La cronaca
La sera del 27 luglio, grazie alle buone condizioni
atmosferiche, mi trovavo a quota 1360 metri sul monte Matajur, speranzoso di poter effettuare
qualche foto deep sky tramite un teleobiettivo, posto in parallelo al telescopio.
E' incredibile di quanto migliori la qualità del cielo quando, spostandosi a quote elevate, ci
si allontani dalle luci e dalle foschie della pianura.
Dopo circa un'ora di fotografia (in un'ora si riesce a scattare a malapena 1 o 2 foto deep sky...)
inaspettatamente, a rovinare l'ennesima serata osservativa, si alzava una fastidiosa foschia che
mi faceva desistere dall'effettuare ulteriori fotografie di oggetti deboli.
Così, nell'attesa di un improbabile miglioramento del tempo, approfittavo
per dare un'occhiata a Giove, ormai prossimo all'opposizione (avvenuta poi il 10-08-97).
Nonostante sapessi bene che, grazie alla calma atmosferica, le serate con foschia sono le
migliori per compiere osservazioni planetarie, mai avrei pensato che quel che stavo per vedere
al telescopio sarebbe stato quanto di meglio non fossi riuscito a cogliere in dieci anni di
osservazioni.
L'immagine di Giove era eccezionale. Più aumentavo gli ingrandimenti più
aumentava il numero di particolari visibili; e con essi anche l'entusiasmo.
Nemmeno il disegnatore più pignolo sarebbe riuscito a rappresentare tutti i dettagli visibili:
bande, pennacchi, 2 macchie bianche (WOS) erano così appariscenti da mettere in secondo piano
particolari notoriamente evidenti come la grande macchia rossa e l'ombra del satellite Io,
anch'essi in quel momento visibili.
Così, consapevole del fatto che un Giove come quello non l'avrei rivisto
per molto tempo, decisi di scattare qualche foto.
La pellicola di cui disponevo - una Scotch Chrome 800/3200 - se da un lato poteva essere la
scelta ideale per diapositive di oggetti deboli, dall'altro non rappresentava certo la soluzione
migliore per la fotografia planetaria (a causa dello scarso contrasto e dell'elevata granulosità
che la caratterizzano). Comunque valeva la pena di tentare.
Per essere certi di ottenere almeno un paio di diapositive decenti, scattare
qualche foto planetaria significa, il più delle volte, esaurire tutti i 36 scatti permessi dal
rullino. E' infatti necessario fare numerosi tentativi provando diversi "ingrandimenti" e tempi
di posa differenti.
Il risultato ottenuto, considerando che questa costituiva la mia prima esperienza fotografica
con il nuovo telescopio (un Celestron Ultima 9&1/4 da 235 mm), va oltre ogni iniziale aspettativa.
Pur sapendo che la qualità finale di stampa sarà, a causa dei numerosi
passaggi (diapositiva, negativo, foto, digitalizzazione, stampa, fotocopia del notiziario), poco
più che mediocre, vale comunque la pena di proporre ai lettori quanto ottenuto in quella
irripetibile notte.
La tecnica
La fotografia di Giove o di qualsiasi altro pianeta presenta diversi vantaggi rispetto alla osservazione visuale (una fotografia costituisce una documentazione più comoda ed obbiettiva, può permettere la misurazione diretta della luminosità, colore, posizione dei diversi particolari), ma anche numerosi svantaggi, quali soprattutto il minor numero di particolari visibili ed il loro scarso contrasto.
Premessa indispensabile per ottenere buone immagini planetarie è di
possedere uno strumento adeguato (buona ottica e meccanica), lavorare in condizioni osservative
ideali (pianeta alto sull'orizzonte, assenza di vento e di turbolenza atmosferica) ed infine
saper sfruttare la tecnica più indicata (impiegare focali equivalenti di almeno 10 metri, usare
una pellicola a bassa granulosità, alto contrasto, adeguata sensibilità, provare diversi tempi
di esposizione).
Dimenticavo poi la cosa più importante: munirsi di tanta pazienza. Per ottenere elevate focali
e quindi alti ingrandimenti la metodica più sfruttata tra gli astronomi dilettanti e non, è
costituita dalla tecnica di fuoco indiretto con proiezione dall'oculare che si ottiene, mediante
un apposito raccordo, interponendo un oculare tra il telescopio e la macchina fotografica.
In questo modo l'oculare "proietta" l'immagine sulla pellicola, immagine che risulterà tanto più ingrandita quanto maggiore è la distanza tra l'oculare e la pellicola (D), quanto più grande è la focale del telescopio (F) e tanto più piccola è la focale dell'oculare (f). Tenendo conto di questi parametri è possibile calcolare la focale equivalente (Feq) della strumentazione:
Tutte le misure vengono espresse in millimetri. Per conoscere il rapporto
di focale risultante (il cosìdetto "diaframma") basta fare il rapporto tra la Feq ed il diametro
del telescopio impiegato.
Nonostante esistano diverse "scuole di pensiero" sulla scelta della pellicola più adatta, la
sensibilità più sfruttabile può essere considerata quella dei 400 ISO. Una pellicola di questo
tipo permette da un lato di ottenere un buon contrasto e dall'altro di contenere la posa a tempi
ragionevolmente brevi (per Giove bastano 2 secondi quando si lavori con un rapporto di focale
prossimo a f/100).
Infine un'ultima nota: a meno che non si voglia documentare un fenomeno irripetibile (come la caduta di una cometa su Giove) non ha troppo senso programmare a priori le serate di fotografia planetaria; quelle da sfruttare sono quelle con grande calma atmosferica che, seppur rare, capitano quando meno le si aspetta ...
Disegni di Giove ripresi da Francesco Scarpa :
Ore 00.30 T.U. 24.06.97 |
Ore 01.30 T.U. 24.06.97 |
Ore 22.00 T.U. 18.09.97 |
Ore 21.00 T.U. 21.09.97 |