Il Sole è di gran lunga la stella più vicina alla Terra; la seconda stella più vicina alla Terra, Alfa Centauri,
è oltre 200.000 volte più lontana e tutte le altre stelle lo sono enormemente di più.
Data l'estrema vicinanza della nostra stella, a guardarlo direttamente, l'astro appare insopportabilmente luminoso
ed in effetti è tanto brillante che dobbiamo prendere delle precauzioni per poterlo studiare adeguatamente.
Osservandolo attraverso un apposito filtro o in proiezione, possiamo vederne la superficie: essa ha una temperatura di circa 5500 °C,
ma è fredda se la paragoniamo al nucleo, dove un "termometro" segnerebbe circa 15 milioni di gradi.
Si può subito notare che lungo il bordo il Sole è più scuro; questo effetto è dovuto al fatto che, i gas di cui è composto, sono trasparenti per cui, quando guardiamo verso il suo centro, in realtà l'osserviamo più in profondità, dove la temperatura maggiore. Il nostro sguardo, però, non può penetrare nelle profondità del sole che per poche migliaia di chilometri, una distanza minima, se paragonata al diametro solare di oltre 1.400.000 km.
Lo spettro solare.
Fotografia di Fulvio Mete |
Se studiamo la fotosfera, lo strato visibile esterno, potremo notare delle macchie più scure, le
macchie solari, causate da fenomeni magnetici sulla superficie
solare e spesso visibili in gruppi (detti gruppi di macchie solari).
Esse aumentano di numero, per poi diminuire dopo qualche anno, secondo un ciclo di circa 11 anni: il ciclo solare, causato
dall'inversione del campo magnetico della nostra stella. Constano di una zona interna, detta ombra, più scura con una
temperatura di circa 4.000 gradi, ed una esterna, detta penombra, più chiara con una temperatura di circa 5.000 gradi.
In realtà esse emettono luce, ma appaiono scure per contrasto con la brillantissima superficie circostante, più
calda. Le loro dimensioni variano da quelle di una macchia singola, grande circa un migliaio di chilometri, che in questo caso viene
detta poro, alla dimensione dei gruppi di macchie, larghi centinaia di migliaia di chilometri.
Esse si formano e spariscono sotto l'azione del campo magnetico solare e possono persistere per alcune settimane. Le più longeve durano
anche un paio di mesi e, ricordando che il Sole ruota attorno al proprio asse in circa un mese, possono essere riviste, al bordo opposto
da quello dove sono scomparse, quando completano la rotazione "mensile".
Grazie ad esse è possibile seguire la rotazione del Sole su se stesso, che si compie in maniera diversa a seconda della latitudine solare: in 25 giorni all'equatore ed in 34 presso i poli. Questo accade perché il Sole è una sfera di gas e non ruota rigidamente come la Terra, ma in maniera differenziata. Nel 1997 il ciclo undecennale è appena passato per il suo minimo e le macchie stanno apparendo in piccoli gruppetti, destinati ad accrescersi con il tempo.
Il Sole durante la fase di totalità con ben visibili la corona e tutti i filamenti
gassosi che dipartono dalla superficie solare.
Fotografia di Lucio Furlanetto |
Ma le caratteristiche più appariscenti del Sole, purtroppo non sono visibili in condizioni normali: bisogna infatti utilizzare strumenti appositi (coronografi o filtri a banda stretta) oppure attendere un'eclisse. Solo allora potremo scoprire che il Sole è circondato da un ampio alone luminoso, detto corona: essa cambia forma in concomitanza con il ciclo delle macchie ed è costituita da pennacchi e filamenti di gas rarefatto che si disperdono nello spazio. Una curiosità è che la loro temperatura si aggira attorno a 1-2 milioni di gradi, quindi notevolmente più calda della fotosfera visibile.
Appena sopra di quest'ultima c'è un sottile strato di colore rosato, detto cromosfera, visibile durante le eclissi. Da qui si staccano le protuberanze, formate da getti di gas che si disperdono nella corona o ricadono sulla superficie solare. Spesso raggiungono dimensioni di decine di migliaia di chilometri e solitamente si estinguono nel giro di poche ore. Un caso eccezionale è avvenuto nella prima metà degli anni settanta, con una protuberanza alta circa 400.000 Km.; una caso analogo è avvenuto poco tempo fa, quando si è prodotta una gigantesca bolla di gas ionizzato, la quale successivamente si è dispersa nello spazio interplanetario.
