Il testo è stato tratto dalla rubrica sulle costellazioni curata dal Prof. Bruno Cester
sulla rivista l'Astronomia (che ringraziamo per la gentile concessione).
Notevole costellazione zodiacale, che copre 797 gradi quadrati, caratterizzata da due
peculiarità famose: la prima è la sua stella più luminosa, Aldebaran, apparentemente
immersa in un notevole gruppo di stelle piuttosto appariscenti, le Iadi. Si noti la
curiosa disposizione delle stelle, con due allineamenti che formano una V e che dà l'idea della
testa del Toro: da Aldebaran, che ne rappresenta l'occhio destro, si scende verso ovest
sud-ovest, attraverso la doppia theta verso la gamma, che rappresenta la bocca:
si risale quindi verso nord-est, attraverso la delta, sino alla epsilon, che è
l'occhio sinistro. Dalla alfa e dalla epsilon partono le due corna: verso nord-est,
le cui punte sono indicate dalle stelle beta (superiore) e zeta (inferiore). Si
ricordi, come già fu detto descrivendo l'Auriga,
che fa stella beta era una volta contesa da quest'ultima costellazione, dato che, con
quattro delle sue stelle, forma un pentagono ben noto agli amanti del cielo.
La seconda peculiarità è offerta dalle
Pleiadi, un gruppo di sei, sette stelline visibili ad occhio nudo a nord-ovest di
Aldebaran. Il Toro è una costellazione ricca di stelle abbastanza luminose e per
di più è posta in una magnifica zona di cielo, dato che è contornata da
Perseo,
l'Auriga,
i Gemelli ed
Orione.
La Mitologia
La costellazione del Toro è intimamente legata al gruppo delle Pleiadi. Ma la sua importanza è anche dovuta al fatto
che, in tempi antichi, quando si cominciarono a delineare le costellazioni, il punto gamma
(quel punto in cui il Sole nel suo percorso annuale attraversa
l'equatore celeste
da sud a nord) cadeva nei pressi di Aldebaran, ed essa, assieme ad Antares, Regolo
e Fomalhaut formava la quaterna delle "stelle regali" regolatrici del cammino dei Sole.
D'altra parte, il nome di Aldebaran, "quella che segue", fa lega alle
Pleiadi.
In ogni caso, il Toro è associato al simbolo della potenza: esso poteva rappresentare il
bue Api, come anche il Toro sotto le cui spoglie Zeus rapì Europa.
Le coordinate sono al 1950.00 quelle precise al decimo di minuto d'arco; le altre, ove è stato possibile
rintracciarle, sono al 2000.00. Appena possibile si procederà al cambio al 2000.00 di tutte.
Gli Oggetti Astronomici più interessanti
Aldebaran (4h 33,Om; +16° 25') la alfa del Toro, è uno degli astri più luminosi (il
tredicesimo) di tutto il cielo. La sua magnitudine è 0,86 e forse è leggermente variabile. E' una
gigante rosso-arancione ed una volta era uno dei segni dei cammino del Sole. Ma bisogna
anche ricordare che Halley trovò che essa, insieme a Sirio ed Arturo, doveva
aver cambiato considerevolmente la sua posizione rispetto alle altre stelle, confrontando le loro
posizioni con quelle date nei cataloghi più antichi: in altre parole, Halley scoprì quello
che oggi chiamiamo il
"moto proprio" delle stelle, cioè la proiezione del loro movimento nello spazio sulla
volta celeste. Ciò è possibile anche perché Aldebaran è una stella relativamente vicina
a noi, essendo la sua distanza di circa 68 anni luce.
Un'altra particolarità è dovuta al fatto che Aldebaran è abbastanza vicina
all'eclittica,
cosicché essa è sovente occultata dalla Luna. E soprattutto dalle osservazioni di questo
fenomeno, tramite particolari strumenti (fotometri) che permettono una registrazione molto
rapida di un evento, che si è potuto misurare il suo diametro angolare: esso vale
O",0199 ± 0",0003 e, conoscendo la distanza, si deduce il suo diametro reale, pari a
45 volte quello del nostro Sole.
Le Iadi: s'è detto che Aldebaran è contornata, prospetticamente, dall'ammasso
delle Iadi. Infatti, queste ultime, pur costituendo uno degli ammassi più vicini a noi, si
trovano ad una distanza che è doppia di quella di Aldebaran: circa 180 anni luce. Ma quel
gruppo così appariscente, esteso su circa 8 anni luce, non è che la parte centrale di un
ammasso molto più esteso, chiamato "l'ammasso mobile del Toro", comprendente un grande
numero di stelle più deboli, tutte sparpagliate nella costellazione. Esse si spostano tutte,
lentamente, in direzione sud sud-est, verso Betelgeuse (la stella alfa di
Orione).
