La Storia di Corte de' Frati

Parte II
dal 1300 al 1700

 

Il secolo XIV
Ripresa delle ostilità tra Bresciani e Cremonesi - Giuramento di Robecco - Lodovico il Bavaro e l'arcivescovo di Milano Giovanni Visconti - Unione della chiesa di Pieve al monastero d'Ognissanti - Pubbliche calamità.

Poiché al principio del secolo XIV ricominciarono le scorrerie dei Bresciani a Robecco, Pieve, Corte, Alfiano, e dei Cremonesi a Pontevico ed ai castelli bresciani, la città di Cremona anche per evitare cause di nuovi conflitti pensò di rafforzare tutti i passi sull'Oglio. Il pubblico Archivio ci offre in data 1301 un documento importante. E' un elenco di Capitani, ufficiali ai quali erano affidati tutti i militi atti alle armi del contado cremonese, distribuiti come in quartiere. Vi si legge che Robecco, Alfiano. Corte de' Frati, Scandolara, Aspice, Quistro, Villasco, Carpaneta, dipendevano da Vespasiano Stanga. Da questo documento risulta che sopraddetti in determinati giorni dovevano tenere addestrate le milizie, passarle in rivista ogni mese e condurle inquadrate e armate ove lo richiedesse il bisogno della patria.
L'atto di nomina venne steso nel pubblico palazzo alla presenza del podestà e rogato dal notaio Jacobino degli Agosti. E' di questi anni un trattato di pace giurato solennemente nella chiesa di San Biagio in Robecco tra i Sindaci di Brescia, Cremona, Mantova, Verona. Nel consiglio del Comune di Cremona tenuto in Palazzo Vecchio alla presenza del Podestà, dei Capitani, degli Anziani del popolo, fu eletto Bertoldino d'Alfiano come sindaco delegato a giurare in Robecco; il qual giuramento fu espresso da Bertoldino il 24 marzo 1306.
A questo documento seguirono altri due atti di pace, uno formulato a Monasterolo nel luglio del 1308, l'altro a Mantova nell'agosto dello stesso anno, con i quali Brescia e Cremona dovevano dimenticare gli antichi odii e pensare a mantenere sulle rive dell'Oglio 25 cavalieri armati che avessero a far rispettare i patti. Ma purtroppo, come sempre, i patti rimangono sulla carta e la realtà è ben diversa. Infatti, quando nel 1324 Lodovico il Bavaro riconfermò ai Cremonesi tutti i privilegi, diritti ed esenzioni già loro concessi ab antiquo dai suoi predecessori, rinacquero le ostilità e i dissidi. E poiché la controversia non accennava a finire, uscì una sentenza dei giudici delegati dall'Arcivescovo Giovanni Visconti, signore di Milano, Cremona, Mantova, Brescia, con la quale si concedeva a quelli di Pontevico ogni diritto sul ponte (a. 1351) con facoltà di esigere la tassa di passaggio del ponte stesso (pedaggio).
Calato poi in Italia nel 1355 l'imperatore Carlo II, dava ai Bresciani tutti i privilegi sul fiume.
In questi anni, come nota il Lombardini, e precisamente nel 1353, la chiesa di Grumone per la tenuta della rendita, col consenso del Vescovo di Cremona, venne aggiunta al monastero d'Ognissanti. Però la Santa Sede prestò il suo consenso solo nel 1471.
I nostri storici Campi e Cavitelli raccontano che dopo il 1350 le nostre terre furono invase dalle cavallette. Scrive il Campi: "Vennero in tanta quantità che per spazio di più di cinque miglia per ogni banda non si vedeva che di quegli animali, essendone coperta la terra et l'aere talmente pieno che pareva si fosse oscurato il sole." Più tardi si ebbero brine, in primavera già avanzata, piogge direttissime, inondazione e quindi carestia. Da ultimo si ebbe una peste violenta (a. 1374). Bernabò Visconti, signore delle nostre terre, comandò che si abbattessero le case infette e che senza pietà si seppellissero sotto le macerie, insieme ai morti, quanti vi abitavano. Cessata la peste, la carestia durò ancora per due anni tanto che il frumento si pagava due fiorini d'oro allo staio. Ciononostante Gian Galeazzo Visconti, succeduto a Bernabò, gravò talmente i sudditi di tasse, che la gente per saziare l'ingordigia di questo signore doveva vivere nella miseria più vergognosa. Ancora il Campi scrive: "oltre alle molte angarie che pagavano i Cremonesi, (Visconti ) vi aggiunse anche il dacio dei contratti, ordinando che tutti quei contratti per cui non fosse stato pagato il dacio fossero nulli e di nissun valore" (a. 1393).
A chiusa di questo secolo aggiungerò che in data 1394 per disposizione testamentaria del fu Salomone Pelagalli, signore di San Sillo, a rogito Giacomo Beliselli, venne stabilito di dare ai poveri di Cremona e come dote alle figliuole povere che desideravano maritarsi larghi sussidi ricavati dalla vendita dei beni che detto signore teneva in San Sillo e in Corte de' Monaci (Lombardini).
In mezzo a tanta sventura e a tanta crudeltà c'era ancora chi sentiva e viveva il precetto della cristiana carità.


