Fotografia digitalizzata della Galassia di Andromeda / M 31; si
vedono pure le due galasie satelliti M 32 (sotto il nucleo) e NGC 205 (in alto a destra). L'immagine è di Rolando Ligustri, ripresa con un obiettivo fotografico di 135 mm. e con il c.c.d. SXL8. |
Se la serata è buona si può notare, ad occhio nudo, la Galassia di
Andromeda, M 31 / NGC 224: per trovarla si
parte dallo stesso angolo di prima e si contano prima due stelle verso est e poi altre due
verso nord.
La galassia apparirà come un fiocchetto di luce, meglio visibile con il binocolo.
Nella realtà essa è una galassia supergigante, con la lunghezza
maggiore (apparente) che supera di quattro volte il diametro della Luna Piena, ed un diametro
reale di 150.000 anni luce, cioé una volta e mezza la nostra Via Lattea.
E' la galassia più grande dell'intero Gruppo Locale, l'ammasso di quasi una quarantina di
galassie al quale apparteniamo anche noi.
E' stata pure il primo soggetto astronomico
fotografato (nel secolo scorso, ovviamente), ed ha una magnitudine integrata di 3,5.
Infatti è una delle uniche tre galassie visibili ad occhio nudo in condizioni normali; le altre
sono la Grande Nube di Magellano (LMC) e la Piccola Nube di Magellano (SMC),
visibili però solamente dall'emisfero sud.
Se s'impiegano strumenti più grandi sarà possibile pure osservare due delle galassie satelliti di M 31: l'ellittica M 32 e la spirale NGC 205. Esse sembreranno minuscole rispetto alla galassia madre.
Facile da riconoscere per la sua forma caratteristica è la costellazione
del Triangolo, a sud di Andromeda.
Essa contiene M 33, la Galassia del Triangolo,
visibile con il binocolo solo da cieli veramente scuri.
Si può cercarla qualche grado a nord-ovest rispetto al vertice destro del Triangolo,
ma non è facile da vedere.
Più a sud c'è la Balena (Cetus), costellazione molto estesa
ma poco luminosa; verso il suo centro si può osservare Mira Ceti (omicron CET), una
delle prime stelle variabili ad essere scoperta.
E' una variabile a lungo periodo (332 giorni), prototipo di una classe specifica di variabili,
le Mireidi.
Il prossimo massimo di luminosità si verificherà a novembre, quando la stella splenderà di
terza o quarta magnitudine (mentre al minimo arriva alla decima). Questo paradosso, essere
facilmente visibile in certi momemti dell'anno e assolutamente invisibile in altri (ad occhio
nudo), le ha procurato il nome di Mira, la "Meravigliosa".
Più ad est, ancora basse sull'orizzonte ad ottobre, compaiono il
Perseo e
l'Auriga: entrambe le costellazioni sono una
manna per gli amanti degli ammassi aperti.
Al centro della prima splende Mirphak,
una gigante gialla, circondata da una manciata di stelle azzurre; in realtà il gruppetto
costituisce un'associazione distante circa 500 anni luce.
Al confine tra il Perseo e Cassiopeia troviamo anche il
Doppio Ammasso, h e Chi Persei.
Già visibile ad occhio nudo come una macchia sfumata a metà tra Mirphak e
Cassiopea, osservato al telescopio mostra due distinti raggruppamenti di stelle,
composto ognuno da parecchie decine di membri.
Nel Perseo troviamo anche Algol, una delle più famose stelle variabili; è osservabile pochi gradi a sud-ovest di Mirphak. Varia tra la seconda e la terza magnitudine con un periodo di circa tre giorni.
Anche l'Auriga, più bassa sull'orizzonte, è dominata da una gigante gialla: è Capella, una delle stelle più brillanti dell'intero cielo (Mv=0,0).
La costellazione ha una forma esagonale abbastanza evidente e se
andiamo a scrutarla con un binocolo scopriremo tre macchioline diffuse: sono gli ammassi aperti
M 38,
M 36
e M 37, il primo al centro, l'ultimo quasi fuori della costellazione.
Osservati con un telescopio vengono risolti in molte decine di stelle ciascuno, anche se
M 36 è un po' meno ricco degli altri due.
A sud del Perseo non può sfuggire alla vista l'ammasso delle
Pleiadi, M 45; dove ad occhio nudo si contano
cinque o sei stelle, un binocolo ne può mostrare una trentina ed un telescopio ancora di più.
E' uno degli ammassi più giovani e le sue stelle brillano da una distanza di 400 anni luce.
Fotografia digitalizzata dell'ammasso delle Pleiadi nel Toro; immagine di Rolando Ligustri, ripresa con un obiettivo fotografico di 135 mm. e con il c.c.d. SXL8. |
Subito a sud est notiamo un gruppo di stelle disposte a V: sono le Iadi, altro ammasso aperto dominato dalla rossa Aldebaran, l'alfa del Toro, che però è più vicina a noi (dista 60 anni luce contro i 150 dell'ammasso).
Questi due ammassi caratterizzano la costellazione del Toro, conosciuta per contenere anche la Crab Nebula (Nebulosa Granchio), M 1, residuo della supernova vista nel 1054 dai cinesi.