Esso sta di fatto allontanandosi da noi e nel futuro, non certo vicino, apparirà come un ammasso sempre più concentrato: ovviamente ciò è un effetto di
prospettiva. Delle diverse centinaia di stelle che si ritiene facciano parte delle
Iadi, soltanto quattro sono giganti gialle o arancione (la epsilon, la gamma, la delta e la theta1): le altre sono
stelle normali mentre numerose sono le nane bianche. Per tale motivo, in base alla teoria dell'evoluzione delle stelle si calcola che l'ammasso delle
Iadi è relativamente giovane: la sua età è stimata intorno ai 400 milioni
d'anni. Per di più, le sue caratteristiche fisiche sono simili a quelle dell'
ammasso Presepio (M 44, nel Cancro) tanto che si ritiene che possano aver avuto una origine comune.
Stelle Doppie
401 (3h 28,3m: +27° 24'): è ai confini con l'Ariete; le sue componenti, stelle bianche di
magnitudine 6,5 e 6.9, sono separate di 11". Un po' a nord appare un'altra coppia più debole.
422 (3h 34,2m; +0° 26'): si trova 11' a nord della stella
n.10, di magnitudine 4,4; è composta da due stelle arancione di magnitudine 6,2 e 9,0
separate di 6".5.
427 (3h 37,6m; +28° 27'): è quattro gradi a nord delle
Pleiadi; le componenti, bianche, hanno
magnitudine 7,4 e 7,9 e la loro separazione è di 6",8.
452 (3h 45,5m: +10° 59'): è la stella n.30, azzurra,
di magnitudine 4,5 accompagnata da una stella di nona a 9".
479 (3h 58,Om: +23° 04'): è una doppia composta da due
stelle di magnitudine 6,9 e 7,9 separate di 7": a 58" ne appare una terza, di magnitudine 9,8.
(4h 17,3m; +27° 14'): è una doppia ottica; la primaria,
arancione, è di magnitudine 5,1 mentre la compagna, a 52", è di ottava.
(4h 19,5m; +25° 31'): è una coppia piuttosto larga (la
separazione è di 19") e le due stelle sono dissimili: la primaria, bianca, è di magnitudine 5,5
mentre la secondaria è di 8,2.
534(4h 21,Om; +24° 11'): è la stella n.62, di
magnitudine 6,2, con una compagna di ottava a 29"; a 110" c'è una terza stella di dodicesima.
(4h 22,4m; +22° 08'): è una larga coppia, composta dalla
stella n. 65, biancastra, di magnitudine 4,4 e dalla n. 67, bianca, di magnitudine
6,7 a ben 339".
(4h 25,8m; +15° 46'): è un'altra coppia larga, nelle
Iadi, composta dalla stella n.78 (la 2)
giallastra, di magnitudine 3,3 e dalla n.77 (1)
arancione, di magnitudine 3,9, distanti 337".
559 (4h 30,7m: +17° 55'): è una coppia un po' difficile,
data la separazione di soli 3"; le componenti sono bianche, di magnitudine 6,9 e 7,1.
88 (4h 32,9m: +10° 4'): è una coppia facile; le componenti di magnitudine 4,1 e 8,5 sono
separate di 70".
(4h 33,Om; +16° 25'): Aldebaran ha una compagna a 31",
di tredicesima, ed un'altra di undecima a 121"; questa è a sua volta doppia, con una separazione
di 1,7".
572 (4h 35,4m; +26° 51'): è una bella coppia di due stelle
biancastre, di ugual magnitudine (7,2 e 7,3) separate di 4".
O107 (5h 24,2m; +17° 55'): è la stella n.115, di
magnitudine 5,3 Ia quale è accompagnata da due stelline di decima a 10".
716 (5h 26,2m; +25° 07'): è la n.118 e le due
componenti hanno magnitudine 5,9 e 6,7; sono separate di 5".
730 (5h 29,3m: 17° 01'): è una coppia facile, composta da
due stelle bianche simili (magnitudine 6,1 e 6,5) separate di quasi 10".
