CAPITOLO IX
Il Trincerone - Battaglia di Grumone.
Nel tratto che da Noci conduce a Grumone e specialmente lungo il Cavo omonimo, ancor
oggi esistono ad intervalli dei rialzamenti del terreno. Sono un avanzo dell'antico
"Trincerone", fatto costruire nel 1648 con terra e fascine dal marchese Caracena
governatore di Milano per tener lontano da Cremona, già stretta d'assedio, l'esercito
Francese. Il Trincerone incominciava a S. Bernardo (Cremona) e terminava a Grumone
misurando, comprese alcune sinuosità, 10 miglia. Il Lando dice che "... egli
stesso (Caracena) di notte tempo percorreva a cavallo le varie stazioni militari fissate
lungo il trincerone, da Grumone alla città, per comunicare di persona gli ordini agli
ufficiali, per animare i soldati e sempre più incitarli alla resistenza, promettendo loro
premi. E per assicurar meglio i posti principali del Vallo, trasse fuori da Cremona anche
le milizie capitanate dal Principe Trivulzio e dal Demanzi, distribuendole in quelle
stazioni contro le quali egli temeva fossero più facilmente rivolti gli assalti dei
nemici".
Il Bresciani dice che fu costruito con tutta accuratezza poiché ciascuno era preoccupato
della salvezza delle proprie case e famiglie. Al lavoro concorsero fino a 3.000 uomini al
giorno, e lo stesso Mastro di campo generale, Marchese Serra, con altri distinti capitani,
sorvegliava continuamente perché l'opera fosse condotta a buona difesa. Per fossa si
servirono del Cavo di Robocco e di Grumone. Da Pozzaglio a Grumone, a intervalli,
costruirono delle specie di mezze lune, baluardi, luoghi di rifugio per la cavalleria
quando fosse minacciata, e feritoie per osservare anche da lontano le operazioni del
nemico.
Nei giorni 29 e 30 giugno 1648 a Grumone avvenne un accanito combattimento tra i Francesi
e gli Spagnoli che difendevano Cremona. Trascrivo a questo proposito dal Grandi ciò che
egli rilevò dal Bresciani:
"Circa il tramonto del sole del giorno 29 giugno giunse da Persico a I.evata il
Duca di Modena (Francesco I, figlio di Alfonso III d'Este) con un esercito di Savoiardi e
Francesi - 12.000 combattenti -, di dove con altre truppe si mosse nella notte verso il
Trincerone a Pieve-Grumone contro gli Spagnoli che difendevano Cremona. Qui giunto,
l'esercito si divise in due ali; l'una appiattossi in un sito boschivo sopra una costa, di
fronte alla quale eravi una chiusa di terra nel Cavo che serviva di fossa al Trincerone;
l'altra si pose all'incontro di un ponte detto Molinazzo, custodito dal Terzo del Mastro
di campo Cignarca sino al fiume Oglio, posti prima riconosciuti dagli esploratori come i
più deboli di tutto il Trincerone. Sull'albeggiare del seguente giorno (30 giugno), la
milizia destinata ad attaccare il ponte usci dagli agguati: parte avanzandosi con
moschettate, procurando di levare le difese; parte con scuri per fare in pezzi il cancello
che difendeva il ponte. Per due volte non si riuscì a spezzarlo, ma nella terza,
cresciuto il numero, cedette e lasciò libero il varco; in sul ponte però rimase vittima
un figlio del Capitano Plésis, che non lasciò di troppo gustare ai Francesi la riportata
vittoria. Il Corpo ch'era imboscato, udito lo sparo dei moschetti, segno dell'attacco,
calò dalla costa e si pose nel Cavo, qual posto di difesa per l'altezza del Trincerone;
solo v'era da temere da un lato, per causa di una mezza luna, dalla quale però i
proiettili non potevano che giungere affievoliti. Proseguendo, pasò la chiusa che turava
il cavo e non gli riuscì di valicare il Trincerone se non quando gli Spagnoli in un coi
Cremonesi si videro l'inimico alle spalle. Si venne alla pugna e dopo lungo conflitto gli
Spagnoli e i Cremonesi si ebbero la peggio. Il Capitano Bianchi perdette la vita, il
Mariani fu gravemente ferito; Menenti e Preda, pur Capitani, rimasero prigionieri, e varie
schiere di soldati accerchiate dai nemici procurarono di sottrarsi alla morte con la fuga;
e benché il Mastro di Campo Quintana avesse radunato alcune squadre fuggitive per
ripigliare la zuffa anche queste furono rotte con la morte del Capitano Durazzo, né mai
fu più possibile riunire la soldatesca qua e là dispersa ed atterrita dai colpi di tre
pezzi di artiglierie, presi dapprima dagli Spagnoli, che facevano più rumore che strage,
giovando in pari tempo al vincitore la fortuna, imperocchè nel primo incontro con la
cavalleria cremonese tra Pozzaglio e Brazzuoli il Capitano Visconti, investendo
arditamente l'inimico, cadde morto, colpito da una carabinata nella testa. Animato perciò
da nuovo coraggio, l'inimico inseguiva più arditamente i fuggenti Spagnoli."