Le fasi durante un'eclissi totale di Sole.
Fotografia di Emilio Sassone Corsi |
Dalla corona viene emesso costantemente un gran numero di particelle cariche, che formarmano il cosiddetto "vento solare", il quale si allontana ad una velocità di alcune centinaia di km. al secondo. Il suo effetto più vistoso è quello di formare la coda delle comete, respingendo i gas ionizzati che queste emettono. E dalla Terra si segue costantemente la nostra stella, anche perché di tanto in tanto avvengono delle enormi esplosioni dette brillamenti, le quali provocano, circa tre giorni dopo, delle tempeste magnetiche, interferenze radio o bellissime aurore.
L'aurora (boreale), fotografata dal Friuli, cominciata alle 00:20 TU del 31 ottobre 2003.
Fotografia di Lucio Furlanetto |
Ma la sua influenza non si esaurisce qui: il vento solare, deforma le magnetosfere dei pianeti dotati di
campo magnetico, come la Terra. L'atmosfera che ci protegge da queste particelle letali per la vita, viene compressa dal lato
rivolto al Sole e stirata a forma di goccia nel lato opposto.
Un altro effetto prodotto dal vento solare è quello di interferire con la ionosfera terrestre, disturbando o addirittura
interrompendo, le comunicazioni radio nella banda delle onde corte, soprattutto. Ma esso disturba pure le comunicazioni con i
satelliti in orbita attorno alla Terra, producendo talvolta veri e propri blakout delle comunicazioni.
Il fenomeno più vistoso (e raro per le nostre latitudini) è però quello della generazione delle aurore (boreali ed australi)
le quali possono essere viste in aree vastissime, quando le particelle cariche elettricamente vengono indirizzate verso i
poli magnetici terrestri.
Un altro fenomeno non visibile, ma causato dal Sole, è quello del "gonfiarsi" o "ridursi" degli strati più esterni dell'atmosfera
terrestre; a seconda del punto raggiunto nel periodo del ciclo undecennale, gli atomi o le molecole dell'atmosfera rarefatta della
zona esterna, espandendosi, possono creare un maggiore attrito nel moto dei satelliti in orbita bassa.
Una esempio del loro effetto è stata la progressiva "caduta" della stazione spaziale Skylab, della N.A.S.A., la quale proprio
per l'attrito residuo degli strati esterni, dovuto all'eccezionale attività del ciclo solare degli anni settanta, è ricaduta una decina
d'anni dopo sulla nostra superficie provocando un notevole allarme nelle zone soggette a "possibile impatto" (il corpo pesava varie
tonnellate !)
Ma perché il Sole è caldo ? Il "peso" dell'idrogeno che forma il Sole, produce una pressione
via a via più elevata, mano a mano che ci si avvicina al centro della nostra stella. Questo implica che nel nucleo solare ci sia una pressione immensa, tale da far persistere per miliardi d'anni
le reazioni di fusione nucleare: quattro atomi di idrogeno (in pratica i quattro protoni dei loro nuclei) si
fondono per formare uno di elio (composto da due protoni e due neutroni), rilasciando la differenza
di energia tra ma massa somma dei quattro atomi d'igrogeno, con la massa dell'atomo di elio.
Tale differenza, convertita dalla massa in energia con la nota equazione E=mc2 produce, da questa piccola differenza
un'energia immensa. E questo avviene miliardi di miliardi di volte ogni secondo, quindi l'energia complessiva emessa dalla nostra stella
è colossale, per i nostri parametri umani !
Da quest'energia il Sole irradia la sua "luce", alle varie lunghezze d'onda, dalle onde radio ai raggi gamma, anche
se la maggior parte di essa è radiazione visibile ed infrarossa, le quali permettono la vita sul nostro pianeta.
