 
La cosmologia è la scienza che studia l'origine e l'evoluzione 
dell'Universo.    Nella storia del pensiero scientifico occidentale, essa ha avuto un ruolo 
molto importante ed in qualche modo legato alla filosofia ed alla religione.  
  
Fino a pochi secoli fa, l'universo conosciuto era descritto dal Sistema Tolemaico, secondo 
il quale il cosmo era perfetto ed immutabile ed aveva il suo centro nella Terra.     
Con Copernico, Galileo e Keplero terminò la concezione geocentrica dell'universo e si 
passò ad una concezione eliocentrica.    
Non si trattò solo di un semplice cambiamento di prospettiva, ma dell'avvio di una vera e 
propria rivoluzione nella scienza, perchè da allora in avanti il dogma lasciò il posto alla 
sperimentazione.    Oggi sappiamo che la Terra non è al centro dell'Universo, ma fa parte di 
un sistema planetario; questo a sua volta è parte della Via Lattea, la quale non è altro che 
una delle moltissime galassie presenti nell'Universo. 
Tuttavia, fino all'inizio di questo secolo, era opinione comune che la nostra Galassia 
costituisse l'intero cosmo e che tutte le stelle e le nebulose visibili ne facessero parte.   
Soltanto nel 1924, l'astronomo Edwin Hubble scoprì che alcune di quelle stelle e 
nebulose sono esterne alla Via Lattea e che molte delle "nebulose" sono in realtà galassie molto
 distanti da noi. 
L'espansione dell'Universo ed il Big Bang
Nello spettro della luce visibile, il colore è funzione della lunghezza d'onda: intorno ai 4.000 Angstrom (1 A = 10-10 m) la luce ha un colore violetto che, al crescere della lunghezza d'onda passa al verde, al giallo e poi al rosso, intorno ai 7.000 Angstrom. Quando una sorgente si avvicina o si allontana da un osservatore, la luce che essa emette si comporta come le onde acustiche.
 
Infatti è noto che, quando un treno si avvicina, il suo fischio diventa 
più acuto, perchè le onde arrivano ad intervalli sempre più brevi man mano che la sorgente si 
avvicina; viceversa il tono diventa più grave quando il treno si allontana.    Ciò è dovuto al 
cosiddetto effetto Doppler.   
Allo stesso modo, quando una sorgente di luce si avvicina, è come se il numero di oscillazioni 
per unità di tempo dell'onda elettromagnetica aumentasse, così la lunghezza d'onda decresce 
e si dice che la luce si sposta verso il blu (blueshift).    
Se invece la sorgente si allontana dall'osservatore, la lunghezza d'onda sembra aumentare e 
si ha lo spostamento della luce verso il rosso (in inglese redshift).   
Lo spostamento è direttamente proporzionale alla velocità della sorgente luminosa. 
Questo fenomeno, scoperto da Slipher del Lowell Observatory fra il 1910 
e il 1920, permise nel 1929 ad Hubble di capire che quasi tutte le galassie sembrano allontanarsi 
da noi, in quanto la radiazione che esse emettono è spostata verso il lato rosso dello spettro, 
cioé presentano redshift.   Invece le poche che sembrano avvicinarsi a noi, perché dotate 
di blueshift, lo sono per moti locali superiori al tasso di recessione cosmologico locale.
Esso si calcola per mezzo delle righe spettrali identificabili, misurando la differenza tra 
la loro lunghezza d'onda e quella avrebbero se venissero emesse da una sorgente in quiete, divisa 
per lunghezza d'onda emessa dalla sorgente in quiete: 
dove V è la velocità di allontanamento della galassia, d la sua distanza e Ho è la "costante" di Hubble.
L'Universo è dunque soggetto ad un moto di espansione generale !
Questo fatto da' l'impressione che la Terra sia il centro di un moto 
generale di recessione, mentre in realtà esso non ha un centro.    Pensiamo ai punti 
disegnati su un palloncino che viene gonfiato; essi si allontanano l'uno dall'altro con velocità
 proporzionale alla loro distanza: ogni punto puo' essere considerato come il centro 
dell'espansione.   
 
Allo stesso modo, noi non siamo al centro dell'espansione dell'Universo, ma in un suo punto 
qualsiasi: un altro osservatore, posto in un punto qualsiasi su un'altra galassia, vedrebbe 
esattamente le stesse cose che vediamo noi.   Un altro duro colpo per l'orgoglio dell'uomo... 
Questa situazione si verificò alla fine degli anni venti del nostro secolo; ma già dalla prima 
metà dell'Ottocento si sarebbe potuti giungere ad una conclusione analoga, interpretando 
correttamente la soluzione ad un problema per niente banale: perché la notte è buia ?    