(Bresciani).
I Cremonesi, però, nell'ottobre dello stesso anno (1648) liberarono la città
dall'assedio e posero in fuga l'esercito nemico. Essendo la vittoria dovuta al Generale De
Benavide Caracena, i Cremonesi gli tributarono la corona di gramigna che secondo l'uso dei
Romani si soleva dare a chi liberava la città dall'assedio.
Era allora Podestà di Cremona Giacinto Arrigoni, milanese.
CAPITOLO X
Nuove contese per i diritti sull'Oglio
e sul Laghetto di Grumone - Costruzione della nuova Parrocchiale - L'Oratorio di S. Rocco
- Compagnia del S.S. Nome di Gesù
Mentre le nostre terre, per le continue devastazioni prodotte dagli eserciti, a stento
potevano risollevarsi, i castelli bresciani prosperavano e rifiorivano. Il comune di
Pontevico, anche per aumentare le sue entrate, aveva applicato una tassa per il passaggio
del Ponte (pedaggio). Naturalmente i nostri cercavano di sottrarsi usufruendo senza alcun
diritto delle barche delle monache di Alfiano. Nacque cosi una grossa questione tra il
comune di Pontevico e le Monache; e poiché perduravano gli abusi, il giorno 16 aprile
1671 da Brescia venne emanato un proclama "proibitivo de' burchielli ed altri
traghetti, con commando di dover tutte le cose e persone transitare e passare per il ponte
di Pontevico".
Nello stesso tempo rinacquero le vecchie questioni tra Bresciani e Cremonesi per il
possesso della riva destra del fiume e più per il Laghetto di Grumone di proprietà della
famiglia Ugoni. Un Nobile stesso di questa famiglia si presentò in giudizio a Cremona e
ottenne la sentenza in suo favore (1675). Il Senato Veneto allora ordinò ai Rettori di
Brescia che il documento fosse registrato nell'Archivio dei Confini, per poterlo mostrare
in avvenire a chiunque avesse voluto riaccendere le contese.
Aggiungerò che verso la fine del 1694 il Laghetto in questione passò alla famiglia
Roncadelli di Cremona "et in dopo è stato ridotto da essi Roncadelli a pascolivo
ossia prativo".
Riguardo alla nobile famiglia Roncadelli, congiunta in parentela con la casa Botta di
Robecco e la famiglia Palazzi bresciana, lo Stefanoni scrive: "Gli beni della
famiglia Roncadelli, morta che sarà Donna Maddalena Palazzi Bresciana, che fu moglie del
Nob. S. D. Giambattista Roncadelli, fratel minore del S. Cavaglier Roncadelli, il tutto
anderà in Casa Manna con obbligo che si facci dimandar Manna Roncadelli, cioè il secondo
genito".
Nel 1683 il Commendatore dell'Abbazia di S. Abbondio Cardinale d'Adda, fece ricostruire
dalle fondamenta sul "Castello" la nuova parrocchiale ed il campanile di Corte
de' Frati. La chiesa ad una sola navata era tutta circondata da una fossa, e vi si
accedeva mediante un ponte levatoio posto davanti alla facciata. Perché il generoso atto
del Cardinale fosse noto ai posteri, sulla facciata della chiesa venne collocato il suo
stemma in marmo con la scritta "Ferdinandus Tit. S. Barnabae S.R.AE. Presb.
