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LA MITOLOGIA DELLE COSTELLAZIONI

URSA MAIOR - ORSA MAGGIORE (UMA)


Questa costellazione è certamente fra tutte quella più popolare ed è la costellazione più facilmente riconoscibile dell'emisfero boreale. È la terza per ordine di grandezza di tutto il firmamento.

Già fra gli antichi sumeri era conosciuta con il nome di MAR.GID.DA, che significa il carro, mentre gli Egiziani vi videro un ippopotamo. Per i romani erano Septem Triones, i sette buoi incastonati in cielo dei quali è guardiano Boote; da questo deriva il vocabolo settentrione (il nord). Per i Galli era un cinghiale. mentre per gli Arabi esse rappresentavano un feretro e gli inglesi la chiamano "la casseruola". In Irlanda era conosciuta con il nome di King David’s Chariot, il carro di Re Davide, uno degli antichi re dell’isola. I contadini del continente eurasiatico la vedevano come un aratro tirato da buoi. Altri immaginarono di vedere in quel gruppo di stelle chi un mestolo chi una mannaia, chi addirittura una chioccia seguita dai pulcini. Curiosamente anche gli indiani d'America immaginavano in questo asterismo una figura d'orsa.

A causa della precessione degli equinozi un tempo la costellazione dell’Orsa Maggiore era più vicina al polo celeste, per cui si può ipotizzare che il termine artico sia derivato dalla parola árktos che in greco significa "orso".

Due sono i miti ricorrenti nella mitologia greca classica. Il primo identifica le due orse con le due nutrici di Zeus, e Ida. Crono, padre di Zeus, divorava tutti i suoi figli poiché un oracolo gli aveva profetizzato che uno dei suoi figli, divenuto adulto, lo avrebbe detronizzato. Zeus fu nascosto alla vista del padre sul monte Ida, allevato dalle due nutrici e sorvegliato dai Cureti, guerrieri cretesi, che continuamente battevano le loro lance contro gli scudi per sovrastare con quel rumore il pianto del divino bambino. Come premio del loro servigio Zeus pose in cielo Adrastiea con le sembianze di orsa maggiore e Ida con quelle di orsa minore.

L'altro mito più conosciuto invece identifica l’Orsa Maggiore con la ninfa Callisto. Callisto era, a seconda delle tradizioni, o una vergine ninfa dei boschi o una vergine figlia di Licaone re dell’Arcadia, che faceva parte del corteo di Artemide. Un giorno Zeus la vide e se ne innamorò. Siccome Callisto fuggiva da tutti gli uomini, Zeus per avvicinarla assunse le sembianze di Artemide e una volta che la ebbe tra le braccia si rivelò e si unì a lei. Callisto cercò in tutti i modi di nascondere la gravidanza sino a quando Artemide, accaldata, propose a tutte le sue accompagnatrici di bagnarsi nude in ruscello. Venuta a conoscenza dell’accaduto, meditò la sua vendetta. Una volta che Callisto ebbe dato alla luce suo figlio Arcade, la trasformò in orsa. Callisto mantenne una coscienza umana e continuò a vagare per i boschi lamentandosi della sua condizione fino al giorno in cui Arcade, ormai quindicenne e ignaro della sorte della madre, la uccise. A seguito dell’accaduto Callisto fu portata in cielo con le sembianze di Orsa Maggiore e Arcade con quelle del Boote. Era, adirata per l’ulteriore affronto patito da Zeus, chiese ed ottenne che la costellazione dell’Orsa Maggiore vagasse perennemente i cielo senza mai trovare riposo nelle acque dell’Oceano, ovvero non potesse mai tramontare.

La alpha Ursae Majoris è detta Dubhe, abbreviazione dall’arabo "al tharr al dubb al akbar" che significa il "dorso della grande orsa". Beta Ursae Majoris è chiamata Mérak, da "al marakk" (il "lombo", mentre per altri è "le reni del grande orso"). La gamma è Fegda (la coscia), la delta è Megrez (la radice della coda), la epsilon è Alioth (il cavallo nero). L’ultima stella della coda, eta Ursae Majoris, viene indicata come Benetnasch dall’arabo "al ka’id al na’ash", la "prima delle prefiche", in quanto gli antichi arabi preislamici vedevano nella costellazione una "bara seguita da tre sorelle piangenti". Zeta Ursae Majoris è posta al centro del timone e attualmente viene chiamata Mizar da "mi’zar", "cintura pelvica", ma un tempo anch’essa era detta Merak. Mizar fu ribattezzata nel sedicesimo secolo da Giuseppe Scaligero, la scelta di questo nome è tuttavia misteriosa in quanto "mizar" significa "cintura di stoffa" o "grembiule".
Compagna di Mizar è Alcor (piccolo cavaliere), "Suha" (la dimenticata) in arabo, in quanto visibile solo da chi è dotato di buona vista. Dista da essa 12' e si può scorgere come una stella di quarta magnitudine. Stranamente gli antichi non la citano; il primo a ricordarla, nel 950 d.C., è il persiano Al-Sufi, che la indicò come un test di buona acutezza visiva.

La prima stella che compone la coda è Alioth, "alyat" (la larga coda). Altre stelle che compongono la celebre figura sono: Phekda, da "al fahdh" (coscia) e Megrez da al maghrez, radice della coda.

 

Rubes Turchetti e Edoardo Piani


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Pagina caricata in rete: 15 dicembre 2000; ultimo aggiornamento (3°): 2 maggio 2008