 

Il secolo XV
Pandolfo Malatesta e Cabrino Fondulo - Giovanni XXIII (antipapa) -
Primi Rettori di Corte de' Frati - La Chiesa di Pieve Grumone.

L'inizio di questo secolo XV vide l'un contro l'altro armati il Signore di Brescia Pandolfo Malatesta e il Signore di Cremona Cabrino Fondulo. Il Campi scrive che Pandolfo venne con le sue genti armate sul Cremonese, prese Robecco e molti altri luoghi, sicché Robecco, Grumone, Alfiano, Corte de' Frati e altri paesi sulla destra dell'Oglio passarono sotto Brescia. Però nel 1413 si concluse un trattato di pace della durata di due anni, così i Cremonesi entrarono ancora in possesso delle loro terre.
Intanto da Mantova, ove si trovava da un po' di tempo, giunse a Lodi costeggiando l'Oglio il Pontefice Giovanni XXIII per incontrarci con l'imperatore Sigismondo. Cabrino approfittò del trattato di pace per preparare al Papa un passaggio trionfale. Toccando Alfiano e Grumone, Giovanni XXIII giunse a Robecco il 28 novembre 1413. Fu certo quello un avvenimento non mai visto e confluirono a Robecco tutte le nostre popolazioni per vedere il Papa. Le cronache narrano che si videro in Robecco anche grande quantità di Bresciani. Questo fatto però non servi come speravano i buoni a far dimenticare gli odii, perché prima che terminassero i due anni di tregua stabiliti nel 1413 si riapersero le ostilità.
Siccome questi nostri paesi sono continuamente assorbiti dalle lotte tra Cremona e Brescia, necessariamente seguono le sorti di queste due città: ora sono sotto Brescia, ora sotto Cremona. Seguire queste vicende uscirebbe dai limiti di una semplice cronaca, per cui mi limiterò a quelle notizie che riguardano la nostra storia.
S'incontrarono in questo secolo i nomi dei primi Rettori della chiesa di Corte de' Frati. Non c'è però uniformità di date. Infatti mentre il De Vecchi pone come primo sacerdote avente cura d'anime in Corte de' Frati Jacobus de' Crottis, in data 1436, il Lombardini per primo pone Don Antonio Azzoni, non nominato dal De Vecchi, e in data 1450. E' certo che Jacobus de' Crottis, investito di una possessione in San Sillo, nel 1465 affittò detta possessione meno sette pertiche per 107 staia di frumento e si ritirò.
I Frati Umiliati riscuotevano le laute rendite della loro vasta tenuta, ma a quanto pare non si curavano di mantenere in parrocchia un sacerdote. La Santa Sede intanto nel 1471 esprimeva il suo consenso per l'aggregazione della chiesa di Pieve al monastero d'Ognissanti. La cosa però, forse perché i monaci d'Ognissanti come gli Umiliati non provvedevano alla cura d'anime, non fu ben vista. Infatti nel 1478 il duca di Milano con sua lettera indirizzata al vescovo di Cremona domandò spiegazione della soppressione della parrocchia di Pieve, e il Vescovo rispose che le rendite non assicuravano il mantenimento ad un sacerdote. Per colmo di sventura in quell'anno crollarono chiesa e casa parrocchiale. Poiché i monaci non volevano curarsi, il Vescovo nominò il rettore nella persona di Don Pietro Sforzosi e obbligò il monastero a far ricostruire chiesa e casa.
Sulla fine del secolo la Repubblica di Venezia, dopo aver superato incontri armati con gli Sforza di Milano, poté conquistare Brescia e Cremona. Sui nostri campanili sventolava così il vessillo di San Marco.