Cardinalis de Abdua a Fundam. Restit. MDCLXXX". Attualmente la scritta non esiste
più e lo stemma, levato nel 1866, venne in quest'anno 1934 murato nella facciata della
casa parrocchiale. In chiesa si conservano le insegne cardinalizie nei due pilastrini
delle balaustre. C'è una lapide murata a sinistra dell'altar maggiore sotto la cantoria,
che dice: "Cardinalis Ferdinandus D'Adda has aedes Apostolis Philippo et Jacopo
Sacras anno 1683 e fundamentis aedificavit. Bonomelli D. Jeremias Cremonensis Episcopus
consecravit anno 1884 die 17 augusti".
Esisteva già in quest'epoca, vicino alla chiesa, di fronte alla cascina attuale di
proprietà Rastelli, un Oratorio sacro a San Rocco, costruito forse dopo la peste.
L'oratorio era di proprietà privata della Compagnia del Nome di Gesù e ogni festa per
comodità dei confratelli vi si celebrava la messa festiva. Unito alla chiesa c'era un
piccolo campanile con campana.
Dalla relazione della visita pastorale di Mons. Litta (a. 1739) trovo che i confratelli
della Compagnia del Nome di Gesù ogni domenica si portavano alla loro chiesa e prima
della messa recitavano in comune l'ufficio. Ogni seconda domenica del mese, dopo
l'ufficio, professionalmente col loro stendardo venivano alla chiesa parrocchiale e tutti
si comunicavano.
Ogni anno nel giorno della Circoncisione (1 gennaio), si riunivano in assemblea generale,
presente il parroco; veniva data relazione dell'attività spirituale e materiale della
Compagnia, si eleggevano i nuovi superiori e si stabiliva il programma di lavoro per il
nuovo anno. Questa pia società unitamente a quella del S. Rosario verrà, come vedremo,
soppressa da Giuseppe II.
CAPITOLO XI
Mortalità del bestiame - Irruzioni
militari - Nuove opere nella parrocchiale -
Convento di Corte Milia e il Ganganelli - Il Conte Gambara e il forte di Aspice -
Nuova parrocchiale di Alfiano - Incameramento dei beni e soppressione delle Compagnie.
Sul principio del secolo XVIII infierì una grande mortalità nel bestiame bovino. Il
Berenzi narra di aver letto in un volume inedito di Camillo Rovere che nella provincia di
Cremona in quattro mesi morirono circa 3.000 bestie bovine. e lo Stefanoni aggiunge che
"questa mortalità durò sino a che non vi furono più bestie da morire, e in
cinque anni morirono tutte t non si vedevano se non cavalli; e finita che fu non si vedeva
un bue sinattanto che non ne vennero da paesi lontani a venderli a chi aveva dinari e chi
aveva cavalli da vendere gli vendeva a molto caro prezzo".
Nel 1702 le milizie imperiali capitanate da Eugenio di Savoia. dopo aver inutilmente
tentato di allontanare i Francesi da Cremona, portarono altrove l'accampamento e le terre
di Bina, Grumone, Corte de' Frati e Robecco subirono ingenti danni per le continue
irruzioni militari. Furono frequenti le comparse delle milizie or Francesi ora Austriache
nel 1703-1704; anzi nel febbraio di quest'anno una masnada di soldatesche sfrenate portò
il terrore in Grumone e Corte de' Frati.
Le medesime notizie sono date dai cronisti anche per gli anni l706-1707. In questo tempo
Cremona si liberò dal dominio Francese e passò sotto gli Austriaci.
Nel 1711 il Nobile Andrea Roncadelli Cavaliere Gerosolimitano, fece costruire a sue
spese in Grumone l'oratorio sacro a S. Andrea e all'Immacolata.
Opere di abbellimento pure si compirono nella parrocchiale di Corte de' Frati. Nel 1715 il
Card. Passionei, Protettore della chiesa, fece alzare il campanile e comperò tre nuove
campane. Nel 1717 gli Eredi D'Adda a loro spese fecero erigere un altare dedicato a S.