742 (5h 33,4m; +21° 58'): bella coppia, mezzo grado ad
ovest della Crab Nebula, composta da due
stelle gialle di magnitudine 7,2 e 7,9 a 3",8 di separazione.
Stelle Variabili
Ci sono molte variabili nel Toro ma la maggior parte al disotto della settima magnitudine.
Citiamo anzitutto quelle più facilmente osservabili:
BU (3h 46,2m: +23° 59'): è
Pleione (28 Tauri) una delle Pleiadi: essa varia tra le magnitudini 5,1 e 5,5.
(3h 57,9m; +12° 21'): è la n.35 ed è una binaria ad
eclissi parziali del tipo beta Lyrae, cioè a variazione continua, con un periodo di 3,95
giorni. Al minimo principale la stella cala da 3,3 a 4,1 mentre l'altro minimo è profondo appena un decimo di
magnitudine. E' composta da una stella azzurra e da una compagna bianca.
HU (4h 35,3m; +20° 35'): si trova quattro gradi a nord di Aldebaran ed è pure una
binaria ad eclisse, col periodo di poco più di due giorni. Dalla magnitudine 5,9 scende
al minimo principale a 6,7.
Oltre a queste, dobbiamo citarne due altre, che sono i prototipi di altre stelle variabili:
T (4h 19,lm; +19° 25'): è una variabile irregolare tra le magnitudini 9,4 e 13,
posta nella nebulosa diffusa NGC 1555; la stella e la nebulosità vennero scoperte da
Hind nel 1852. La stella è fortemente irregolare ed è il prototipo di numerose stelle,
piuttosto simili al nostro Sole, ma tutte associate a materia nebulare, cosicché si ritengono
essere stelle giovanissime, appena formatesi dalla nebulosità in cui si trovano ancora immerse.
La loro variazione luminosa è probabilmente dovuta al fatto che non hanno ancora raggiunto una
stabilità; gruppi di stelle di questo tipo vengono chiamati "associazioni T" (T Tauri).
RV (4h 44,Om; +26° 06'): anche questa stella è molto debole e varia tra le magnitudini
9,5 e 13. La citiamo perché è il prototipo d'una classe non molto numerosa di variabili.
RV Tau, in particolare, presenta anzitutto delle alternanze di minimi più profondi e
meno profondi su circa 80 giorni di periodo. Ma a questa variabilità se ne sovrappone un'altra,
a periodo molto più lungo (intorno ai tre anni e mezzo) con successivi massimi e minimi.
Durante questi ultimi, l'oscillazione precedente appare fortemente attenuata. Ci sono esempi,
anche più luminosi, con entrambi i tipi di variazione o solo il primo. Sono tutte stelle giganti
e supergiganti giallastre.
Ammassi
M 45 (3h 44,5m; +23° 57'):
sono le Pleladi, ammasso aperto notissimo sin dall'antichità perché ben visibile ad
occhio nudo. Le stelle visibili sono sei o sette (e da ciò il famoso mito della Pleiade
che si nasconde) ma molti ne hanno viste di più ad occhio nudo. Già cent'anni fa Swift
scopriva che attorno a Merope (n.23) c'era una nebulosità chiara: oggi la fotografia a
lunga posa rivela che esiste una nebulosità diffusa, che splende di luce riflessa, attorno a
tutte le stelle più brillanti. E un ammasso galattico tra i più vicini, ma la sua distanza è
all'incirca tripla di quella delle Iadi (intorno ai 410 anni luce). Le stelle più
brillanti sono comprese entro un grado di diametro e sono tutte giganti biancazzurre. Mancano invece tra le Pleiadi le giganti rosse:
questo fatto, interpretato dal punto di vista della teoria dell'evoluzione stellare, fa ritenere queste stelle molto più giovani delle
Iadi: la loro età viene stimata intorno ad alcune decine di
milioni d'anni. Tra le stelline più deboli e più fredde (arancione e rosse) alcune sono
classificate come flash stars cioè stelle "a guizzo", dato che presentano rapidi ed
improvvisi aumenti di luminosità, che perdurano per qualche minuto o anche qualche ora.
L'interpretazione di questa variabilità è che si tratti di stelle molto giovani, forse del tipo
T Tauri, di cui si è detto sopra, o un po' più evolute. Anche questo fenomeno conferma la
giovane età delle
Pleiadi. Altra caratteristica in comune con le Iadi è lo spostamento nello spazio,
in direzione però sud sud-est.