 

Il secolo XVI
La Lega di Cambrais - Lega Santa - Fatto d'armi a Corte de' Frati - Tasse sui beni ecclesiastici -
Contrasti con gli Ugoni - Soppressione degli Umiliati

I re di Francia e di Spagna, Massimiliano imperatore di Germania e i Signori d'Italia, ingelositi per i progressi della Repubblica di Venezia, stabilirono di formare contro di essa una Lega. Questo patto fu firmato a Cambrai nel 1508. Al principio del 1509 oltre 50.000 Veneziani erano sulle rive dell'Oglio, e nella battaglia di Gera d'Adda rimasero vincitori i Francesi. Cremona si diede spontaneamente alla Francia e come primo complimento si vide subito gravata di imposte esagerate. In data 1510 trovo presso il Lombardini che all'arcidiacono della cattedrale di Cremona Don Alberto Capitaneis era riservata per autorità apostolica la pensione annua di 19 ducati d'oro sulla rendita della chiesa di Alfiano, pensione che veniva pagata dall'agente delle Monache.
Intanto veniva maturando la Lega Santa contro la Francia che aveva gran parte dei suoi soldati accampati a Robecco e a Grumone. Si può immaginare quale danno avvenisse a queste terre per le improvvise rotture dei patti, lo scioglimento delle alleanze, il mutamento di dominio. Il Campi, i nostri storici col Guicciardini e il Giovio ricordano un fatto d'armi avvenuto a Corte de' Frati in data 1521. "Nel principio d'ottobre passò l'esercito ecclesiastico nel Cremonese e alloggiò a Casalmaggiore, ove venne anco il Cardinale Giulio de' Medici che fu poi Papa Clemente VII. Indi passando per il Cremonese non fecero cosa di momento, se non che a Corte de' Frati i Tedeschi e Spagnoli vennero tra loro a contesa e restarono morti molti tedeschi. Da Corte andò il medesimo esercito ad alloggiare a Robecco". Il Berenzi dice che nel conflitto rimasero uccisi 200 uomini.
A causa delle continue lotte erano necessarie fortificazioni; per questo nel 1544 Francesco Guttieres, economo generale di Cremona, pubblicò una tassa sui beni ecclesiastici della città e della diocesi per il rafforzamento di Cremona. Sui beni di Alfiano venne imposta la tassa di lire imperiali 293. L'amministratore dei beni delle monache di Santa Giulia si rifiutò, dichiarandosi esente. Allora tale somma venne pagata dal Marchese Giulio Stanga, con diritto della restituzione se il monastero avesse potuto dimostrare la sua esenzione. Difatti nel 1545 tale somma venne restituita perché il Papa Paolo III minacciò la scomunica a chiunque avesse tassato i beni delle monache.
