ammassi rappresentano i filamenti di
galassie che danno origine alla distribuzione della materia, simile ad un universo a forma
di groviera.
Con i nostri strumenti catturariamo la radiazione, cioè alcune forme di luce, che ci proviene da quelli che sono gli oggetti che si trovano all'estremo limite dell'universo osservabile. In questa diapositiva vediamo quello che è, un problema d'instabilità, come diciamo noi in fisica. Questo è uno degli oggetti più distanti che siamo riusciti ad osservare e precisamente è un corpo che viene chiamato quasar, cioè un oggetto "quasi stellare": è in realtà una lontanissima e giovanissima galassia che ha una produzione di energia spaventosa. L'immagine è stata presa nella banda X e il motore al suo centro, che produce quest'energia, potrebbe essere un buco nero. Quest'immagine è un estremo limite osservabile dell'universo.
Adesso io non vorrei entrare nel dettaglio se l'universo ha un limite o
non ce l'ha, se l'universo è finito o infinito. Quello che possiamo dire è che esiste un limite
all'osservazione dell'universo, ma l'universo non ha un limite, quindi in definitiva possiamo
dire che i nostri strumenti possono arrivare all'incirca fino a 15 miliardi di anni luce di
distanza e questo è il massimo limite che noi possiamo osservare.
Perche? Perchè riusciamo ad osservare oggetti prossimi all'epoca in cui l'universo si è formato.
Epoca che noi facciamo corrispondere all'incirca a 15 miliardi d'anni fa, anche se abbiamo una
certa imprecisione nell'età esatta perché le nostre osservazioni non sono sufficientemente
precise.
Ora arriviamo al concetto di distanza per capire, quando osserviamo il cielo e le stelle,
che in realtà facciamo un viaggio nel tempo!
Noi misuriamo le distanze nell'universo non in metri o decametri o
chilometri, perchè abbiamo a che fare con distanze così grandi che dobbiamo usare delle unità
di misura che ci siano comode, altrimenti avremmo dei numeri spaventosamente grandi.
Nel nostro sistema solare, che è piccolissimo rispetto all'universo, possiamo utilizzare
un'unità di misura che ci è familiare quale la distanza della Terra dal Sole; la Terra dista dal
Sole in media 150 milioni di Km. In questo ambito noi misuriamo col nostro "metro", che è la
distanza Terra-Sole, e possiamo misurare la distanza dei pianeti con questo sistema: tale unità
di misura che è l'Unità Astronomica (UA) corrispondente a 150 milioni di km.
In questo modo posso esprimere tutte le distanze dei vari pianeti in UA.
Però cosa succede quando vado ad osservare oggetti più distanti, per esempio le stelle?
Non mi basta più l'Unità Astronomica, diventa un'unità di misura troppo piccola e dovrei usare
dei numeri enormi per misurare la distanza della stella più vicina, Alpha Centauri.
Allora l'astrofisico si è inventato un'altra unità di misura, la distanza
luce e qui arriviamo proprio al nocciolo della questione. Noi sappiamo che la luce è l'entità
che si muove alla massima velocità consentita nelle leggi della fisica nel vuoto; questa
velocità corrisponde a circa 300.000 km/s e questo significa che un raggio di luce in un
secondo riesce a percorrere 300 mila km, mentre in un'ora esso percorre 1.000.000.000 di km.
Ed ho così individuato delle unità di misura: il secondo luce, l'ora luce, un
anno luce che è la distanza che la luce percorre in un anno, corrispondente a circa
9.500 miliardi di km. Faccio un piccolo inciso: troverete spesso nei gornali, che sono molto
imprecisi, la dizione "anno luce" come misura di tempo; questo è fondamentalmente sbagliato.
Per fare un esempio, potreste trovare scritto: "Sono passati anni luce dall'ultima volta che..."
Questo è uno dei più grossi errori che si possono fare dal punto di vista della caratterizzazione,
perchè l'anno luce è una misura di lunghezza come il metro, non di tempo come il secondo.
Quando dico un anno luce, voglio dire 9.500.000.000.000 di km.
Allora già qui immaginate quale sia il problema; abbiamo detto che la
luce è l'entità che si muove più rapidamente e che copre le distanze nella maniera più veloce
che sia possibile fare nel nostro universo fisico. Ma le stelle noi le vediamo perchè emettono
luce e questa luce deve giungere sino a noi, affinchè io possa vedere la stella; ma questa luce
deve impiegare un certo tempo per arrivare fino al nostro occhio. Quanto tempo?