NGC 1647 (4h 43,2m: +18° 59'):
è un ammasso aperto, con alcune decine di stelle luminose sparse su 40': la magnitudine globale
è intorno a 6,5.
NGC 1746 (5h 00,6m; +23° 14'): è un altro ammasso aperto, esteso come il precedente
(diametro 45'), con diverse decine di stelle visibili; magnitudine globale 6,1.
Nebulose
A sinistra si vede l'intera Nebulosa Granchio ripresa in precedenza dal telescopio di
Monte Palomar, mentre il riquadro a destra ingrandisce l'area centrale che contiene la
pulsar della nebulosa, ripresa dal
Telescopio Spaziale Hubble il 30 maggio 1996.
M 1 (5h 31,5m; +21° 59'):
ha la sigla NGC 1952 ma è nota con molti altri nomi di cui il più celebre è Crab
Nebula, cioè la nebulosa Granchio (e non dei Granchio, come spesso viene scritto,
dato che tale è il suo nome, attribuitole per il suo aspetto simile a questo crostaceo).
E' il più celebre residuo di
esplosione di supernova. Si trova poco più di un grado a nord-ovest della stella
(zeta) Tauri, quella che segna la punta del corno inferiore dei Toro.
Si può anche individuare a mezzo grado ad est della doppia 742
descritta in precedenza. Rammentiamo che fu la scoperta di questo oggetto nel 1758 (ma era stato
già osservato da Bevis nel 1731) ad indurre Messier a compilare il suo famoso
catalogo.
L'oggetto appare al telescopio di dimensioni 5'x3', ma solo le fotografie prese con grandi
telescopi ne mettono in evidenza la complessa struttura.
Così, già nei 1921, si scopriva che la nebulosità si sta espandendo, in media, di 0",2 all'anno.
Oggi si calcola che, tenendo conto di altri fattori, l'esplosione sia avvenuta circa 900 anni fa.
Ciò è in ottimo accordo con le registrazioni fatte da astronomi cinesi, di una "stella
ospite" apparsa nel 1054.
Si è detto che la struttura è complessa: la nebulosità consiste di tutta una rete di filamenti
immersa in una nube. I filamenti e la nube emettono luce: nel centro appaiono due stelline, di
cui quella a sud ovest è calda e azzurra ed è il residuo dell'esplosione. Nel 1948 si scoprì
che la nebulosa era una intensa radiosorgente (da cui la sigla 3C 144 nel catalogo
di Cambridge) e nel 1963 che la stella e la nebulosa erano una intensa sorgente di raggi X
(da cui un'altra sigla, Tau X-1). Da tutte queste osservazioni si pervenne alla
conclusione che la radiazione proveniente dalla Crab Nebula era dovuta ad elettroni accelerati o
frenati da un intenso campo magnetico associato alla stella; questo processo viene osservato
negli apparecchi acceleratori di particelle, cosicché per analogia oggi si parla di 'radiazione
di sincrotrone".
Ma non è tutto qui: nel 1932 era stata postulata l'esistenza di una stella composta soltanto da neutroni e subito dopo si
era associato questo modello teorico al collasso di alcune stelle. Nel 1967 si scopri un nuovo
tipo di oggetti stellari: le
pulsar. Erano stelle che emettevano brevi impulsi radio, a cortissimo periodo. Ben
presto si connettevano questi oggetti con le stelle di neutroni e quindi con i
residui di supernovae.
Nel 1968 si scopri che anche la stellina centrale della nebulosa Granchio emetteva degli impulsi radio, con un
periodo di soli 33 millesimi di secondo (un'altra sigla appare quindi oggi associata
ad essa, quella della pulsar: PSR 0531+21). In seguito si rivelarono impulsi, con la
stessa frequenza, anche nei raggi X e nel visibile.
Il modello accettato oggi è quello di un oggetto compatto, di pochi chilometri di diametro
ed enormemente denso, dotato d'un intenso campo magnetico dai cui poli esce un fascio di
radiazioni: l'oggetto è in rapida rotazione e, dato che l'asse di rotazione e quello del campo
magnetico non coincidono, ad ogni giro il fascio energetico investe la Terra, similmente a ciò
che avviene per un faro.
L'energia è irradiata nello spazio a spese di quella di rotazione: si osserva infatti un
lentissimo allungamento del periodo, anche se talvolta esso appare bruscamente raccorciarsi,
per ritornare quindi ad aumentare. Queste brevi interruzioni dell'andamento vengono associate
ad assestamenti della crosta superficiale dell'oggetto. |