Olbers, ripensando al fatto che la notte è buia, si accorse 
che qualcosa non tornava.  
Se le stelle sono così tante ed una sola (il Sole) basta per illuminare il nostro giorno, perché
la notte è così buia nonostante che osservino moltitudini di stelle ?    Questa così comune 
constatazione, che ciascuno di noi nella sua vita forse si è chiesta a sua volta, pone serie 
limitazioni sulla risposta.   Infatti, in base a calcoli matematici, si constaterebbe che, prima 
o poi, la luce di tutte le stelle raggiungerà la Terra; quindi, a partire da un certo momento 
in poi, la nostra notte (e quindi la "notte" di qualsiasi altro punto dell'universo a partire da
 un istante diverso per ciascuno di essi) cesserebbe di essere "notte", per diventare un perenne 
"giorno" illuminato dalla luce delle altre stelle.  
La spiegazione di questa incongruenza implica che, l'universo non è costantemente "illuminato" a
giorno dalla luce delle stelle, perché esso si espande.   Conseguentemente la luce 
delle stelle che dovrebbero contribuire all'illuminazione a "giorno" della notte non ci è ancora 
giunta.   L'universo è in perenne espansione !  
Una così devastante implicazione non poteva venire accettata oltre un secolo e mezzo fa, quando 
tutte le "nebulose" visibili erano catalogate come oggetti della nostra Galassia, quindi non 
riconosciute come galassie a se stanti.   
Hubble riuscì a scoprirne la vera natura, perché potè disporre del più grande telescopio del 
mondo allora in funzione, quindi potè risolvere le stelle più luminose di M 31 e latre galassie 
vicine.   
Inoltre, secondo alcuni critici, egli già aveva intuito cosa doveva cercare, quindi "ricostruì 
le prove che gli servivano a partire dal risultato (vero ricordiamoci) che doveva "scoprire".  
La constatazione che l'Universo si espande ha posto un problema nuovo: 
quello della sua nascita.   Il fatto che le galassie si stiano allontanando l'una dall'altra 
implica che, se ritornassero indietro con la stessa velocità, dopo qualche miliardo di anni si 
rincontrebbero, e tutta la materia che compone l'Universo formerebbe un agglomerato densissimo 
e molto caldo.   
Questa considerazione ha condotto alla teoria evolutiva del Big Bang, cioé di un'enorme 
"esplosione" iniziale che diede origine all'Universo e che ne causò l'espansione che ancora oggi 
osserviamo.   Ricordiamo nuovamente che questa espansione è generale ed interessa l'intero 
spaziotempo, quindi non è associabile ad un unico punto: ogni punto dell'intero spaziotempo è 
esso stesso centro d'espansione.   E' un dificile da capire, soprattutto perchè noi siamo 
immersi indissolubilmente nel nostro spaziotempo quadridimensionale quindi, facendone parte dal 
di dentro, non possiamo visualizzarci l'effetto dal "di fuori".   Ma matematicamente ciò è stato
 chiaramente dimostrato.  
Secondo questa teoria, l'Universo primordiale sarebbe stato composto di 
materia densissima e caldissima, concentrata in uno spazio infinitesimo, una singolarità 
primordiale.   Il suo stato fisico era così estremo che è difficile perfino da immaginare; 
solo la fisica teorica è in grado di descriverlo.    
Esso sarebbe poi esploso e si sarebbe espanso, diventando sempre meno caldo e meno denso, fino 
ad assumere gradatamente l'aspetto con il quale oggi lo conosciamo.    
Dalla legge di Hubble si deduce che l'Universo è nato 12-20 miliardi di anni fa; in realtà, 
la determinazione della sua età è molto più complessa e rappresenta uno dei problemi principali 
che la cosmologia moderna si trova ad affrontare.    Il valore maggiormente accettato è prossimo
 ai 15 milardi d'anni, compatibile con l'età delle galassie più lontane osservate e dei quasar, 
con l'età degli ammassi globulari più vecchi e altri dati osservativi e teorici.  
 
Il valore della costante di Hubble attualmente accettato è compreso tra 
i 50 e i 100 Km/secondo*Megaparsec, con un valore maggiormente trovato di 65 Km/s*Mp.   
Le galassie si muovono quindi con velocità che crescono di 50-100 Km/sec per ogni Megaparsec di 
distanza da noi. 