Infatti l'emissione del Sole nella banda radio, ultravioletta, X e gamma è molto piccola, rispetto alle altre lunghezze d'onda.
La nostra stella è composta attualmente dal 71% di idrogeno e dal 27% di elio, mentre il resto se
lo dividono tutti gli altri 89 elementi; ricordiamoci che il Tecnezio è ormai decaduto in altri elementi, quindi non si trova
più in natura, nemmeno nel Sole.
Ricordiamoci che il materiale che compone tutto il Sistema Solare venne prodotto da una supernova prima che la nebulosa
che originò il Sistema Solare si contraesse (e forse proprio la sua eplosione fu la causa della sua contrazione, circa 4,65
miliardi d'anni fa.
Ma in futuro cosa accadrà al Sole ? Dopo una vita sostanzialmente tranquilla, il Sole, tra circa 5 miliardi d'anni, esaurirà il suo "carburante", cioé l'idrogeno, ed allora il Sole uscirà dalla sequenza principale del diagramma di Hertzsprung-Russell, per diventare un'instabile gigante rossa ed espandendosi così tanto da inglobando i pianeti più interni, Terra compresa.
Durante questa fase, progressivamente gli strati esterni del Sole evaporeranno, producendo una nebulosità probabilmente sferica, che chiamata nebulosa planetaria, la quale si espanderà nel mezzo interstellare e svanendo dopo parecchie migliaia di anni.
In seguito, mentre il nucleo collasserà, ed il Sole diventerà una nana bianca, cioé una stella
inerte piccola e molto calda, del diametro simile a quello della Terra.
Il destino conclusivo del Sole sarà quello di raffreddarsi sempre di più, cambiando di colore e diventando prima una nana rossa e poi
una nana nera, tra miliardi di miliardi d'anni.
Un'ultima curiosità: le reazioni nucleari, all'interno del nucleo solare, causano un intenso flusso di
neutrini, particelle fondamentali neutre della classe dei leptoni, che hanno scarsissime interazioni con la materia
ordinaria, tanto per intenderci quella che compone noi, gli animali, le piante e la stessa Terra. Esse vengono prodotte in quantità
enormi ogni secondo, e non solo nel nucleo solare; di esse, però, da terra si riescono a rivelare pochissime, non solo perché
è estremente difficile rivelarle, ma proprio perché sembrerebbe che il Sole ne emetta poche (un terzo delle stime teoriche).
Questo è stato ed è uno dei problemi maggiori dell'astrofisica stellare odierna, ma parrebbe che il problema possa essere giunto
a soluzione proprio in queste settimane.
Infatti è giunta notizia, dal convegno annuale sull'argomento tenutosi qnel 2000 in Giappone, che i neutrini
oscillerebbero tra le loro tre diverse forme. Cioè un neutrino emesso da una reazione di fusione nucleare all'interno del
Sole, potrebbe mutare nel suo percorso di 150 milioni di km. tra il Sole e la Terra.
E potrebbe mutare dalla sua forma originaria di neutrino elettronico, muonico o tauonico, a seconda dell'energia interessata
nella reazione, in uno delle altre due forme. Oltre a ciò, si tenga conto che la sensibilità dei vecchi esperimenti, tesi a rivelarne
il numero per ciascuna classe, era assolutamente insufficiente per rivelare i neutrini più comuni e meno massivi; con ciò si potrebbe
finalmente spiegare perchè i vecchi conteggi (soprattutto quello iniziato negli anni sessanta nella miniera di sale del Dakota),
dessero risultati così discordanti con la teoria, da far persino ipotizzare che la teoria avesse gravi incongruenze
nella sua struttura o fosse addirittura sbagliata.
In conclusione desideriamo sottolineare che, se l'oscillazione della forma dei neutrini venisse confermata
senza ombra di dubbio (e altri esperimenti, come quello che dagli anni ottanta si sta effettuando nelle profondità del Gran Sasso, lo
confermerebbero), ciò implicherebbe che i neutrini abbiano massa, piccola ma sempre maggiore di zero. E dato che il loro numero
è colossale, questo potrebbe comportare che la stessa massa dell'universo possa essere tale da produrre una curvatura maggiore di
uno: l'Universo sarebbe chiuso e quindi in un remoto futuro collasserebbe in un'immensa palla di fuoco chiamata Big
Crunch.