Francesco del quale oggi si conserva solo la pala appesa in fondo alla chiesa a sinistra.
Nel 1724 la Compagnia del S.S. Sacramento regalò l'organo e nel 1733 il Commendatore
Mons. Olgiati fece costruire l'altare di S. Giuseppe.
Si presenta ora l'occasione di parlare del Convento di Corte Milia. Tra Grumone e Robecco,
nella località nota ancor oggi col nome di Santa Maria, esisteva fino al secolo XII un
ospizio per i pellegrini, fatto costruire dalla nobile famiglia Meli, donde il nome di
Corte Milia. Al principio del secolo XVI si costatò il convento dei Frati Francescani, la
chiesetta e il cimitero. I beni annessi all'ospizio furono incorporati all'Ospedale
Maggiore (di Cremona) nel 1460. Il convento e la chiesa più non esistono; rimane solo il
cimitero, volgarmente detto "cimitero dei morti di S. Maria". Da note esistenti
nell'archivio parrocchiale di Robocco, ricordate anche dal Berenzi, appare che nel 1739
era priore del suddetto convento Lorenzo Manganelli, che divenne poi Papa col nome di
Clemente XIV. Il Bonafossa dice che nel 1739 il Ganganelli predicò la Quaresima in
Robecco e Corte de' Frati. Quando fu eletto Papa, anche per dare a queste popolazioni una
testimonianza della sua benevolenza, concesse l'indulgenza Plenaria applicabile anche ai
Defunti: a Robecco durante il Triduo (lunedì, martedì, mercoledì dopo la Sessagesima; a
Corte de' Frati il giovedì ante-Quinquagesima (giovedì grasso). Ciò in data 1770. A
Robecco esiste la Bolla Pontificia; a Corte de' Frati, per quanto abbia cercato, non si
trova alcun documento, ma solo una secolare tradizione. Dai registri appare che dopo il
1770 celebravasi ogni anno, dopo la Sessagesima, un solenne Triduo predicato con Ufficio
per i Defunti per l'acquisto dell'indulgenza plenaria.
Il Berenzi, nella Storia di Pontevico, ci fa sapere che in questi anni (1770) spargeva
il terrore sulla riva destra dell'Oglio nel bosco Bresciano il Conte Alemanno Gambara,
uscendo tratto tratto dal suo castello di Pralboino accompagnato da bravi armati, come uno
dei prepotenti signori del secolo XVII. Contro di lui la Repubblica di Venezia lanciò il
bando e la confisca dei beni. Questa notizia si ricollega a un documento manoscritto di
proprietà della famiglia Quaini Isaia, gentilmente concessomi, che trascrivo per intero.
Non è firmato e porta la data 1865. La nota riguarda Aspice e precisamente la cascina
oggi chiamata ancora "Ratti", di proprietà Quaini Isaia, tenuta in affitto dal
signor Ranelli Giovanni.
"Fu da una merlata torre (la torre era alla distanza di cinque metri verso
mezzogiorno dall'atrio dell'Oco) tre anni or sono atterrata dal signor Arenghi, da muri di
sproporzionata grossezza, da un centinato con pozzo a ferri taglienti già interotto da
fondamenti fuori di luogo, trovati esistenti oggi giorno, il tutto nel luogo ove sorge il
fabbricato colonico e civile denominato il Loco, in mappa numero 156, che il signor
Giuseppe Ratti esternò il desiderio di indagare l'origine di questi avanzi. Io dopo molte
accurate ricerche fatte su vecchi libri al catasto e anche con quei terieri più
decrepiti, potei sapere che in quel luogo sorgeva circa l'anno 1750 un forte che faceva
corpo avanzato del feudo dei fratelli Conti Gambara stanziati nel piccolo paese
fortificato di Gambara, lungi 15.000 metri dall'Aspice. L'ultimo di questi fratelli fu il
Cardinale che, morendo in Roma, lasciò il podere e i fondi ai monaci dell'Ordine
Benedettino del convento della chiesa di S. Lorenzo fuori delle mura di Cremona. Questi
dopo poco tempo dovettero per ordine dell'Imperatore Giuseppe II vendere a porzioni il
suddetto fondo, e questo forte dell'Aspice lo comperarono le signore Sorelle Scandolara,
che morendo tutte lo passarono per eredità ai fratelli Vigliani, che atterrarono subito
il forte, lasciando quanto ò detto sopra, costruendovi una casa civile e colonica che
nell'anno 1820 passò per compera al signor Francesco Arenghi e nel 1863 al suddetto
Francesco Ratti pure per compera".