Mentre la Repubblica Veneta, gli Sforza di Milano, i Signori di Francia, Germania e Spagna erano or qua or là alle prese con le armi, rinacquero le inimicizie tra Cremonesi e Bresciani per il possesso dell'Oglio. Per verità era uscita verso la fine del 1200 una sentenza giudiziaria che dichiarava le sponde dell'Oglio e il laghetto di Grumone, posseduto dalla famiglia Ugoni, di giurisdizione bresciana. Ma i cremonesi praticamente non la vollero riconoscere. Anzi, malmenarono tutti i pescatori che potevano trovare sulla destra dell'Oglio o attorno al laghetto. Nel 1571 sorpresero un certo Battista Danese di Pontevico. Lo arrestarono e lo consegnarono alle guardie di Cremona perché fosse carcerato. Fu istituito il processo e per le ragioni portate dal delegato veneto comprovanti il diritto di Brescia e la proprietà della famiglia Ugoni, il Danese venne messo in libertà, e a quelli di Robecco e di Grumone venne fatta intimazione di non molestare più i pescatori bresciani.
Pure in quest'anno 1571 in data 7 febbraio il Papa Paolo V con sua Bolla sopprimeva gli Umiliati.
A spiegazione di questo fatto dirò che gli Umiliati, da un esordio di vita religiosa dei più edificanti, a poco a poco decaddero tanto da offrire lo scandaloso spettacolo di un vivere prettamente mondano pur tra le mura del convento e col saio del monaco. Basti ricordare che nel 1569 erano in tutto 170 religiosi, che scialavano i larghi proventi di ben 92 chiostri o prepositure, sottraendosi con abilità e con prepotenza a qualsiasi rendiconto. Trascrivo a questo proposito un bilancio dei beni delI'Abbazia di S. Abbondio, trascritto già dal Lombardini nell'Archivio del fondo di Religione di Milano. "L'Abbazia possedeva pertiche 8963, censite scudi 107.972. Ritraeva di affitti la somma di lire milanesi 58.232 nette. sulle quali pagava al suo vicario perpetuo che sosteneva il peso della parrocchia in Corte de' Frati lire milanesi 705, alle quali aggiungeva lire 82 per elemosina delle Messe festive".
Il Papa aveva affidato l'incarico a S. Carlo Borromeo di provvedere alla riforma, ma gli Umiliati non intendevano per nulla riformarsi. Anzi, essendosi il Borromeo portato il giorno 5 giugno 1566 alla chiesa di S. Abbondio dove aveva convocato il capitolo generale, fu accolto con le porte barricate e dopo aver lanciato sulla casa le scomuniche ecclesiastiche dovette ricorrere al braccio secolare. Di qui quella congiura e quell'attentato a tutti noto ordito nel 1567; per cui Paolo V si decise di sopprimere l'Ordine.
I beni furono devoluti al Cardinal Borromeo che, dopo aver assegnato ai religiosi la pensione necessaria per il loro sostentamento e i loro abiti, li impiegò in utili istituzioni, quali l'erezione dell'Università di Brera in Milano, tenuta per due secoli dai Gesuiti, l'erezione di seminari e altre opere di bene.
Nel 1579 il Vescovo di Cremona Nicolò Sfondrati, il futuro Papa Gregorio XIV, diede la chiesa di S. Abbondio e parte dei beni in Corte de' Frati ai Teatini. La parte più redditizia del fondo di Corte de' Frati fu data in Commenda a Cardinali e Arcivescovi, e per questo essi si chiamarono Abbati di S. Abbondio. Con questo fatto, mentre si chiude il secolo XVI, incomincia un fatto nuovo per la chiesa parrocchiale di Corte de' Frati.