Tra i lavori sviluppati, emerge il fondamentale contributo del geniale 
matematico russo Alexander Friedmann (1888-1925), che negli anni 1922-1924, abbandonando 
la concezione che l'universo fosse statico e ritenendolo invece omogeneo e isotropo (e quindi 
in accordo con il principio cosmologico), pervenne con il solo puro calcolo matematico a 
un'intera classe di soluzioni delle equazioni di Einstein, private dell'ipotetico e ambiguo 
termine cosmologico.  
Queste soluzioni implicano che l'universo si espande secondo una legge che è sostanzialmente 
quella di Hubble.  E si deve sottolineare che sono i modelli di Friedmann, fondati sulle 
equazioni di campo originarie di Einstein, e non i modelli di Einstein o di de Sitter, a fornire
 la base matematica alla maggior parte delle teorie cosmologiche moderne.  
Il lavoro iniziato da Friedmann, ripreso dall'abate G. Lemaitre nel 1927 e proseguito da 
H. P. Robertson e A. G. Walker, ha portato alla classificazione dei vari modelli cosmologici 
relativistici: Universo Aperto e Universo Chiuso, di cui l'Universo Piatto è il caso limite 
per Omega = 1.  
Se la densità media della materia dell'universo è minore o uguale 
rispetto al valore di densità 
critica (proporzionale al quadrato della costante di Hubble e corrispondente al valore di 
5*10-30 g/cm3 se Ho vale 50 Km/s*Mpc, che equivale a dire 3 atomi 
d'idrogeno ogni metro cubo si spazio) allora l'universo dev'essere spazialmente infinito.  
In questo caso la presente espansione dell'universo durerà per sempre.  
Se invece la densità dell'universo è maggiore di tale valore critico, allora il campo 
gravitazionale prodotto dalla materia incurva l'universo su se stesso; l'universo è 
finito benché illimitato (come la superficie di una sfera).  
In questo caso i campi gravitazionali sono abbastanza intensi per mettere fine col tempo 
all'espansione dell'universo; a questo punto si avrà il fenomeno inverso della contrazione 
(implosione), fino a raggiungere una densità indefinitamente grande (Big Crunch). 
La densità critica può essere comparata con il punto di massima altezza di un sasso 
lanciato verso l'alto; anche qui la gravità esercita un'azione verso la velocità del sasso.  
Se la velocità è superiore a quella di fuga, il sasso non ricadrà più a terra e si perderà nello 
spazio (caso dell'espansione infinita); se il sasso dispone di una velocità inferiore a quella 
di fuga, allora ricadrà al suolo (caso dell'espansione finita e conseguente Big Crunch).  
Infine se la velocità è esattamente quella di fuga esso entrerà in orbita attorno alla Terra 
(caso limite dell'espansione dell'universo che dopo un tempo infinito si "arresta").  
Questa analogia chiarisce perché non era stato possibile trovare soluzioni cosmologiche statiche 
alle equazioni di Einstein: direi che è estremamente improbabile trovare un sasso sospeso a 
mezz'aria.  Anche se il fatto non era stato evidenziato negli anni venti, molte delle singole 
proprietà dei modelli di Friedmann possono essere calcolate quantitativamente mediante 
l'analogia gravitazionale del sasso, senza alcun riferimento alla Relatività Generale.  
Al fine di calcolare il moto di una qualsiasi galassia tipica rispetto alla nostra, tracciamo 
una sfera con noi al centro e la galassia in questione alla superficie; il moto di questa 
galassia è precisamente quale sarebbe se la massa dell'universo constasse solo della materia 
contenuta in questa sfera e se all'esterno di essa non ci fosse niente.  
Questo notevole risultato è espresso da un teorema, valido sia nella Teoria Gravitazionale 
di Newton sia in quella di Einstein, che dipende solo dalla simmetria sferica del sistema 
studiato; la versione di questo teorema nell'ambito della Relatività Generale fu dimostrata 
dal matematico americano G. D. Birkhoff nel 1923, ma per qualche decennio non ci si 
rese conto del suo significato cosmologico.  
Possiamo servirci di questo teorema per calcolare la densità critica dei 
modelli di Friedmann.    
Quando tracciamo una sfera con noi al centro e una galassia remota alla superficie, possiamo 
usare la massa delle galassie comprese all'interno della sfera per calcolare la velocità di 
fuga, la velocità che una galassia alla superficie di tale sfera dovrebbe avere per evadere 
nell'infinito.  
Risulta che questa velocità di fuga è proporzionale al raggio della sfera: quanto più grande 
è la sfera, tanto maggiore dev'essere la velocità per potersi sottrarre alla sua attrazione.  
Ma la legge di Hubble ci dice che anche la velocità di una galassia alla superficie della sfera 
è proporzionale al raggio della sfera, cioè alla distanza da noi.    