Dipende dalla distanza della stella. Allora la stella più vicina, Alpha Centauri, che
dista solo 4 anni luce dalla Terra, si poco trova a poco meno di 40.000 miliardi di km; ecco
perché è scomodo esprimere tali distanze in km. Invece di dire 4 anni luce, dovrei dire
40 mila miliardi di km: ecco spiegato perché si è inventato l'anno luce.
Usare quest'unità di misura, per la distanza della stella più vicina
alla Terra, ha un duplice significato: dice che la stella dista 40 mila miliardi di km, ma
significa anche che la sua luce per arrivare a noi impiega 4 anni.
Ecco allora il concetto di osservazione del cielo ma anche di viaggio nel tempo.
In che senso viaggio nel tempo? Nel senso che la luce che io vedo della mia stella Alpha
Centauri non è stata emessa nel momento nel quale io la vedo, ma è stata emessa 4 anni fa.
La cosa si può applicare anche alla Luna, anche se è più vicina: la luna dista circa 380.000 km
e un raggio di luce proveniente dalla luna sta circa un secondo e un quarto per arrivare fin
sulla Terra. Anche qui c'è un piccolo viaggio indietro nel tempo, non molto, nel senso che un
secondo e un quarto non è un grande ritardo, però quando io vado ad osservare oggetti che si
trovano a milioni di anni luce, beh signifiva che sto osservando della luce, che è stata emessa
milioni di anni fa, o addirittura miliardi di anni fa se l'oggetto è molto distante, come i
quasar.
Nel caso del sole le cose non sono così drammatiche; si diceva prima che il Sole dista dalla
Terra circa 150 milioni di km: un raggio di luce percorre questa distanza in 8 minuti e 17 secondi.
Quindi la distanza luce del Sole é di poco più di 8 minuti.
Ma anche questo ha delle implicazioni: se il Sole si spegnesse
improvvisamente, cosa che speriamo non avvenga e che i nostri modelli astrofisici dicono non
avverrà, noi lo sapremmo solo dopo 8 minuti. Non lo vedremmo spegnersi immediatamente come
una lampadina, ma lo vedremmo ancora anche se in realtà si è già spento 8 minuti fa.
Ecco quindi che i concetti di tempo di percorrenza della luce dell'oggetto fino a noi
ci fanno anche capire che noi osserviamo un cielo stellato nel quale la luce di ogni stella non
è stata emessa nello steso istante; ma tanto più guardo in distanza, tanto più guardo indietro
nel tempo.
Per avere un'idea del valore delle distanze, ho preparato alcuni grafici
che forse ci annoieranno un po' ma quando li mostrerò associati ad alcuni oggetti forse le idee
ci si schiariranno un po': la distanza luce è rappresentata qui come una barra gialla verticale,
e tanto più una barra è alta, tanto maggiore è la distanza.
Abbiamo già parlato dell'anno luce, questa è la distanza che la luce percorre in un anno,
cioè 9.400 miliardi di km; naturalmente abbiamo anche un'ora luce, che corrisponde a
18 milioni di km, e queste distanze vanno bene per misurare gli oggetti che si trovano nella
nostra galassia. Quando andiamo ad osservare oggetti che si trovano nella Galassia, dobbiamo
impiegare misure luce che sono dei multipli dell'anno luce, per esempio 10, 100, 1000 o 100.000
anni luce, quest'ultimo corrispondente a 950.000.000.000.000.000 di km (950 milioni di miliardi
di km); ecco perché diciamo che questi numeri sono enormi e dpbbiamo utilizzare l'anno luce, in
quanto non abbiamo altre possibilità di misura.
Andando quasi ai confini dell'universo, quindi ad una distanza (ad esempio) di 10 miliardi di
anni luce, significa avere un oggetto ai confini dell'univeso osservabile e che la sua luce
venne emessa 10 miliardi d'anni fa. Allora il quasar era molto giovane e i suoi raggi luminosi
vennero emessi 10 miliardi d'anni fa: io lo sto osservando adesso perché la luce ha impiegato
tutto questo tempo per arrivare fino ai miei strumenti. 10'000'000'000 di anni luce
corrispondono ad un numero enorme, che qui ho cercato di sintetizzare: sono
95.000.000.000.000.000.000 di km (novantacinquemila miliardi di miliardi di chilometri).