 

Il secolo XVII
Erezione della Vicaria Perpetua - Carestia e peste - Condizione miseranda - Cimitero Baldovino -
Oratori di Villanova e Noci - Spogliazione di Aspice

Dopo la soppressione degli Umiliati, i Commendatari dell'Abbazia di S. Abbondio provvedevano alla cura d'anime in Corte de' Frati per mezzo di un Curato cui passavano 80 lire imperiali.
Nel 1614 il Papa Paolo V con sua bolla indirizzata a Monsignor Vicario Generale di Cremona, ordinò che in Corte de' Frati si erigesse la Vicaria Perpetua, dando al Vicario pro tempore il titolo di Vicario Perpetuo. Era allora Commendatore il Cardinal Visconti. Il primo Vicario Perpetuo fu Don Ugolino Bernio, che morendo, come vedremo, lasciò ai suoi successori la casa parrocchiale con onere di messe, che poi venne ridotto. I cronisti segnano gli anni 1628-1629 a caratteri neri, perché si soffrì "un'orrida carestia, da perire per le strade moltitudini di poveri senza che alcuno volesse o potesse soccorrerli".
Ci doveva essere il triste preludio alla spaventosa peste bubbonica del 1630. Dice il Cantù che la carestia e la peste ebbero in quel tempo a mietere ben due terzi dei cittadini di Cremona e tre quarti degli abitanti del contado. In Cremona in pochissimo tempo le vittime salirono a 16.000. Per il nostro Comune non si può avere un calcolo esatto, anche perché a Pieve Grumone ed Alfiano non si conserva di quell'epoca nessun registro. Dal registro dell'archivio parrocchiale di Corte de' Frati risultano 253 morti: numero molto alto se si pensa che la parrocchia non arriva a quell'epoca ai mille abitanti. Tra i morti sono da ricordare il Vicario Perpetuo Ugolino Bernio e suo fratello che da Castelnuovo era passato Economo a Corte de' Frati. Il numero dei morti pose la parrocchia nella necessità di costruire un nuovo cimitero. Fino a quell'epoca i cadaveri si seppellivano vicino alla chiesa e precisamente nell'orto del parroco (l'attuale cortile e l'area occupata dal teatro). I bambini si seppellivano in un luogo appartato, molto probabilmente dove sorge ora il coro della chiesa. Dal registro dei morti appare che in chiesa avevano il loro sepolcro privato: il Clero, le Compagnie del Rosario e S.S. Sacramento, e le famiglie Zaniboni e Casali.
Il nuovo cimitero detto Baldovino fu costruito nel campo omonimo, sulla strada che conduce alla frazione Noci. L'Economo di quel tempo, Don Bartolomeo Bonali, in data 28 ottobre 1630, domandò la facoltà di benedirlo. Il successore Don Antonio Della Noce fece costruire nel 1633 la cappella dedicata alla Madonna, "a perenne memoria del contagio... e per ornamento et bellezza del cimitero".
Gli storici riferiscono poi che durante la peste si compirono in Cremona e nel contado pubbliche brutalità. "Quanto più infieriva il flagello, tanto più trionfavano i malfattori, perché essendo chiusi i tribunali nessuno poteva loro mettere alcun freno".
Non consta che a Corte de' Frati siano successi tali fatti; è però certo che lungo la strada che conduce a Cremona furono frequenti le aggressioni, le ruberie e i fatti di sangue. Il Berenzi dice che da un volume di memorie esistente nell'archivio del Capitolo della Cattedrale di Cremona, appare come alcune terre del contado dovevano alloggiare e concorrere al mantenimento dei soldati stanziati nei centri più grossi. Nel numero di queste terre fu compreso anche Robecco e il comune di Corte de' Frati.
Ciò risulta anche da una memoria del nostro archivio: una lettera indirizzata alle autorità di Cremona, con la quale si domanda di stabilire una convenzione per l'alloggiamento dei soldati e per distribuire con maggior giustizia le imposte. Il documento dice: "Le miserie et desolazioni nell'infelice terra di Robecco Cremonese per le passate et presenti gravezze et alloggi de' soldati insopportabili hano cagionato che molte persone che habitavano nella detta terra et possedevano in essa beni stabili sono parte morte di peste et in disagio et per disperatione per non haver potuto cumulare giornalmente tanti dinari che fossero bastanti per pagare esse gravesse et satiare l'ingordigia et avaritia de' soldati, e parte fuggiti abbandonando il proprio suolo lasciando a dietro i terreni incolti et affatto deserti". Il documento continua e in esso si domanda all'autorità di Cremona di delegare il podestà di Bordolano od altro perché le terre abbandonate fossero date al miglior offerente e così ripartite sopra una scala più vasta le imposte. Ma il governo Spagnolo faceva il sordo e le condizioni si fecero sempre più disastrose.
Giacché più sopra ho nominato il parroco don Antonio Della Noce, aggiungerò che nella lista cronologica dei parroci egli ha il titolo di benemerito perché lasciò con suo testamento alla parrocchia confessionali, banconi per il coro, libri, quadri, ecc. Fondò pure l'Oratorio di San Tommaso da Villanova nella frazione di Villanova Alghisi.
Nel 1647 il Nobile Don Francesco Mainoldi Roncadelli, arcidiacono della Cattedrale di Cremona, fece costruire nella frazione Noci l'oratorio di S. Francesco con annesso beneficio (campo detto Gaifino). Rimase di patronato Manna fino al secolo XIX. Attualmente il beneficio è estinto e l'oratorio è di patronato del possessore del campo Gaifino. Sulla facciata dell'oratorio si conserva ancor oggi la data di fondazione (1647) e lo stemma di Mons. Mainoldi.
Pure in quest'anno (1647) il villaggio di Aspice fu spogliato dai Gallo-Sardi e gli abitanti furono imprigionati.
I1 1648 è noto come l'anno dell'assedio di Cremona: dirò più diffusamente nel capitolo che segue.

 

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Il contenuto di queste pagine è tratto dalla pubblicazione Storia di Corte de' Frati, edito nel 1978 a  cura della Biblioteca  Comunale di Corte de' Frati.

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