L'Orsa Maggiore è la costellazione più facilmente riconoscibile dell'emisfero boreale.
Le sue sette stelle principali formano il Gran Carro, al quale vennero date molte interpretazioni. La fantasia popolare a volte vi ha scorto un aratro, un ramaiolo, una bara e diversi animali. Curiosamente anche gli indiani d'America immaginavano in questo asterismo una figura d'orsa.
I romani le chiamarono i "Septem Triones", i sette buoi dei quali è guardiano Boote. Di qui la parola "settentrione" per indicare il nord.
Gli Egiziani vi videro un ippopotamo, i Galli un cinghiale mentre per gli Arabi esse rappresentavano un feretro e gli inglesi la chiamano "la casseruola".
Tutti i nomi delle sette stelle derivano dall'arabo: l'alfa è Dubhe (il dorso del grande orso), la beta è Mérak (le reni del grande orso), la gamma è Fegda (la coscia), la delta è Megrez (la radice della coda), la epsilon è Alioth (cavallo nero). Mérak era Erice per i greci, dal nome della città della ninfa Callisto d'Arcadia.
Ma la stella più interessante dell'Orsa Maggiore è Mizar, posta al centro del timone (Zeta Ursae Majoris). Intorno al suo nome è nata un'intricata storia. Gli arabi la chiamavano Mérak, come la beta, parola che significa "rene" o "lombo", poiché i lombi dell'orsa sono due.
Mizar fu ribattezzata nel sedicesimo secolo da Giuseppe Scaligero, la scelta di questo nome è tuttavia misteriosa in quanto "mizar" significa "cintura di stoffa" o "grembiule".
Mizar presenta anche un'altra caratteristica, accanto ad essa (12') si può scorgere una stella di quarta magnitudine, chiamata Alcor (piccolo cavaliere).
Stranamente gli antichi non la citano; il primo a ricordarla, nel 950 d.C., è il persiano Al-Sufi, che la indicò come un test di buona acutezza visiva.
Edoardo Piani