Così, benché la velocità di fuga dipenda dal raggio, il rapporto della velocità reale della 
galassia alla sua velocità di fuga non dipende dalle dimensioni della sfera, bensì è uguale 
per tutte le galassie, qualunque sia la galassia che poniamo al centro della sfera.  
In dipendenza dai valori della costante di Hubble e della densità cosmica, ogni galassia che 
si muova secondo la legge di Hubble o supera la velocità di fuga ed evaderà all'infinito o 
avrà una velocità inferiore alla velocità di fuga e quindi in futuro ricadrà a un dato momento 
verso di noi.  
La densità critica è, semplicemente, il valore della densità cosmica in corrispondenza 
del quale la velocità di fuga di ciascuna galassia eguaglia la velocità indicata dalla legge 
di Hubble.  
La densità critica può dipendere solo dalla costante di Hubble e, di fatto, risulta essere in 
un rapporto di proporzionalità semplice col quadrato della costante di Hubble.  
La precisa dipendenza dal tempo delle dimensioni dell'universo può essere determinata ricorrendo 
a ragionamenti simili, ma i risultati sono piuttosto complessi.  
Basti dire che inizialmente le dimensioni dell'universo variavano in ragione di una potenza 
semplice del tempo: la potenza di 2/3 se la densità di radiazione era trascurabile, la potenza 
di 1/2 se la densità di radiazione superava quella della materia.    
L'unico aspetto dei modelli di Friedmann che non poteva essere inteso senza l'ausilio della 
Relatività Generale è il rapporto fra densità e geometria: l'universo è aperto e infinito 
o chiuso e finito a seconda che la velocità delle galassie sia maggiore o minore della velocità 
di fuga.  
Dopo varie ipotesi fatte nel decennio successivo che integravano o 
cercavano di modificare sostanzialmente le teorie di cui s'è parlato precedentemente, un salto 
significativo nelle conoscenze teoriche della cosmologia lo si fece alla metà degli '40. 
Nel 1946 George Gamow (allievo di Friedmann all'università di Leningrado) previde 
l'esistenza di una radiazione di fondo di tipo termico deducendola essenzialmente 
dall'aspetto teorico del modello del Big Bang (memore degli insegnamenti che lo stesso Friedmann 
diede ai suoi allievi negli anni venti).  
Egli calcolò per la temperatura attuale della radiazione di fondo il valore di 5 Kelvin
 e diede una giustificazione sul perché avrebbe dovuto provenire da ogni parte del cielo.  
Per il fatto che noi facciamo parte dell'universo e quindi del suo spaziotempo, non ha 
significato chiedersi che cosa ci sia stato prima del Big Bang: sarebbe come domandarsi cosa 
c'è a nord del Polo Nord !  
Analogamente non ha senso chiedersi dove abbia avuto luogo il Big Bang.  
L'universo puntiforme non era un oggetto isolato nello spazio ma era l'universo intero e 
perciò la sola risposta possibile a questa domanda è che il Big Bang è accaduto ovunque.  
Quindi noi riceviamo il segnale della radiazione cosmica di fondo da ogni direzione (per cui 
si dice che è isotropa).  
Gamow ipotizzò pure che i nuclei atomici più leggeri (idrogeno, 
elio, deuterio e litio) si siano formati nei primi istanti di vita del cosmo.    
Successivamente é stato verificato che, le quantità di tali elementi presenti nell'Universo, 
corrispondono con quelle previste dalla teoria, confermandone la validità.   
Un'altra conferma è giunta nel 1965 con la casuale scoperta, da parte di Arno A. Penzias e 
Robert W. Wilson di una debole radiazione che permea tutto l'Universo, proveniente da tutte 
le direzioni.    La scoperta fu veramente casuale, in quanto essi cercavano una causa terrestre
al rumore residuo che continuavano a ricevere con la loro antenna dei Bell Laboratories.   
Capirono cosa avevano scoperto, solamente dopo che un loro collega li informò delle conclusioni 
di un convegno, a cui egli aveva partecipato alcuni mesi prima.   Gli allievi di Gamow, 
sviluppando le idee del maestro, avevano elaborato una teoria ed avevano fatto alcune previsioni.  
Penzias e Wilson si trovarono così già pronta la soluzione alla causa del loro problema; questo 
valse loro il Premio Nobel per la Fisica, mentre a Gamow ed agli altri ricercatori non venne 
assegnato !
Penzias e wilson avevano scoperto la Radiazione di Fondo Cosmica, la quale ha un massimo 
d'intensità alla lunghezza d'onda di 2.7 cm e viene detta anche Radiazione di Fondo a 
Microonde.  