Nel 1775 cessò l'Abbazia d'Ognissanti, e la chiesa di Pieve di Grumone ritornò
indipendente.
Gli anni 1777-80 trascorsero nella carestia e da quanto narra il Berenzi si sa che
"i poveri non avendo né trovando frumentone furono costretti a pascersi di certa
erba che chiamasi aseri, che in quell'anno abbondò e che pur ogni anno da essi si
raccoglie".
Nel 1786 essendo parroco ad Alfiano Don Carlo Maffi venne fabbricata l'attuale chiesa
parrocchiale, benedetta dal suddetto parroco il 17 gennaio 1789. Nel distretto
parrocchiale esistevano già due oratori sacri ai S.S. Damaso e Sofia, di patronato delle
monache di S. Giulia; ma, come osserva il parroco Don Giuseppe Chiesa, non è possibile
trovare documenti di fondazione.
Nel 1788, il 4 marzo morì il Card. Visconti che fu l'ultimo Commendatore della chiesa di
Corte de' Frati e del quale conservasi lo stemma nel piedistallo del battistero. I beni
furono per ordine di Giuseppe II incamerati e soppresse le Compagnie del S. Rosario e del
Nome di Gesù. Le terre che ancora rimanevano (pertiche 3.000) furono date dal governo al
signor Giulio Bolzesi e al parroco venne fissato il lauto stipendio di lire milanesi annue
705, pagate dal fondo di religione. Il R.I. Demanio si riservò pure il diritto di nomina
del parroco, la manutenzione della chiesa e dalla casa parrocchiale.
Nel 1791 venne ampliato e ridotto alle attuali forme il vecchio cimitero del Baldovino.
Il secolo si chiude con una desolante epizoozia (malattia delle bestie) e il Manini, che
era assessore del comune di Cremona, scrive: "Ebbi io stesso nelle visite della
provincia a farne sacrificare delle migliaia perché infette, e farle seppellire con la
pelle immediatamente onde impedire l'ulteriore propagazione di sì funesto morbo. Robecco
e Corte de' Frati furono paesi in cui la malattia infierì maggiormente".
CAPITOLO XII
Condizioni politiche - Terremoto -
Nuova Torre - Carestia e colera - Ampliamento della chiesa parrocchiale - Nuovo cimitero -
Chiesa di Pieve - Ultimo trentennio.
Al principio del secolo XIX troviamo Francesi sparsi nei nostri paesi perché battuti
sull'Adige dai generali Kray e Melas. A Corte de' Frati si trattennero tre mesi e
alloggiarono nell'oratorio di S. Rocco. La statua del Santo e gli arredi sacri vennero
però trasportati in parrocchia.
Mentre Napoleone si trovava in Egitto, da noi crollava la Repubblica Cisalpina. Ma con la
Battaglia di Marengo (a. 1802) si ritornò sotto la Francia e Cremona prese il nome di
Capoluogo del Dipartimento dell'Alto Po. Il Manini accenna che in data 12 maggio 1802 si
ebbe una forte scossa di terremoto che, come risulta da documenti del nostro archivio,
danneggiò la chiesa, " nella parte segnatamente della sacrestia la cappella della B.
V., e più ancora la torre, la quale dopo quell'accidente ha manifestato delli segni che
potevano far temere qualche pericoloso disastro ".
Siccome nel 1803 si doveva abbattere per ordine del governo la chiesa di S. Maria di Corte
Milia, dietro domanda del parroco di Corte de' Frati Don Filippini, passarono alla nostra
chiesa un altare di marmo L'attuale altare di S. Rocco), un quadrone dell'Assunta, un
confessionale ed altri oggetti.