Abbiamo a che fare con delle distanze che sono veramente spaventose e che noi possiamo coprire
solo con i nostri strumenti.
Ecco il più grande problema dell'astrofisica: noi non possiamo esplorare
fisicamente l'universo, perché con qualsiasi tipo di viaggio fisico dell'uomo, l'universo è al
di là delle nostre capacità tecnologiche e anche sostanzialmente della nostra vita, che è
relativamente breve rispetto a queste distanze e a questi tempi che persino la luce impiega
per coprirli.
Quindi abbiamo delle "invalicabili" barriere nell'esplorazione dell'universo, le quali si
limitano al fatto di stare qui sulla Terra e tutt'alpiù mettere qualche osservatorio nelo spazio
per captare la luce che proviene dagli oggetti celesti e cercare di costruire il nostro modello
del cielo.
Però è un modo molto affascinante di esplorare l'universo, anche meraviglioso se immaginate che
siamo riusciti a capire come sono fatti gli oggetti distanti 10 miliardi di anni luce solamente
studiando la luce proveniente da questi oggetti, quindi scomponendo opportunamente i raggi
luminosi ed usando le leggi della fisica. Tutto questo questo è stato suggerito nel 1800 da
un gesuita, padre Angelo Secchi, il quale è stato il primo ad avere l'intuizione di
applicare le leggi della fisica di laboratorio allo studio delle stelle, facendo nascere quella
che è la spettroscopia, cioè la possibilità d'analizzare la luce degli ogetti celesti.
Se vogliamo avere un'idea delle distanze nel nostro Sistema Solare, e
come dicevo in precedenza esse si possono esprimere in UA nel Sistema Solare, cioé in
multipli di 150 milioni di km, la distanza della Terra dal Sole corrisponde ad
1 UA. Nel caso di Venere, che è relativamente vicino alla Terra dalla parte
del Sole, essa è circa 1/3 di UA, approssimativamente 40 milioni di km.
Possiamo esprimere abbastanza agevolmente, sostanzialmente, la distanza degli altri pianeti
ed allontanarci dalla Terra proseguendo verso Giove, Saturno, Urano,
Nettuno, per giungere sino a Plutone.
Giunti a questo punto siamo già in difficoltà, dato che Plutone è in media a poco meno
di 6 miliardi di km dal Sole, cioé a quasi a 40 UA; siamo un po' al limite delle capacità
dell'unita astronomica.
Ma quando abbiamo a che fare con la stella più vicina che dista 4 anni luce, dobbiamo
inevitabilmente passare all'anno luce come unità di misura. Andiamo ancora avanti.
Abbiamo a che fare con distanze veramente enormi se poi arriviamo a
considerare la nostra Galassia,
questa ciambella formata da stelle con un rigonfiamento centrale, che ha un diametro che è
dell'ordine di 100.000 anni luce, e il Sole che si trova ad una distanza dal centro di
circa 27.000 anni luce.
Questo cosa significa? Significa che, se un raggio di luce emesso da una stella all'estremo
confine della nostra galassia sta circa 73.000 anni per giungere sino al Sole,
analogamente una stella che si trova al centro della nostra galassia emette un raggio di luce,
che arriverà in prossimità della Terra dopo 27.000 anni.
Se invece andiamo a considerare un oggetto, come si diceva, all'estremo limite dell'universo
osservabile, quando abbiamo a che fare con distanza di circa 15 miliardi di anni luce,
quest'oggetto dista qualcosa come 142.500.000.000.000.000.000.000 di km (142.500 miliardi di
miliardi di km) e la sua luce arriva dopo una quindicina di miliardi d'anni.
Ora questi numeri enormi, cosa ci dicono?
Ci dicono sostanzialmente che queste distanze condizionano anche l'osservazione degli oggetti
celesti. In questa diapositiva ho rappresentato quello che è un campo stellare in prossimità
del polo nord celeste, dove si vede l'Orsa Minore, con la Stella Polare, e l'Orsa Maggiore.
Questo è un settore di stelle che si trovano a diversissime distanze da noi, anche se un'altra
solitamente nostra convinzione è che le stelle si trovino tutte alla stessa distanza.
Perché noi le vediamo proiettate sulla sfera del cielo; invece ciascuna stella si trova a una
distanza profondamente diversa, e le costellazioni che qui sono indicate con queste linee
continue sono delle linee immaginarie, che gli antichi avevano tracciato per usare le stelle
a scopo di orientamento e, con la loro fantasia, loro vedevano sostanzialmente in questa
configurazione (un piccolo carro con il carro e il timone, o un'orsa, eccetera).