Nota 1 (13/04/2001): da ricerche pubblicate negli anni 1999, 2000 e 2001, sembrerebbe che neppure i neutrini e tutta la
"materia oscura" risultino sufficienti per "chiudere l'universo". Lo spazio-tempo verrebbe dilatato da una quinta forza, che produce
un'accelerazione dell'espansione dell'universo, simile a quanto ipotizzato (per altri motivi) da Albert Einstein alla fine del primo
decennio del secolo scorso, quando introdusse la costante cosmologica per mantenere stabile l'universo. Inizialmente quest'idea
fu derisa, in quanto ai più sembrava piuttosto balzana, mentre ora si sta prepotentemente imponendo come una vera e propria teoria e non
più come mera ipotesi di lavoro. E, per strano possa sembrare, tanti indizi e alcune prove stanno orientando gli scienziati in tale
direzione di ricerca, la quale negli ultimi due anni ha conquistato molti estimatori.
L'attività solare del marzo-aprile 2001 (14/04/2001): il ciclo solare attuale ha toccato il suo massimo alla metà del 2000,
per la precisione nel mese di luglio, ed è stato caratterizzato da una buona attività e dalla formazione di ampie strutture fotosferiche,
quali gruppi di macchie solari, protuberanze, facole, getti coronali, ecc. Nei cicli solari passati talvolta è accaduto che, all'inizio
della fase discendente dell'attività, si siano verificate occasionali ingenti produzioni di macchie e emissioni particolarmente forti di
flussi di particelle.
Anche l'attuale ciclo ha avuto un tale andamento e, nel periodo marzo-aprile 2001 si sono verificati fenomeni di inconsueta intensità.
Il gruppo di macchie solari NOAA 9393 è stato, nelle due settimane a cavallo del 25 marzo 2001, il più grande dell'ultimo decennio (dal
1991).
Data l'importanza di questo gruppo, vi presento anche in questa pagina l'immagine presa il 31 marzo 2001 (alle 01:36) UT (TU) da un telescopio satellitare della fotosfera solare (125 KB). Ripeto: NON è un'immagine del CAST, bensì una di quelle presenti nel sito SpaceWeather.com della NASA, che vi invitiamo a visitare regolarmente se siete interessati a questo tema. Ringraziamo cortesemente il dottor Bishop e tutto lo staff del sito per il fantastico lavoro che quotidinamente effettuano e gli autori delle riprese del Sole per l'uso delle immagini.
L'onda d'urto interplanetaria generata dal Sole il 29 marzo 2001 | ||
L'immagine della fotosfera solare con tutti i gruppi attivi di macchie presenti il 31 marzo 2001, lo stesso
giorno della ripresa del socio Tronchin (ognuno numerato secondo le regole internazionali) | ||
Il grafico che riporta l'indice Kp dell'attività geomagnetica solare. Cliccando l'immagine accederete
alla pagina del sito del National Oceanographic and
Atmospheric Administration (NOAA) dedicato all'attività delle aurore. |
Elevatissima è stata pure l'emissione di particelle del vento solare, che ha toccato vertici di rara intensità, producendo alcune delle
tempeste solari e dei brillamenti più intensi mai osservati. Con un'intensità così forte, da provocare persino problemi ai satelliti
preposti alla sorveglianza della nostra stella, pertanto già edeguatamente schermati, si comprende che la probabilità di osservare aurore
alle medie latitudini è cresciuta molto. Si sono osservate aurore boreali particolarmente intense il 6 aprile, il 15 luglio,
il 12 agosto, il 13 settembre,
il 5 ottobre,
il 15 ottobre,
il 3 novembre,
il 6 novembre,
il 26 novembre,
il 23 dicembre 2000,
il 23 gennaio,
il 20 marzo,
il 31 marzo
(quest'ultima visibile dal Canada, USA, Groenlandia, Scandinavia, Russia, centro e nord Europa
con latitudine al di sopra del 40° parallelo, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica), il 5 aprile,
l'11 aprile,
il 17 aprile,
il 9 maggio,
il 26 luglio,
il 27 agosto,
il 13 settembre,
il 23 settembre,
il 26 settembre,
il 30 settembre,
il 12 ottobre e
il 9 novembre.