Questa radiazione è il residuo di quella intensissima che rimase 
dopo il disaccoppiamento tra la materia e l'energia, avvenuto circa 300.000 anni dopo il 
Big Bang.  Da allora si è raffreddata passando, da una temperatura di qualche migliaio di gradi,
 ai circa 2,7 K di oggi.  
In realtà essa non l'unica radiazione di fondo, in quanto (non ancora rivelata) c'é anche una 
Radiazione di Fondo dei Neutrini, residuo ancora più arcaico di un'era precedente di 
disaccoppiamento.
Storia dell'Universo dal Big Bang alla formazione delle galassie
La teoria del Big Bang consente di spiegare un gran numero di osservazioni e perciò viene considerata un'ipotesi di lavoro attendibile; anche se presenta ancora qualche problema ed è stata più volte messa in discussione, attualmente non vi sono valide teorie alternative.
Ma che cos'è successo nelle prime fasi della vita dell'Universo?   
L'Universo, secondo la fisica attuale, non può essere spiegato all'istante zero, bensì da un 
istante successivo, detto Tempo di Planck, posizionato 10-43 secondi dopo 
il Big Bang.    
Prima di questo istante, la fisica come noi la conosciamo è inapplicabile, in quanto tutta la 
materia e l'energia che componevano l'universo erano così concentrate da costituire una 
singolarità cosmologica: uno stato estremo, con densità ed energia infinite, nel quale 
lo spaziotempo della Relatività non ha nemmeno senso, e che non fa parte della fisica che 
conosciamo. 
In realtà, negli ultimi anni, si sono fatti dei notevoli progressi nel comprendere questo stato 
estremo, al punto che ci sono già delle ipotesi su come opera ed addirittura su che cosa c'era 
prima di esso !!!  Per saperne di più cliccate qui.  
Al tempo di Planck, l'Universo era caldissimo (T=1032 K) ed aveva una dimensione di 
10-33 cm.    Successivamente si formarono le prime particelle, i quarks, i 
quali produssero poi neutroni e protoni, con le relative antiparticelle.    
Materia e antimateria infatti sono sempre state presenti contemporaneamente (e negli stessi 
quantitativi) nell'Universo.   
Dopo 10-23 secondi, l'Universo era ancora piccolissimo, delle dimensioni di un 
protone.    Da questo momento e fino a 10-6 secondi dopo il Big Bang, protoni e 
antiprotoni si annichilirono, cioé collisero trasformando le rispettive masse (m) in energia (E), 
secondo l'equazione di Einstein E=mc2.    
In seguito comparvero elettroni ed antielettroni (positroni), che si annichilirono anch'essi. 
Le continue annichilazioni mantenevano enormi quantità di energia, sotto forma di radiazione 
elettromagnetica.    L'Universo era dominato dalla radiazione e perciò questo periodo prende 
il nome di era radiativa. 
Ad 1 minuto di età si formarono i primi nuclei atomici (deuterio, elio e litio): la 
temperatura dell'Universo era scesa sotto i 10 miliardi di gradi, così i protoni ed i neutroni 
rimasti cominciarono ad urtarsi con violenza minore e a dar luogo alle prime reazioni di fusione 
nucleare.   
Dopo qualche migliaio di anni, l'Universo non era più dominato dalla radiazione, ma dalla 
materia; questa era però ancora immersa in una radiazione molto intensa ed energetica.   
La temperatura era ancora molto alta e, quindi, materia ed energia erano accoppiate, cioè 
si trasformavano continuamente l'una nell'altra.    
Si dovette attendere fino a 300 mila anni dopo il Big Bang perchè la temperatura 
scendesse ancora ed esse si disaccoppiassero: da quel momento l'Universo diventò trasparente alla 
radiazione.    Nel frattempo, gli elettroni si unirono ai nuclei per formare gli atomi, iniziando 
a creare la materia ordinaria, cioé quella che compone noi, gli esseri viventi, la Terra, 
le stelle. 
Dopo qualche centinaio di milioni di anni, la temperatura era scesa sotto i 4.000 gradi; gli 
elettroni si combinarono con i nuclei: la materia divenne in gran parte elettricamente neutra 
e la sua interazione con la radiazione diventò molto meno frequente.    
La materia potè quindi cominciare ad aggregarsi ed in seguito si formarono le prime 
protogalassie: gigantesche nubi di gas freddissimo (-220 (C) che dettero origine alle galassie, 
per collasso gravitazionale, nel miliardo di anni successivo.    