Nel 1805 si incominciò per ordine del Demanio a demolire la nostra pericolante torre, e
il 14 novembre dello stesso anno si diede principio alla costruzione della nuova torre
sotto la guida del capomastro Mina.
Al 23 dicembre (1805) vennero sospesi i lavori perché il Demanio, venendo meno ad un
dovere come possessore dei beni della soppressa Abbazia di S. Abbondio, non volle
assumersi la spesa. Dopo diverse pratiche infruttuose, la popolazione venne nella
determinazione di continuare a proprie spese i lavori. La torre si finì nel 1812, e
nell'agosto dello stesso anno si comperarono anche le nuove campane.
In questi anni, per ordine di Napoleone, vennero sistemate le strade e attivato un
regolare servizio postale mediante carrozze. Corte de' Frati, il Comune di Alfiano con
Aspice, San Silla con Motta, dipendevano dall'Ufficio di Robecco.
Col rovescio delle armi napoleoniche avvenne il solito cambiamento di scena! e si andò a
gara per acclamare il ritorno delI'Austria inneggiando a Francesco I (a. 1815).
Nel 1816 vi fu grande siccità e carestia. e nel 1817 serpeggiò sgraziatamente anche il
morbo petecchiale. derivato forse dalla carestia dell'anno precedente e più degli altri
furono assaliti i contadini.
Dal volume V dei Morti (Arch. Parrocch. ) risulta che le vittime in quell'anno furono 150.
Durante gli anni di parrocchialità di don Domenico Bellotti, Bergamasco, si compirono
nuove opere in chiesa: il nuovo organo costruito dal Bossi di Bergamo ( a. 1844),1'altare
maggiore in marmo fino (1854).
A proposito del parroco Bellotti dirò che a torto il Grandi attribuisce ai parroci il
titolo di Canonici Priori dell'ordine diaconale del Capitolo della Cattedrale di Cremona.
Si trattò di un titolo personale del Bellotti.
Nel 1866, mentre era parroco Don Luigi Zangelmi, si procedette all'ampliamento della
chiesa parrocchiale. Si demolì l'oratorio di S. Rocco e col materiale si costruirono le
due navate laterali; si distrusse il ponte levatoio e si riempì la fossa che circondava
in parte la chiesa.
Nel 1867 scoppiò di nuovo il colera e numerosi furono i morti, però il paese dove ebbe a
verificarsi la più alta mortalità fu Quistro.
In quel medesimo anno (1867) si costruì la linea ferroviaria Cremona-Brescia con stazione
a Robecco. L'Oglio, che era una delle vie più sfruttate per il trasporto delle merci,
perdette ogni importanza.
Pure in questi anni 1866-1867 i due comuni di Alfiano e di San Sillo furono riuniti
nell'unico di Corte de' Frati.
Il Grandi ed il Berenzi ricordano che presso Grumone esistevano alcune fontane che il
medico Pedretti ed altri dichiararono "salubri" e molto indicate per usi
economici. Sottoposte ad analisi chimica risultarono leggermente ferrugginose con muriato
di soda e magnesio, quindi medicinali e, come quelle di Nocera, utilissime in alcune
malattie. Più accurate analisi posteriori, o forse una alterazione naturale avvenuta
nelle vene che la produceva, tolsero a quelle acque ogni importanza.
Nella sua casa di Grumone, il 5-7 dicembre 1871 il Conte Manna Roncadelli 7 Mainoldi,
riunendo uomini di buona volontà da tutta Italia, iniziava l'Opera dei Congressi
Cattolici.
Nel 1882 lo stesso Conte faceva costruire nel suo parco una Grotta sacra all'Immacolata di
Lourdes, che ancor oggi è meta di pellegrinaggi.
Durante gli anni di parrocchialità di Don Antonio Fossa (1875-1888), " la chiesa
venne allungata di circa quattro metri dalla parte del coro e furono aperte nello stesso
coro due finestre per la illuminazione ". Compiendo questo lavoro si ruppe
irreparabilmente il quadrone dell'Assunta che serviva da pala. Il Fossa allora fece
dipingere da un pittore Bergamasco l'attuale quadro rappresentante il martirio dei
Protettori Giacomo e Filippo.