Ma naturalmente il fatto che noi rappresentiamo le costellazioni in questo modo, non ha niente
a che vedere con le reali distanze delle stelle, cioè le stelle che fanno pare di una
costellazione possono essere poste alle distanze più diverse e non avere a che fare niente
l'una con l'altra. Quindi le costellazioni sono un'allegoria, una nostra immaginazione per
ricordarsi la posizione delle stelle in maniera mnemomica, ma questo non ha niente a che fare
con la vera associazione fisica delle stelle.
Qui vediamo un apanoramica delle costellazioni, come vengono solitamente
rappresentate. Nelle prossima diapositiva vedremo quelle che sono le distanze effettive di
queste stelle: questa è l'Orsa Minore e questa è la Stella Polare. Adesso non vi dirò tutte le
distanze in anni luce, perchè non ci interessano molto, ma se io cerco di capire quando è stata
emessa la luce di ciascuna stella, ho riportato alcuni esempi, la Stelle Polare sostanzialmnte ha
emesso la sua luce quando la Santa Sede è stata spostata ad Avignone, per chi si interessa di
storia!
Ho fatto qualche altro esempio: questa stella del Piccolo Carro ha emesso la propria luce
quando è stata realizzata la prima macchina a vapore, oppure non so, questa stella che si
trova in Cassiopea ha emesso la sua luce nel 1017 a.C., quando eravamo nell'età del
ferro. O ancora questa stella, che fa parte della costellazione del Orsa Maggiore ha
emesso la sua luce nel 1766, quando Cavendish ha scoperto l'idrogeno; ecco perchè vi dicevo
che andare ad osservare la distanza luce di ciascun oggetto nell'universo può dare una lezione
di storia, dato che si può associare il tempo che è passato dall'invio della luce della stella
ad eventi storici.
Vedo che effettivamente ciascuna di queste stelle ha emesso la sua luce in tempi completamente diversi, in epoche storiche completamente diverse, ecco perchè vi dicevo che le costellazioni sono puramente una raffigurazione, cioè non hanno niente a che fare con il fatto che le stelle si trovano apparentemente vicine nel cielo: in realtà queste stelle sono distantissime, l'una dall'altra.
Se vado a vedere degli oggetti che non sono stelle ma che fanno parte
della nostra Galassia, per esempio le nebulose, ci sono diverse di esse da quelle che
sono i resti di stelle esplose a quelle che che hanno emesso grandi quantità di gas alla fine
della loro vita lungo la sequenza principale (le nebulose planetarie), loro luce
venne emessa in tempi ancora anteriori. Possiamo vedere quella che viene chiamata
Nebulosa Civetta che ha una distanza di 2.700 anni luce, quindi ha emesso la sua luce
circa duemila e settecento anni fa, quindi significa che eravamo nel regno neobabilonese,
cioè la luce che osserviamo adesso da questa nebulosa venne emessa al tempo di Nabucidosor.
Altri oggettti che si trovano in questa costellazione hanno emesso la loro luce nel 746 a.C,
ai tempi della Magna Grecia.
Tutti questi oggetti, tutte le stelle, hanno emesso la loro luce in
epoche diversissime; per esempio, M52 ha emesso la sua luce nel mesolitico,
quindi eravamo all'età della pietra; abbiamo altri ammassi stellari che hanno emesso la loro
luce ai tempi dlle piramidi, nell'antico regno.
O ancora un'altro ammasso stellare, M44 ha emesso la sua luce nel periodo dell'umanesimo,
intorno al 1.400 all'incirca.
Andiamo ancora avanti. Se ci spingiamo ancora in distanza nell'universo, proprio se andiamo
a considerare le galassie, per esempio M81 che è una galassia che dista circa 7 milioni
di anni luce dalla nostra, o addirittura altre che distano 25 milioni di anni luce dalla
nostra, esse hanno emesso la luce che ci arriva adesso in epoche arcaiche, quando l'uomo
aveva appena calcato la terra, o addirittura non era ancora comparso.
Se andiamo a vedere M82, che ha emesso la sua luce circa 4 milioni di anni fa quando
imperversava l'australopitecus, che è una delle specie di uomini preistorici, ci rendiamo
conto che questo può essere veramente un viaggio nel tempo, e potremmo allora andare ancora
più indietro nel tempo, diciamo quando questa galassia ha emesso la sua luce, c'erano ancora
una forme di vita primitive e qui siamo veramente agli albori della stessa nascita della vita
sul nostro pianeta.
