Nell'immagine si vede la nebulosa Velo, composta dai resti gassosi di una supernova esplosa molto tempo fa. Essa è formata dall'insieme di cinque parti descritte nel New General Catalogue come NGC 6960, NGC 6979, NGC 6974, NGC 6992 e NGC 6995. Inizialmente esse erano parte integrante della materia espulsa nell'esplosione della supernova, che si presumere fosse situata nel centro geometrico dell'insieme dei resti. Al momento dell'esplosione essi formavano un guscio sferico in veloce espansione (a varie decine di migliaia di km/s). Qualche decennio dopo hanno iniziato a risplendere per fluorescenza, formando una nebulosa sferica, anche se, per questioni prospettiche, noi ne vediamo solo la parte più densa che forma un anello attorno alla stella progenitrice. Con il passare dei millenni, il gas in espansione è stato sempre più rallentato dal mezzo interstellare, mescolandosi con esso. Oggi, migliaia d'anni dopo, si è ancora più rarefatto e tende a "scomparire", confondendosi in maniera pressochè indistinguibile col locale mezzo interstellare.
Come si forma una supernova ?
Dato che la quasi totalità del materiale espulso dalla supernova al momento dell'esplosione era
composto da atomi (nei vari isotopi) diversi dall'idrogeno, possiamo analizzare lo spettro
d'emissione della locale materia per conoscere la sua esatta distribuzione. Secondo la teoria
corrente dell'evoluzione stellare, una stella di massa (finale) superiore a circa 1,4 volte quella
del Sole esplode in una supernova, lasciando a suo centro una stella di neutroni ed emettendo
oltre un qunarto della sua massa in una sfera di gas "incandescende" fortemente accelerato che
diparte dal centro di massa della stella.
La materia emessa è composta da varie specie atomiche, tutte quelle che si sono formate durante la vita della stella.
Gli elementi idrogeno ed elio, essendosi formati durante il Big Bang, sono presenti sino dalla sua formazione.
Gli elementi con numero atomico dal litio al ferro si sono formati durante la nucleosintesi che
ha generato l'energia che ha fatto risplendere la stella per milioni d'anni.
La stella che si avvia a diventare supernova ha però un'altra peculiarità.
Dato che la reazione che forma il ferro è l'ultima che è esotermica, essa produce più energia
di quanta gliene serve per sostenere la reazione.
Ma quando essa termina, perchè per produrre l'elemento con numero atomico successivo serve più
energia di quanta la reazione ne produca (è endotermica), alla stella manca l'energia che
controbilancia la forza gravitazionale che fa "cadere" tutta la materia verso il centro di massa.
Tutta la materia precipita in un tempo molto breve verso il centro di massa della stella,
producendo un surriscaldamento improvviso (di tipo esplosivo) degli strati sopra il nucleo di ferro.
Questo provoca un immane rilascio d'energia sull'intera banda elettromagnetica (dalle onde radio
ai raggi gamma) che contraddistingue una supernova.
Contemporaneamente, quest'istantanea produzione d'energia (soprattutto raggi gamma e X), provoca
la nucleosintesi degli elementi atomici con Z compreso tra il successivo del ferro e l'uranio.
Ecco allora trovato il luogo della generazione degli atomi che compongono tutta la materia che
arriva fino agli elementi uranici; ciascun atomo zon Z maggiore di quello del ferro è stato
prodotto all'interno di una supernova e disperso nel mezzo interstellare dalla sua immane esplosione.
Analizzando lo spettro dei resti di supernova troviamo le tracce di tutto ciò, è proprio secondo
le percentuali (in verità molto basse rispetto a Idrogeno ed Elio) previste.
Anche il nostro Sole, non essendo una stella di prima generazione, è arricchito in elementi
pesanti, cioè quelli dopo il ferro nella Tavola Periodica degli Elementi.
Anch'esso è nato, 4,65 miliardi d'anni fa, da una nebulosa arricchita in elementi pesanti
rilasciati dall'esplosione di precedenti supernove.
Nel caso che la massa finale della stella progenitrice la supernova sia superiore a circa 3 masse solari, la stella diverrà un buco nero, oggetto esotico
formato da un resto stellare dotato di una massa così elevata da non permettere nemmeno alla luce di fuoriuscirvi.
In base alla Teoria della Relatività Generale di
Albert Einstein, nessun corpo dotato di massa, quindi nemmeno una particella, può interagire
col nostro universo ad una velocità superiore a quella della luce nel vuoto ("c" corrispondente
a 299.792,5 km/s). Il confine della zona spaziale lungo la quale si richiede una velocità di
fuga uguale o maggiore di "c" per sfuggire dalla sua attrazione gravitazionale, è chiamato
"orizzonte degli eventi".
Nello spazio-tempo racchiuso entro l'orizzonte degli eventi le leggi della fisica a noi note
cessano di essere valide; attualmente non sappiamo come si possano predirre le proprietà di
questa esotica materia. Comunenente si crede che tutta la materia che cada entro la superficie
di circonvoluzione dell'orizzonte degli eventi non possa più riuscirne, affermazione che secondo
i nostri parametri terrestri è approssimativamente vera.
I buchi neri (black Hole in inglese) sono stati studiati anche dal grande fisico inglese
Steven Hawking, il quale all'inizio degli anni settanta ha dimostrato che l'orizzonte degli
eventi, generando un fortissimo campo gravitazione lungo la sua superficie, produce un numero
enorme di coppie di particelle - antiparticelle per ogni unità di tempo.
Esse vivono una frazione di secondo così breve che la maggior parte delle particelle si
annichila con l'equivalente antiparticella, senza violare il principio di indeterminazione di
Heinsenberg (dato che "esiste" per un tempo inferiore a quello necessario alla violazione del
principio); quindi si constata che le coppie di particelle virtuali si creano e
si annichilano senza violare i principi fisici conosciuti.
Ma talvolta l'orizzonte degli eventi attira entro il suo confine un'antiparticella, liberando
la corrispondente particella e di fatto "producendo" materia dal vuoto circostante
l'orizzonte degli eventi.
La particella virtuale svincolata diventa reale a tutti gli effetti, facendo perdere una
frazione di massa al buco nero. Paradossalmente gli effetti della meccanica quantistica
applicata ai buchi neri hanno dimostrato che essi eveporano lentissimamente, aumentando di
infinitesime frazioni la velocità di perdita della loro massa ogni qual volta una
particella virtuale si svincola dalla sua energia gravitazionale.
Hawking, introducendo i concetti della Termodinamica Quantistica, dimostrò quanto detto poc'anzi
e dimostrando che alla fine ogni buco nero, magari tra miliardi di miliardi di milardi d'anni,
si consumerà producendo un vivissimo lampo d'energia e generando un fiotto spaventoso di raggi
gamma d'altissima energia.