Le sue stelle più luminose formano un rombo nel quale sia i greci che i latini videro lo strumento musicale di Orfeo, sacerdote della Tracia capace di intonare splendidi canti con la cetra, incantando gli animali e l'intera natura.
Orfeo si unì agli Argonauti e, con la sua dolce musica, coprì il canto delle sirene, che cercarono, inutilmente, di distogliere gli eroi dalla loro impresa.
Sposò una ninfa dei boschi, Euridice; un giorno essa, sfuggendo ad Aristeo, che voleva sedurla, fu morsa da un serpente e morì. Orfeo con il suo canto commosse le divinità infernali e scese nell'Oltretomba per riprendere con se l'amata.
Plutone, infatti, gli aveva concesso questo, a patto che egli non
le rivolgesse lo sguardo finché non fossero stati alla luce del sole. Egli, invece, preso dal
desiderio di vederla, si voltò e la perse per sempre.
Da allora Orfeo suonò con la sua lira solo melodie malinconiche. Il poeta, troppo
addolorato per la morte della compagna trascurò di offrire sacrifici a Dioniso, che per
questo mandò suoi seguaci per punirlo ed essi lo fecero a pezzi.
Fu allora che le Muse, con il permesso di Zeus, posero il suo amato strumento, la lira, tra le stelle del cielo.
In passato fu detta anche "Tartaruga", dal momento che la lira
sarebbe stata ricavata impiegando il guscio di una tartaruga e sette corde di budello di mucca.
In seguito alla lira si affiancò un avvoltoio e la costellazione fu battezzata "Avvoltoio in
picchiata". Gli Arabi identificarono invece un'aquila ad ali chiuse, "Al Nasr al Waki".
Da quest'ultima parola deriverà il nome di Vega, Alpha Lyrae.
Nelle rappresentazione medioevali si vede spesso un uccello rapace in volo con una lira tra gli
artigli.
I Cinesi, invece associarono queste stelle ad una delicata storia d'amore: rappresenterebbero una
tessitrice che un fiume (la Via Lattea) separa dal suo fidanzato, un pastore identificato con la
stella Altair (nella costellazione dell'Aquila).