Ho detto tutto questo per farvi capire che la materia dell'universo
è distribuita su delle distanze enormi, le quali implicano anche un tempo lunghissimo per
percorrerle e, anche se la luce è l'entità fisica che si muove più velocemente, significa che
li percorre in tempi spaventosamente lunghi per quanto riguarda l'esistenza media dell'uomo.
Questo ci fa pensare che noi non potremo mai esplorare l'universo fisicamente e, tanto per fare
una carrellata, noi abbiamo dei mezzi per spostarci al di fuori della Terra, o nella sua
prossimità, ma sono mezzi ancora troppo lenti per andare in tempi ragionevoli ai confini del
Sistema Solare.
Il metodo principale impiegato sin dagli albori dell'astronautica è quello della propulsione
a razzo, che è pure quello maggiormente collaudato; è un metodo abbastanza semplice dal
punto di vista chimico-fisico, dato che si basa su un razzo che opera sfruttando le reazioni
chimiche fra un combustibile e un ossidante, i quali uniti insieme producono l'espulsione del
gas che dà la spinta al razzo. Tale sistema di propulsione è quello che venne impiegato per
mandare l'uomo sulla luna e potrebbe essere quello che potrebbe venire usato per mandare l'uomo
su Marte.
Altri tipi di propulsione di nuova concezione sarebbero quella
elettrica, quella al plasma, quella nucleare sia classica che quella
utilizzante il Cesio (progetto di Carlo Rubbia) o addirittura impiegando antimateria.
N.d.R.: tali tipi di propulsione sono ancora teorici, ad eccezione di quella al plasma, la cui
prima missione ha avuto un successo strabiliante. Partita il 24 ottobre 1998, la sonda Deep
Space 1 doveva effettuare i test su dodici nuove tecnologie; ha svolto il suo compito con
un successo notevole, riuscendo a raggiungere, fotografare, misurare i parametri fisici e
addirittura attraversare la coda di polveri della cometa 19P / Borrelly.
La propulsione chimica fa raggiungere velocità che sono una frazione piccolissima di
quella della luce; ciò significa che il più potente razzo che abbiamo mai usato, il Saturno
5, impiegherebbe "una vita" per raggiungere gli oggetti più distanti. (N.d.R.: esso venne
impiegato per raggiungere la Luna in poco meno di tre giorni reali, avrebbe impiegato comunque
dieci ore per percorrere una distanza simile, senza considerare quindi l'attrazione gravitazionale
terrestre che lo decelera mano a mano che si allontana dal nostro pianeta). Il Saturno 5
riusciva a raggiungere al massimo una velocità che è un 400 millesimo della velocità della luce
e quindi avrebbe percorso una distanza come quella fra la Terra e Mercurio in tre mesi,
avrebbe raggiunto il Sole in 5 mesi, Saturno in 3 anni e mezzo. Ma gli sarebbero
serviti 27.000 anni per riuscire a percorrere 1 anno luce e 100.000 anni per arrivare alla
stella più vicina... Siamo ben lontani non solo da quella che è la vita umana, ma anche dalla
durata di molte generazioni umane.
Ma proviamo a pensare a quanto tempo sarebbe necessario per raggiungere
un'altra galassia: impiegherebbe 27.500.000.000 di anni! Impiegherebbe quasi il doppio
dell'attuale età dell'universo, quindi non solo è al di fuori di ogni possibilità pratica, ma
anche di ogni minimo pensiero in tal senso...
Ma anche se avessimo un razzo che può spostarsi alla velocità delle luce, le cose non
migliorerebbero di molto. Al di là del fatto che quando ci si avvicina alla velocità della
luce si verificano "strani eventi" a causa delle relatività, non abbiamo comunque la tecnologia
per dare a un razzo una spinta che sia almeno una frazione significativa della luce.
Ammettiamo lo stesso di poter arrivare alla velocità della luce; tale tecnologia non ci
risolverebbero i problemi, se non in ambito locale, perché come si diceva precedentemente sulla
Luna si arriverebbe in un secondo e un quarto, su Mercurio in 5 minuti, in 2,3
minuti su Venere e 8,3 minuti sul Sole.