Non sappiamo ancora a che istante dal Big Bang, le galassie cominciarono a riunirsi in ammassi e quando iniziarono a formarsi le prime stelle. Le scuole di pensiero principali sono due: una afferma che la materia prima si aggregata in superammassi di galassie secondo gli schemi di distribuzione delle stringhe cosmiche primordiali, le quali hanno aggregato la materia attirandola con la loro immensa massa (e che quindi hanno funzionato come "germe" aggregatore). In seguito i superammassi di galassie si sono frazionati in ammassi di galassie e immediatamente dopo nelle galassie ordinarie. Questa ipotesi ha ancora molti punti contrastanti con le osservazioni, in quanto il tempo necessario per questi processi è molto più lungo dell'età degli ammassi globulari più vecchi (e quindi delle stelle più vecchie). Inoltre la distribuzione delle irregolarità prineve, quelle che poi hanno generato l'attuale forma a grandissima scala dell'universo (ad esempio le stringhe cosmiche), non è facilmente spiegabile con i dati osservativi, a meno che non si introducano ipotesi ad hoc.
La seconda ipotesi parte dalle stelle le quali, per successive aggregazioni, formarono gli ammassi globulari e le galassie, poi gli ammassi di galassie ed alla fine i superammassi di galassie. Qui sussiste il problema del tempo necessario alla strutturazione di simile gerarchia, in quanto è troppo breve per produrre le strutture osservate, quindi non si capisce ancora come sia avvenuto in realtà.
L'Universo, dopo il Big Bang, ha continuato ad espandersi e raffreddarsi, la radiazione a diventatare molto meno energetica e spostandosi a lunghezze d'onda maggiori (verso il rosso): il Cosmo ha cominciato ad assumere l'aspetto con il quale oggi lo conosciamo.
L'orizzonte cosmologico e il modello inflazionario
Dato che la velocità della luce è finita, e corrisponde a circa 299.792,5 
km/s, quella che ci arriva oggi da galassie molto distanti è partita milioni o miliardi di anni fa, 
e quindi ci fornisce un'immagine di come queste erano milioni o miliardi di anni prima, durante le 
prime fasi della loro vita.    Più distante è un oggetto nello spazio, più "giovane" lo vediamo. 
La galassia più vicina alla nostra, quella di Andromeda, dista da noi "soltanto" due milioni di 
anni luce, ma con gli attuali strumenti è possibile osservare galassie e quasar distanti anche 
13 miliardi di anni luce, cioè quando l'Universo era ancora molto giovane. 
Come abbiamo visto, più una galassia è distante e più velocemente si allontana da noi, secondo la 
legge di Hubble.   Dato che la velocità di allontanamento di una galassia viene misurata tramite 
il redshift (spostamento verso il rosso) del suo spettro, le galassie lontanissime vengono dette 
"galassie ad alto redshift" (gli oggetti studiati fino ad oggi hanno redshift superiori a 5, cioè
la loro lunghezza d'onda è spostata di 5 volte rispetto al valore a riposo).  
La loro osservazione è di estremo interesse per i cosmologi, dato che 
può fornire informazioni sull'Universo nei primi miliardi di anni dopo il Big Bang.    
Per questo motivo sono stati costruiti strumenti astronomici come il Telescopio Spaziale 
Hubble ed i nuovi telescopi giganti a terra (VLT, Keck, Subaru, LBT, eccetera).  
Questi ultimi hanno diametri di 8-10 metri e sono dotati di particolari ottiche, abbinate a 
meccanismi per la loro deforazione controllata al computer, in modo da correggere le deformazioni 
delle immagini dovute al disturbo atmosferico, fino a precisioni impensabili pochi anni fa.    
Con ciò saranno in grado di compiere osservazioni sempre più profonde dello spazio, cioè sempre 
più indietro nel tempo, mentre si pensa di realizzare strumenti, a terra e nello spazio, sempre
 più ambiziosi. 
Non tutto l'Universo, comunque, è accessibile alle nostre osservazioni, indipendentemente dalla 
potenza degli strumenti astronomici: se osserviamo per esempio una galassia distante 10 miliardi 
di anni luce, possiamo osservarla soltanto com'era 10 miliardi di anni fa, ma non com'era, 
poniamo, 8 miliardi di anni fa.   La luce che essa ha emesso in quel momento ci arriverà solo 
tra 2 miliardi di anni.     
Ovvero, in ogni istante ci sono settori dello spazio e del tempo (o meglio, dello spaziotempo) 
che sono a noi inaccessibili, così come parte del nostro passato è inaccessibile a galassie 
lontane.    Questo limite definisce il cosiddetto orizzonte cosmologico, cioè quel 
settore dello spaziotempo accessibile a noi.    
Di tutto quello che sta al di fuori dell'orizzonte non possiamo avere informazioni. 