Il Parroco Badaracchi fece decorare la chiesa dal Fusari di Cremona e acquistò il nuovo
concerto di campane.
Verso la fine del secolo si iniziarono i lavori del nuovo cimitero e s'incominciò a
seppellirvi nel 1905.
Nel 1904 si costruì l'attuale parrocchiale a Pieve Grumone.
Il Parroco Don Ernesto Sansoni fece costruire l'altare della Vergine del Rosario. Sotto di
lui (16 gennaio 1911 ) la parrocchia fu elevata alla dignità di Prepositura.
Sulla fine del 1918 seminò la morte una febbre infettiva chiamata "spagnola".
Dopo dieci anni di stasi, il nuovo Parroco Don Mario Bozzuffi riprese il lavoro e si
attuarono nuove opere. Mi limito come sopra alla semplice cronaca perché le opere parlano
da se: trasformazione di una parte dell'orto in cortile di ricreazione per i fanciulli;
costruzione di un ampio salone-teatro, degno di un grosso centro; riordino della Casa
Parrocchiale; pavimentazione del presbiterio della chiesa; nuovo altare del Sacro Cuore,
opera dell'intagliatore Casotti di Casalbuttano; nuove statue del Sacro Cuore e di S.
Giuseppe, opere dello scultore Righetti di Brescia; nuovi banchi e nuova illuminazione
artistica. La statua di S. Giuseppe, dono della famiglia Quaini Giuseppe, venne premiata
alla Esposizione Biennale di Venezia. Gli otto lampadari in ferro battuto sono opera dei
fratelli Barbieri. Opere di pubblica utilità: associazioni cattoliche maschili e
femminili; conferenza di S. Vincenzo de' Paoli. Nuovi lavori furono compiuti pure dal
Comune; dal Monumento ai Caduti alle Scuole Comunali. Mi si dice che verrà pubblicata una
nota illustrativa. Mi dispenso dal descriverli.
Nel 1929 la Contessa Manna donava la sua villa di Grumone all'Istituto Missioni Estere di
Parma e da quell'anno venne trasformata in Seminario.
Chiudo queste poche note con l'augurio che altri più illuminati e diligenti colmino le
lacune e diano alla narrazione una veste più decorosa.
Laus Deo.
BIBLIOGRAFIA
L'autore ha tratto la sua documentazione dai seguenti testi o archivi:
- Archivio parrocchiale di Corte de' Frati.
- Archivio parrocchiale di Robecco.
- BERENZI - Storia di Pontevico - Cremona 1888.
- BERENZI - Storia di Robecco - Cremona 1920.
- ROSA GABRIELE - in Archivio Storico di Firenze - 1888.
- ROSA GABRIELE - Statistica storica provincia di Brescia.
- ROBOLOTTI - Dei Documenti storici letterari di Cremona.
- LEGNAZZI C.N. - Del catasto romano e di alcuni strumenti di Geodesia Padova 1885.
- MURATORI A.L. - Rerum italicarum gestae - XIV - 22.
- LUCCHINI - Storia della civiltà diffusa dai Benedettini.
- LOMBARDINI - Manoscritto della Biblioteca Seminario di Cremona.
- GRANDI - Storia della Diocesi di Cremona.
- ROMANI - Storia di Casalmaggiore.
- CAMPI - Storia di Cremona.
- CAVITELLI - Annali di Cremona.
- LANDO - Obsidio Cremonensis - Milano 1654.
- DE VECCHI - Cenni storici sulla diocesi di Cremona.
- MANINI - Memorie storiche della città di Cremona.
- STEFANONI - Cronaca di Cremona (inedito).
- BONAFOSSA - Monumenta Cremonensis Ecclesiae manoscr. bibl. parr. di S. Agata.
- Relazione Visita pastorale del Vescovo Agostino Isimbaudo - Arch. Vescov. di Cremona.
- Tavola Peutigeriana o Teodosiana.
- Relazione sul fiume Oglio - manoscr. della Oueriniana Brescia.
- Relazione della Visita pastorale di Mons Offredi - 1807.
- Codex Diplomaticus Longobardiae.
- Altri Autori citati: Malvezzi, Cavrioli, ecc. |