Questo comunque senza tenere conto dell'accelerazione e della decelerazione necessarie, che
comunque complicherebbero la vita e allungherebbero il tempo necessario.
Ma potremmo tranquillamente esplorare il Sistema Solare con un
razzo alla velocità luce, in quanto potremmo arrivare su Plutone in 5 ore e il pianeta
dista circa 38 UA dal Sole. Come già detto, per arrivare sulla stella più vicina impiegheremmo
4,2 anni, che comincia già ad essere una durata non trascurabile. Ma se volessimo andare sulla
galassia più vicina, le Nubi di Magellano, dovremmo impiegare qualcosa come 180 mila anni
o più di 2,2 milioni se volessimo andare ad esplorare le galassie del gruppo di M 31, il
che ci impedisce un simile proposito.
Ma c'é uno stratagemma o una possibilità per aggirare il problema? Per ipotizzare viaggi
più veloci della luce si dovrebbe probabilmente disporre di teorie fisico-matematiche nuove, ma
forse possiamo ricorrere a delle teorie, estremamente complicate, che per ora sono solamente
delle speculazioni teoriche, cioè non hanno delle applicazioni pratiche e non siamo ancora in
grado di fare e di mettere in pratica, ma che potrebbero aggirare questi problemi.
Lgrandi distanze che in teoria si potrebbero fare nel momento stesso in
cui avessimo la tecnologia per sfruttare queste conoscenze di fisica, si basano fondamentalmente
sulle conoscenze derivate dalla Teoria della Relatività Generale, quel concetto fenomenale
che ha cambiato completamente la nostra visione dell'universo e che è stato introdotto da
Albert Einstein nel 1915-1917.
Ora, proprio sfruttando la Relatività di Einstein, sarebbe possibile almeno in teoria percorrere
delle enormi distanze in tempi che siano ragionevolmente brevi per essere comparabili con la
vita dell'uomo. Come?
In realtà lo spazio e il tempo, e questa è stata l'intuizione fenomenale di Albert Einstein, costituiscono un tutt'unico che viene chiamato spazio-tempo, a quattro dimensioni. E' notevole il fatto che finalmente si sia capito che ci siano più di tre dimensioni, noi che nella vita di ogni giorno siamo abituati a ragionare in tre dimensioni (altezza, lunghezza e larghezza) e ci dimentichiamo che c'è anche il tempo. Con il ragionamento iniziale, che spero d'avervi fatto capire, il fatto che nella vita di ogni giorno non abbiamo a che fare con il concetto del tempo se non in maniera molto relativa, non toglie il fatto che, quando andiamo a considerare delle distanze enormi, dobbiamo considerarlo, perché il tempo implica un ritardo nell'arrivo dell'informazione che giunge sino a noi e viceversa, dato che pure io posso mandare un segnale ad un osservatore molto distante.
A voler essere pignoli, dovremmo tener conto del tempo anche noi, ma le
differenze nel tempo d'arrivo del segnale calcolate nella vita comune con le usuali equazioni
e quelle precise fatte con la Relatività sono ai fini pratici trascurabili. Nella vita comune
ci sono altri ritardi ben più consistenti, come ad esempio la velocità di propagazione del suono,
che non modifica il nostro modo di vivere, ma ci permette d'ascoltare la nostra eco in una
vallata montana.
Quando cominciamo a spostarci a velocità elevate, velocità prossime a quelle della luce nel vuoto,
la situazione cambia completamente; una delle intuizioni di Einstein fu quella di cambiare la
nostra visione della forza di gravità, da quella classica secondo il concetto di Newton,
cioè la forza che ci tiene incollati con i piedi per terra è dovuta all'attrazione reciprosa
fra le masse dei corpi (Terra e noi), e quella relativistica dove la massa dei corpi deforma la
stessa struttura dello spazio-tempo. Le masse creano dei pozzi gravitazionali, a causa dei
quali i corpi vengono deviati dal loro movimento oppure ci cadono dentro (ad esempio quando un
oggetto precipita verso la superficie terrestre).
Un esempio che viene citato spesso è quello di un telo che s'incurva nel
punto nel quale viene depositata una massa, come ad esempio una pesante sfera, in modo da
mostrare in maniera grezza ma efficace la curvatura dello spazio-tempo.