L'orizzonte cosmologico ha costituito un problema per la teoria 
del Big Bang.    Se due oggetti nello spazio sono in grado di comunicare tra loro per mezzo 
di un "segnale" (meccanico o luminoso), si dice che sono in contatto causale, nel 
senso che l'uno può provocare nell'altro un effetto, in conseguenza del segnale che gli 
invia (per esempio una perturbazione meccanica, o un irraggiamento luminoso).   
I segnali viaggiano nello spazio ad una velocità finita, uguale o minore di "c" (la velocità della 
luce nel vuoto) a seconda che non o abbiamo massa, quindi gli effetti di un segnale emesso da 
un oggetto sull'altro, si faranno sentire solo un certo tempo, tanto maggiore tanto più
 distanti essi sono.    
La regione dello spaziotempo entro la quale un corpo può avere con altri una relazione 
causa-effetto, si dice orizzonte causale anche se in alcuni acsi viene chiamato 
orizzonte-particella.    
 Dove sta il problema ?    
Anche se vi sono addensamenti di galassie ed ammassi e regioni relativamente "vuote", 
l'Universo appare nel complesso omogeneo e isotropo (cioè ha le stesse proprietà 
nei vari punti dello spazio e nelle varie direzioni).    
Anche regioni dell'Universo tra loro molto lontane, ciascuna al di fuori dell'orizzonte causale 
dell'altra, sembrano avere proprietà simili.    Nemmeno la luce, il segnale che viaggia più
 velocemente, avrebbe potuto metterle in contatto causa-effetto nel tempo trascorso.   
Come hanno fatto allora a comunicarsi le informazioni che hanno permesso loro di "accordarsi" 
su proprietà simili ?    
Nei primi anni '80, Alan Guth propose una modifica al modello 
classico del Big Bang, il cosiddetto modello inflazionario.    Esso prevede che nei 
primi istanti di vita dopo il Big Bang, precisamente dopo 10-35 secondi, l'Universo 
abbia subito una rapidissima espansione, detta inflazione, che nel giro di mille unità di 
tempo si è conclusa 10-32 secondi dopo il Big Bang; il Cosmo aveva aumentato, in un 
tempo così piccolo, le sue dimensioni di un fattore 1050.     
Dopo questa fase, l'evoluzione sarebbe proseguita secondo la teoria classica del Big Bang.   
Prima della fase inflattiva l'Universo era così piccolo che parti di 
materia, che adesso sono al di fuori dei rispettivi orizzonti causali, potevano trovarsi
 in contatto causa-effetto.    
Viene così risolto il problema dell'orizzonte, così come altri problemi della teoria classica 
del Big Bang, quali l'estrema omogeneità della materia, la curvatura così prossima a 1,
 eccetera.    
Qual'è stata la causa del fenomeno inflazionario ?    Secondo le ipotesi correnti, essa va 
ricercata nell'ambito della Grande Unificazione (G.U.T.) delle quattro interazioni 
fondamentali: la forza gravitazionale, quella elettromagnetica, quella nucleare 
debole e nucleare forte.    
Le quattro forze della natura sarebbero manifestazioni diverse di un'unica interazione; attenzione:
 in questo breve scritto non si tratta l'ultima forza scoperta da un'equipe italiana, la forza 
gravitomagnetica, in quanto troppo recente come scoperta, perché si possa affermare con 
certezza come possa essere inquadrata nel contesto generale.  
Alle altissime temperature e densità dei primi istanti di vita dell'Universo, esse erano 
indistinguibili; si sarebbero poi diversificate nel tempo, via via che l'Universo si 
raffreddava e si espandeva, generando ogni volta una transizione di fase, liberando 
energia che "riscaldava" nuovamente l'universo e producendo classi ben precise di particelle 
subatomiche.     Queste classi di particelle segnano ciascuna separazione tra le forze, al punto 
che le varie "ere di separazione" vengono identificate con le particelle prodotte principalmente 
in quel preciso momento.  
Fu proprio durante questo processo di diversificazione che avvenne l'inflazione, come 
conseguenza della rottura di simmetria tra la forza gravitazionale e le restanti tre.   
La separazione dell'ambito di influenza reciproco, potrebbe aver liberato un'energia così 
spaventosamente grande da far letteralmente esplodere l'Universo, al punto che dalle dimensioni 
più piccole di una particella subatomica alla fine si ritrovò più grande di un'ammasso di 
galassie. 