E' da notare un fatto: le aurore si producono pricipalmente a cavallo del massimo dell'attività solare undecennale, ma ogni tanto si
verificano fenomeni molto energetici, tali da provocare aurore visibili per lo meno alle alte latitudini terrestri. E i gruppi di
macchie molto attivi spesso innescano i fenomeni che portano alla creazione di più di un'aurora, distribuite temporalmente in brevi
periodi. Col gruppo di macchie solari 9393 ci sono state varie aurore visibili dalle latitudini polari o immediatamente inferiori,
mentre quella del 31 marzo risultò osservabile da vastissime zone del pianeta, anche se in Friuli essa non fu visibile a causa della
fitta copertura nuvolosa. Analizzando la distribuzione temporale delle aurore del 2000 e 2001 potete vedere che alcune si concentrano
in un intervallo di 13 giorni, altre si "ripetono" a intervalli di 26 giorni. Il primo caso corrisponde al periodo di visibilità di
mezza rotazione solare, cioé il tempo che il gruppo impiega a percorrere la mezza fotosfera visibile dalla Terra, mentre il secondo caso
si ha quando lo stesso gruppo ritorna visibile nell'emisfero a noi di fronte, dopo mezza rotazione della nostra stella.
Nel periodo di calo dell'attività solare le macchie diventano poco frequenti, scomparendo alle medie latitutudini anche per alcuni anni,
sino a che il Sole non ritorna a salire verso il massimo successivo. A complicare il quadro ci sono periodi di grandissima attività del
Sole, come quello che abbraccia gli ultimi cinquant'anni, e periodi durante i quali il Sole ha un'attività ridotta o addirittura minima,
come accadde nel Seicento e che perdurò sino a quasi la metà del Settecento. In questo periodo, conosciuto come Minimo di Maunder, non
si produsse nemmeno una macchia solare per un tempo lungo parecchi anni. Tutti gli astronomi dell'epoca, fra i più famosi di ogni tempo,
si affrettarono ad osservare la "meraviglia" d'una macchia solare quando se ne produsse una, in questo periodo, alquanto strano per noi
abituati a vederne molte.
In aggiunta il 2 aprile 2001 si è verificato il più intenso flare solare degli ultimi 25 anni, generato dal gruppo di macchie solari NOAA
9393, l'unico comparabile al grande fenomeno del marzo 1989; la sua intensità è stata una X-20, il massimo che io abbia mai visto
da quando esiste internet anche in Italia. Tanto per essere espliciti, il flusso di energia ha accelerato i protoni sino ad un valore
tale da mantenerli a 10 MeV per particella quando hanno interagito con l'ambiente geomagnetico terrestre. La classe del fenomeno
è stata catalogata come fenomeno S-2. Come detto, era dal 1976 che il Sole non produceva un evento del genere, il più intenso mai
registrato dall'IPS Radio & Space Services.
In aggiunta un gruppo successivo, il NOAA 9415, si è evoluto sino a raggiungere anch'esso una dimensione notevole e, un'area vicina ad
esso, ha emesso flare molto intenso il 5 aprile 2001, alle 17:25 UT, che è stato registrato come fenomeno M-5, e generando una
vasta eiezione di massa coronale, la quale ha prodotto un'onda d'urto interplanetaria. Essa è giunta in prossimità della Terra il 7
aprile, alle ore 17:00 UT, toccando la magnetosfera terrestre trenta minuti dopo. E' stata rivelato dagli strumenti del satellite ACE
della NASA.
Non pago di ciò, lo stesso gruppo ha prodotto ulteriori flare nei giorni seguenti: un M-8 il 9 aprile e un X-2 il 10
aprile 2001. Per produrre tale emissioni energetiche il Sole è in piena attività, altro che in declino! Inoltre l'attività ha
raggiunto picchi notevoli durante tutto il 2001, denotando una vivace attività all'interno della nostra stella.