Einstein ha capito che, dovunque ci sia una massa, si ha una deformazione del "telo elastico"
che rappresenta figurativamente lo spazio-tempo; chiaramente questa è una rappresentazione
semplificata per farci capire come avvengono le cose ma non è quella reale, perché io vedo il
mio telo a tre dimensioni e dovrei ragionare in quattro dimensioni, ma il nostro cervello ha
difficoltà a rappresentarsi graficamente, anzi non può proprio rappresentarsi, in 4 dimensioni
la curvatura dello spazio tempo provocata dalla massa.
Questo cosa significa? Significa che se io ho un'altra piccola massa, per esempio una biglia
e da un angolo del telo elastico la lancio verso la biglia più grande in maniera da non essere
coincidente proprio con la biglia grande, ma cerco di darle una traiettoria che le passi vicino,
accade che la traiettoria della biglia piccola sarà rettilinea finché arriverà in prossimità
della sfera più grande, poi il telo elastico si incurva e allora la mia biglia più piccola
tenderà ad avvinarsi a quella più grande.
Se io non ho dato sufficiente energia alla mia biglia accadrà che essa si dirigerà in questa
buca di potenziale, che si forma a causa della presenza della biglia grande: questa è
la forza di gravità, ma questa attrazione di gravita non ha niente a che fare con la
gravità di Newton, dove la biglia piccola tendeva a girare intorno alla biglia grande. Qui, alla
fine, la biglia va a depositarsi sul fondo della curvatura semplicemente perchè è stato curvato
lo spazio-tempo; questo succede non solo per la biglia ma, se la sfera è sufficientemente
massiccia, accade anche per la luce, cioè un raggio di luce -che pur non ha massa perché il
raggio di luce è costituito solo di energia- quando passa in vicinanza di una grande massa tende
a seguire la curvatura dello spazio e quindi fa una traiettore leggermente più lunga, venendo
per tale ragione deflesso. Tale deflessione è possibile misurarla anche per il Sole ed
è stata oggetto d'una sensazionale misurazione operata nel 1919 in occasione dell'eclisse totale
di Sole, confermando una delle principali previsioni della Relatività Generale.
Se la mia massa è veramente grande, quasi tendente all'infinito, cosa
succede? Succede che ho una lacerazione del mio foglio elastico, cioè si forma quasi un imbuto,
percui qualsiasi massa, o qualsiasi raggio di luce, che si trovi ad evere una traiettoria che
passa vicino ad esso sostanzialmente deve caderci dentro, non può sfuggirgli proprio perché il
foglio s'incurva e c'è questo imbuto che lo "risucchia", sia che si tratti d'una massa che
della luce.
Tali concetti è stato possibile verificarli in natura, grazie proprio alle osservazioni
astronomiche; infatti la conferma della Relatività di Einstein è venuta da esperimenti
non solo di laboratorio ma pure dalle osservazioni astronomiche. Noi sappiamo che esistono
degli oggetti che hanno una massa molto grande e questi corpi sostanzialmente tendono ad attirare
a se la massa di una stella che si trova vicina ad essi. Immaginate in prossimità di questi
oggetti massicci che ci sia una deformazione dello spazio-tempo molto accentuata: se ho un altro
oggetto (ad esempio una stella) che gli si trova molto vicino e che ruota insieme a tale corpo
esotico, il gas della stella di massa minore tenderà a confluire nella stella di massa maggiore
e si formerà un disco d'accrescimento di gas.
La stella di massa minore perderà molta parte della sua massa, la quale verrà risucchiata
dall'oggetto che ha la massa maggiore.
Questi oggetti esistono in natura e noi li osserviamo;
M 57 è un oggetto abbastanza noto, è una
nebulosa ad anello che si trova nella costellazione della Lyra, ben visibile durante l'estate;
l'oggetto è formato da una stella poco luminosa al suo centro, che è una stella ad alta densità
di materia, e un anello gassoso prodotto dall'emissione di materia di questa stella prossima
alla fine della "sua vita normale" (N.d.R.: quando uscì dalla sequenza principale la stella
entrò in una fase d'instabilità e pulsando emise grandi quantità di fas sotto forma di vento
stellare. L'emissione continuativa del gas, sotto forma di ondate successive, produsse una
sfera gassosa che appare come un anallo per questioni prospettiche).
Il processo ha portato alla formazione di una stella molto densa, chiamata nana bianca;
se una stella molto densa facesse parte d'un sistema doppio, questa tenderebbe a sottrarre
dei gas alla stella di massa minore.