Giova ricordare che la versione iniziale della Teoria Inflazionaria
 di Guth si è dimostrata parecchio lacunosa, a causa di incongruenze che le impedivano di essere 
accettata completamente.   Il lavoro svolto da decine di fisici teorici, tra i quali si deve 
sottolineare quello di Steven Hawking (scopritore della Termodinamica dei Buchi Neri), 0
 ha permesso di sviluppare quell'idea originale per portare alla luce la nuova versione 
pochi anni dopo la sua formulazione originale. 
Ora si pensa che l'inflazione possa essere avvenuta anche in due riprese, con una prima fase 
iperresplosiva, quella classica, ed una seconda espansiva secondo un coefficiente di ingrandimento
 molto minore.   Questa modifica serviva anche per ridurre la velocità d'espansione universale, 
in quanto, calcolato al tasso della prima, l'espansione del Cosmo avrebbe potuto essere così 
devastante da impedire alla fine l'aggregazione della materia come noi la conosciamo.   
In poche parole, dai calcoli, sembrava che l'inflazione fosse stata troppo violenta e quindi 
la materia ordinaria non avrebbe avuto il tempo di aggregarsi in galassie e ammassi di galassie.   
Dalle maggiori conoscenze attuali sembrerebbe che il quadro funzioni, quindi ci sono buone 
speranze che possa essere vera. 
Vogliamo sottolineare una conseguenza dell'inflazione: a causa della rapidissima espansione, la 
curvatura dello stesso universo, cioè la sua geometria, è vicina al valore di 1, 
essendo vincolata tra 0,5 al minimo e 2 al massimo.   Perché ciò avvenga dopo un'espansione che 
dura da circa 15 miliardi d'anni, essa all'inizio doveva essere prossima a 1 con un errore 
estremamente piccolo, con un ordine di precisione migliore di quello di qualsiasi esperimento 
noi possiamo realizzare attualmente.   
A questo punto s'insinua il dubbio che ciò implichi che la curvatura dello spaziotempo universale 
sia effettivamente 1: la geometria dell'Universo sarebbe allora quella che abbiamo studiato a 
scuola, la Geometria Euclidea, dove la somma degli angoli interni di un triangolo hanno il 
valore di 180°, eccetera !    
A questo ci possiamo chiedere dove sia andata a finire tutta la materia che serve per "riempire" 
l'universo, se la curvatura è proprio 1, dato che la materia visibile è circa il 10% di 
quella che servirebbe.   Questo problema è il grande fastidio della fisica moderna: dov'è andata 
a finire la materia restante ?   O meglio si può dire: di che cos'è fatto il 90% della materia 
che non si riesce a rivelare ?   
Un passo in avanti è stato compiuto nella metà del 1998, quando è stato 
annunciata l'osservazione dell'oscillazione di stato dei neutrini, i quali si 
trasformerebbero da elettronici in muonici o tauonici, e viceversa, reciprocamente.   
I neutrini che oscillano hanno necessariamente una massa maggiore di zero, anche se per 
ora si può solamente stabilire un limite massimo di quale essa sia per ciascun tipo.  
Però essi sono talmente tanti, prodotti sia durante l'espansione dopo il Big bang dai fenomeni 
descritti sopra, sia nei fenomeni nucleari (fusione e fissione) che in quelli di interazione 
debole tra le particelle, da, nel caso avessero una massa maggiore di zero, spiegare almeno gran 
parte della massa mancante, se non proprio tutta.    
 
 
Nello scopo di queste breve scritto, ci sono parecchi punti che dovrebbero 
essere maggiormente integrati, sia a causa di nuove scoperte che hanno modificato il quadro 
conosciuto, sia a causa delle estreme semplificazioni necessarie per lo scopo di questo scritto.
A tal riguardo, nel corso dei prossimi mesi, si realizzeranno pagine nuove linkate con il singolo 
argomento che verrà sviluppato maggiormente. 
Si è scelta questa soluzione, per non appesantire troppo la "dimensione" di questo lavoro, 
permettendo quindi una lettura più agevole dello stesso; all'approfondimento si potrà arrivare 
dopo una prima lettura dell'insieme qui esposto.
Si pensa, indicativamente, che gli approfondimenti potranno essere oltre una decina, legati alla 
storia dell'evoluzione dello studio del ricercatore, alla fisica del fenomeno studiato ed alle 
nuove conoscenze introdotte a partire dagli anni venti con la Teoria di Friedman, dal 1967 con 
la Teoria delle Corde (e poi delle Supercorde, magari accennando brevemente alla Supersimmetria
 ora abbandonata), con lo sviluppo dell'Inflazione a due stadi, della Termodinamica 
Quantistica di Hawking, con la Teoria dell'Universo Frattale di Linde ed altri, 
con la Teoria M di Witten ed altri.