Ci sono stelle di grande massa che, alla "fine" della loro vita, producono
grandi esplosioni, esplosioni così violente da dare origine al fenomeno di supernova; in pochi
istanti queste stelle producono più energia di un'intera galassia. Il fenomeno di supernova si
verifica quando una stella molto massiccia espelle circa un quarto del gas che la costituisce e
resta una stella molto più densa di una nana bianca, la quale si chiama stella di neutroni.
Se la massa di una stella supera un certo valore, determinato dalle leggi della fisica, l'oggetto
centrale che rimane è un buco nero, il quale è una sorta di astrazione fisico-matematica.
Al centro del buco nero si trova la singolarità, la vera essenza dell'oggetto, la
parte che si ritiene potrebbe avere dimensione puntiforme (nel senso matematico del termine) e
densità infinità.
Proprio per queste sue proprietà esso non è trattabile neppure dal punto di vista matematico;
il buco nero è una concentrazione di massa talmente grande da provocare uno strappo nella
struttura stessa dello spazio-tempo, in quello che grossolanamente avevamo visualizzato come un
foglio elastico, formando proprio quell'imbuto del quale si parlava in precedenza. E in
quell'imbuto vengono attirate tutta la luce e la massa che si trovano nei pressi di questo
oggetto: ecco perchè si parla di buco nero.
A questo punto, direte voi, questo cosa centra con i viaggi nello spazio?
Il buco nero non si perde nel nulla; in realtà questa deformazione dello spazio-tempo si
connette con un altro imbuto che si trova in una parte distante o dello stesso universo o di un
universo parallelo, come ci viene insegnato dalla relatività generale.
Però cosa accade? Immaginate di avere due buchi neri molto distanti nell'universo, un buco nero
qui e un buco nero che si trova a 10 miliardi di anni luce di distanza. In reltà il piano dello
spazio-tempo non è piatto; ecco perché si diceva che la rappresentazione del telo elastico come
un piano è solo un'approssimazione. In realtà lo spazio è curvo e quindi dovete immaginarlo come
una specie di ripiegatura su se stesso: il buco nero che si trova quà in realtà ha il suo
corrispondente più sotto e, pertanto, i due imbuti si congiungono fra di loro.
In base a quanto detto poc'anzi, se io trovassi il modo di viaggiare in
questa sorta di cunicolo che è la congiunzione tra i due buchi neri, potrei in qualche modo
superare il problema della distanza. Voi direte che questa è pura fantasienza...
Ma non è fantascienza, dato che i relativisti, cioè i fisici che si occupano di relatività
generale, hanno espresso in formule matematiche la possibilità di attraversare questa specie di
imbuto: questo tunnel nello spazio-tempo, dal punto di vista puramente teorico, è possibile.
Naturalmente non abbiamo la tecnologia per realizzare un'opera del genere, ne sappiamo
esattamente come si comporterebbe il veicolo spaziale che potremmo usare per attraversare
questo tunnel spazio-temporale, però diciamo dal punto di vista teorico che è possibile.
Non conosciamo neanche il punto preciso di dove si trovino questi
cunicoli spazio-temporali (se esistono), anche perché di buchi neri abbiamo qualche decina
di candidati, ma esattamente non abbiamo la certezza di dove siano e di come siano costituiti,
però dal punto di vista teorico si potrebbero ipotizzare delle applicazioni pratiche: sarebbe
possile sfruttare queste strutture dello spazio-tempo per cercare di coprire delle distanze
enormi in maniera tale di poter esplorare anche delle parti distantissime dll'universo.
Nella prossima diapositiva vediamo qual'è la struttura ipotizzata d'uno spazio tempo proprio
in prossimità d'un buco nero. I buchi neri possono essere più o meno massicci: se sono più
massicci chiaramente l'imbuto è più spiccato.
Sostanzialmente il problema dell'osservazione dell'universo è che noi abbiamo a che fare con un laboratorio che si trova molto distante da noi, mentre il fisico di laboratorio ha la sua struttura a portata di mano, ci lavora, ha la sua strumentazione, fa le sue misure. L'astrofisico ha invece un laboratorio enorme dove le distanze sono immense, dove i tempi contano tantissimo e dove dobbiamo fare i conti con degli oggetti distantissimi, di cui cerchiamo di capirne la natura semplicemente studiando la radiazione, cioè la luce che da essi ci giunge.
Sintesi del testo, note e ricerca fotografica operata da Lucio Furlanetto
Trascrizione del testo della conferenza dalla musicassetta: Matteo Mellone